Strategie di prevenzione del rischio cardiovascolare in menopausa: una revisione della letteratura

Strategies to prevent cardiovascular risk in menopause: a literature review

RIASSUNTO

Introduzione. Le malattie cardiovascolari (CVD) sono la principale causa di mortalità femminile nei paesi sviluppati; superata la menopausa, la donna va incontro a un alto rischio di eventi cardiovascolari. È quindi necessario agire per tempo, contribuendo a ridurre i fattori di rischio modificabili che concorrono all’insorgenza delle patologie cardiovascolari e sollecitando la promozione della cultura della salute secondo un approccio di Medicina di genere. Scopo. Indagare le principali strategie messe in atto per la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari modificabili e analizzare il ruolo dell’infermiere nella prevenzione cardiovascolare nella donna adulta in età fertile. Metodi. Da luglio a settembre 2021 è stata condotta una ricerca bibliografica interrogando le principali banche dati biomediche (fra cui PubMed, Cinahl, Embase) e consultando i siti internet istituzionali delle massime organizzazioni responsabili della salute pubblica. Risultati. Dei 183 studi analizzati sono stati ritenuti idonei per la stesura dell’elaborato 11 studi quantitativi e 1 studio qualitativo. La disamina degli articoli ha dato origine a diverse aree di interesse infermieristico come l’esame e il riconoscimento dei fattori di rischio associati a CVD maggiormente diffusi nella popolazione. La figura infermieristica nell’individuazione e nell’attuazione di strategie preventive atte ad agire direttamente sui fattori di rischio modificabili è risultata determinante. Discussione. Il ruolo che riveste l’infermiere nel programmare e attuare programmi di prevenzione rivolti alla donna è primario. Gli effetti positivi ottenuti sul profilo cardiovascolare sono tali da suggerire l’attuazione degli interventi esaminati. Ciò mette in luce l’importanza di approfondire la ricerca per implementare l’applicazione nella realtà clinica quotidiana le tecniche di prevenzione cardiovascolare secondo un approccio di genere. Parole chiave. Menopausa, donna, malattia cardiovascolare, educazione salute, intervento, prevenzione, esercizio, dieta, rischio cardiovascolare, informazione, malattia cardiaca, strategia.

 

ABSTRACT

Introduction. Cardiovascular diseases are the major cause of mortality among women in developed countries; once they go through menopause, women are at high risk of cardiovascular episodes. Therefore, early action is needed to help reduce changeable risk factors that may contribute to the occurrence of cardiovascular diseases and promote a culture of health according to a gender medicine approach. Goal. the purpose of this paper is to investigate the main strategies implemented for the reduction of modifiable cardiovascular risk factors and to analyze the role of the nurse in cardiovascular prevention for adult women of childbearing age. Methods. from July to September 2021 a literature review has been conducted by consulting the main biomedical databases: PubMed, Cinahl, Embase and through the consultation of the institutional websites of the major organizations responsible for public health. Results. of the 183 studies analyzed, 11 quantitative studies and one qualitative research were considered suitable for the aim of the paper. The literature review revealed a several areas of nursing interest such as the examination and recognition of risk factors associated with CVD that are more widespread in the population. The nursing figure in the identification and implementation of preventive strategies to act directly on modifiable risk factors has been crucial. Conclusions. the role of the nurse in planning and implementing prevention plans for women is crucial. The positive effects achieved on the cardiovascular profile are such, as to suggest the implementation of the interventions examined. This finding highlights the importance of further research to implement the application of cardiovascular prevention techniques according to a gender approach within a daily clinical routine. Keywords. menopause, women, cardiovascular disease, health education, intervention, prevention, training, diet, cardiovascular risk, information, heart disease, strategies.

 

INTRODUZIONE

Le malattie cardiovascolari (CVD) in Italia, così come negli altri paesi sviluppati, rappresentano la prima causa di morte nelle donne (‘EpiCentro- ISS- Il rischio cardiovascolare nella donna’, 2013), il calo degli estrogeni durante la menopausa provocando disturbi di natura neurovegetativa oltre che psicoaffettiva, determina un aumento del rischio cardiovascolare (‘Ministero della Salute. Salute della donna. Menopausa’, 2021). La falsa convinzione che le patologie cardiovascolari siano predominanti nell’uomo, induce ad ignorare le peculiarità biologico- ormonali femminili (Diani, Marini and Pasqualini, 2019). In letteratura un importante punto di svolta viene segnato con la pubblicazione nel 1991 di uno studio condotto dal medico Bernardine Healy, la discriminazione di trattamento e gestione delle CVD nelle donne vengono portati all’attenzione della comunità scientifica che, negli anni successivi dedica maggiore attenzione alla Medicina di genere (Baggio, Basili and Lenzi, 2014).
Come noto, le CVD sono in gran parte prevenibili. Accanto a fattori di rischio per la persona non modificabili (età, sesso e familiarità), si affiancano fattori modificabili, legati a comportamenti e stili di vita (fumo, alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) (“Ministero della Salute. 29 settembre, Giornata mondiale per il cuore,” 2021).
Nonostante negli anni si sia acquisita maggiore consapevolezza circa l’importanza di intraprendere strategie distinte per affrontare le disuguaglianze nelle diagnosi e nel trattamento delle malattie cardiache nelle donne, è necessario colmare le lacune ancora esistenti nella ricerca, nella prevenzione e nell’accesso alle cure dedicate alle donne al fine di ridurre il carico globale delle CVD nella popolazione femminile (Vogel et al., 2021). Nel 2019 la predisposizione da parte del Ministero della Salute del Piano Nazionale della Medicina di Genere, concorda con l’agire professionale caratteristico dell’infermiere ovvero, rispondere ai bisogni specifici della persona (Diani, Marini and Pasqualini, 2019) e promuovere la cultura della salute (‘Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche’, 2019). Il ruolo dell’infermiere è determinante nell’ambito della promozione della salute, potendo infatti agire in prima persona nel fornire opportunità di apprendimento che andranno direttamente ad incidere sulle “life skills” della popolazione femminile.
Il presente contributo, alla luce di queste evidenze, vuole essere uno spunto di riflessione per la figura infermieristica, sollecitando la promozione nella popolazione di strategie di prevenzione secondo un approccio di Medicina di genere.

 

OBIETTIVI

Indagare le principali strategie messe in atto per la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari modificabili e analizzare il ruolo dell’infermiere nella prevenzione cardiovascolare nella donna adulta in età fertile.

 

MATERIALE E METODI

È stata condotta una ricerca bibliografica interrogando le principali banche dati biomediche (fra cui MedLine, Cinahl, Embase) e consultando i siti internet istituzionali delle massime organizzazioni responsabili della salute pubblica.
Alcune parole chiave utilizzate per condurre la ricerca bibliografica sono state: menopause, women, cardiovascular disease, heart education, prevention, intervention, training, diet, cardiovascular risk, information, heart disease, strategies.
Le key words inserite nella stringa di ricerca sono state combinate con gli operatori booleani AND e OR. Sono stati inclusi articoli in lingua inglese e in lingua italiana, pubblicati negli ultimi dieci anni. Sono state incluse tutte le fonti con oggetto di studio specifico la popolazione femminile in età fertile (Tabella 1. Riassunto strategia di ricerca).

Il PRISMA statement (Moher et al., 2009) ha metodologicamente guidato l’applicazione sistematica dei criteri di inclusione ed esclusione delle fonti precedentemente descritti. Dalla ricerca effettuata sono stati reperiti 183 articoli, dopo la rimozione manuale dei duplicati (N= 41) i record sottoposti a lettura dei titoli sono stati N=112 e dalla lettura dei titoli ne sono stati esclusi N=30. In seguito, i rimanenti 71 sono stati sottoposti a lettura degli abstract (esclusi N=41), selezionati come pertinenti N= 36. Questi, dopo il recupero tramite il sistema “off campus” dell’Università degli Studi di Milano, sono stati sottoposti ad analisi e valutazione della pertinenza allo specifico tema d’interesse; in conclusione N=12 studi sono risultati eleggibili per l’analisi: 1 studio qualitativo e 11 studi quantitativi (Figura 1).

 

 

Gli studi d’interesse sono stati sottoposti ad analisi e sintetizzati in modalità narrativa. L’eleggibilità è stata stabilita grazie all’utilizzo dei Critical Appraisal Tools del Joanna Briggs Institute (“Joanna Briggs Institute- University of Adelaide. Critical Appraisal Tools”), nello specifico: Checklist for Randomized Controlled Trials, Checklist for Analytical Cross-sectional studies, Checklist for Cohort studies, Checklist for Qualitative Research. Gli studi reperiti sono stati condotti a livello internazionale: America del Nord (USA e Canada), Europa (Regno Unito, Danimarca, Spagna, Russia), Asia (Iran e Giappone), Italia.

 

RISULTATI

La disamina degli articoli ha dato origine a diverse aree di interesse infermieristico come l’esame e il riconoscimento dei fattori di rischio associati a CVD maggiormente diffusi nella popolazione. La figura infermieristica nell’individuazione e nell’attuazione di strategie preventive atte ad agire direttamente sui fattori di rischio modificabili è risultata determinante.

 

INTERVENTI EDUCATIVI

L’educazione sanitaria prevede un cambiamento di quelle che sono le conoscenze, gli atteggiamenti e le abitudini della persona al fine di limitare l’esposizione a circostanze dannose per la salute (Baratta and Tartarotti, 1999).
Tra gli anni 2013 – 2015 è stato condotto uno studio randomizzato controllato arruolando 320 donne di età compresa tra i 45 e 60 anni (età M= 53.17) con fattori di rischio per CVD (diagnosi di ipertensione, diabete mellito e/o dislipidemia). Le partecipanti, reclutate nei consultori medici e infermieristici sono state suddivise nel gruppo caso (n=160) e nel gruppo controllo (n=160) con periodo di follow- up di 1 anno. Per il gruppo d’intervento sono stati previsti work-shop interattivi e somministrazione di materiale didattico finalizzato all’ottenimento di una migliore comprensione del rischio cardiovascolare. Il gruppo di controllo ha ricevuto tramite posta informazioni scritte circa le CVD e la prevenzione dedicata.
Lo studio è stato portato a termine con un campione di 230 partecipanti, con un tasso di perdita totale del 28.1%. Relativamente alle variabili biochimiche le donne nel gruppo di intervento hanno mostrato cambiamenti positivi in alcuni parametri del profilo lipidico, con una diminuzione di LDL-C (p = .034) (−5.89 ± 29.8; 95% CI: −13.1/0.27) e un aumento di HDL-C (p = .013) (2.71 ± 10.6; 95% CI: −1.36/6.20), cosi come un decremento della pressione arteriosa sistolica (p = .016) (−2.16 ± 11.8; 95% CI: −4.4/0.01) e della frequenza cardiaca (p = .003) (−1.46 ± 10.3; 95% CI: −3.34/0.42) rispetto alle donne nel gruppo di controllo. Le donne nel gruppo di controllo hanno presentato inoltre un significativo incremento dei livelli di glucosio (p = .04) (4.84 ± 15.5; 95% CI: −0.75/31.3) e GGT (p = .031), (3.61 ± 14.7; 95% CI: 0.87/6.36) rispetto al gruppo di intervento (Soto Rodríguez et al., 2018).

 

ATTIVITÀ FISICA

In letteratura è noto come l’attività fisica apporti benefici alla salute. Uno studio randomizzato controllato condotto nel Regno Unito su un campione di 41 donne in premenopausa (anni 45±6) sedentarie e con ipertensione lieve esamina gli effetti a lungo termine di un allenamento calcistico ricreativo sul profilo cardiovascolare e metabolico. Lo studio è stato portato a termine con un campione di 31 donne. Le partecipanti sono state suddivise nel gruppo caso (SOC) (n=19) e nel gruppo controllo (CON) (n=12). In un anno il gruppo SOC ha eseguito 128±29 (±SD) sessioni di allenamento di calcio dalla durata di un’ora. La pressione arteriosa media è diminuita maggiormente nel gruppo SOC (-5±7 mmHg; p <.05), cosi come la massa grassa totale (−2.5±2.5 kg; p <.05). Il profilo plasmatico post-intervento mostra una diminuzione dei trigliceridi nel gruppo SOC (−0,1±0,7 mmol·L −1 ) e un aumento di HDL- C (0,2±0,7 mmol·L −1 ) in SOC ( p<.05) (Krustrup et al., 2017).
È interessante notare come i principali outcome positivi come diminuzione della massa grassa totale e miglioramento del profilo glicemico siano stati ottenuti a seguito di un programma di esercizio aerobico dalle donne nel periodo premenopausa e variazioni del profilo lipidico siano state rilevate anche nelle donne nel periodo post menopausa (Kretzschmar et al., 2014).
Intensificando il livello di esercizio aerobico è possibile osservare maggiori miglioramenti del profilo lipidico e di alcuni parametri antropometrici anche nella popolazione femminile in periodo post menopausa (Mandrup et al., 2017).

 

DIETA

Sane abitudini dietetiche contribuiscono alla diminuzione dei fattori di rischio per le patologie cardiovascolari (‘Ministero della Salute. Linee Guida per la Prevenzione dell’Ateroscleorsi’, 2004).
Tra il 1993 e il 1998 è stato condotto un ampio studio italiano di coorte con l’obiettivo di indagare l’associazione tra consumo di frutta, verdura, olio d’oliva e la malattia coronarica (CHD). Il campione arruolato nel momento del reclutamento era composto da 29689 donne sia in periodo premenopausa che in periodo post menopausa. Al fine di indagare lo stile di vita e le abitudini dietetiche delle donne oggetto di studio sono stati somministrati i questionari EPIC e FFQ (Pisani et al., 1997). La popolazione in esame è stata divisa in quartili, secondo il consumo medio di frutta e verdura; in base al quartile di appartenenza sono state riportate le caratteristiche di base delle donne.
Durante un follow-up medio di 7,85 anni, sono stati identificati 144 eventi cardiovascolari maggiori.
Nel quartile più alto, dove trovavano posizione le donne con un alto consumo di ortaggi e olio d’oliva viene confermata l’associazione inversa tra l’assunzione di questi alimenti e lo sviluppo di CHD, mentre non sono emersi risultati rilevanti circa il consumo di frutta e la diminuzione di CHD.
I vantaggi a lungo termine nell’aderenza alla dieta mediterranea (MedDiet) vengono confermati anche a livello internazionale da uno studio randomizzato controllato che evidenzia come questa possa essere un fattore di protezione per le CVD (Leblanc et al., 2014; ‘Ministero della Salute. Nutrizione. Dieta Mediterranea’, 2020).

 

ASSUNZIONE DI INTEGRATORI

Nella letteratura internazionale sono stati osservati pareri discordanti circa gli effetti sul profilo cardiovascolare dell’assunzione di integratori a base di molecole vegetali, quali polifenoli e fitoestrogeni [sostanze di origine vegetale strutturalmente e funzionalmente simili agli estrogeni (Glazier and Bowman, 2001)].
In Giappone è stato condotto uno studio randomizzato controllato in doppio cieco su un campione di 96 donne tra i 40 e i 60 anni di età che manifestavano almeno un sintomo legato alla menopausa. Lo studio durato 8 settimane e portato a termine da 91 partecipanti, prevedeva l’assunzione di compresse di estratto di semi d’uva contenenti proantocianidina, estratto a cui sono state riconosciute significative capacità antiossidanti (Rauf et al., 2019), a basso dosaggio (100 mg/giorno), ad alto dosaggio (200 mg/giorno) o placebo.
La sintomatologia correlata alla menopausa è stata valutata grazie alla rilevazione di parametri vitali e antropometrici e alla somministrazione del questionario specifico per la misurazione della qualità della vita in menopausa (MENQOL) (Hilditch et al., 1996), all’utilizzo dell’ “Hospital Anxiety and Depression Scale” (Zigmond and Snaith, 1983) e dell’ “Athens Insomnia Scale”(Soldatos, Dikeos and Paparrigopoulos, 2000).
Lo studio dimostra come l’assunzione di proantocianidina si sia rivelato utile nel migliorare la sintomatologia psicofisica legata alla menopausa, riducendo nello specifico la pressione arteriosa e aumentando la massa muscolare (Terauchi et al., 2014).
Diversamente, uno studio simile al disegno del sopracitato, condotto al fine di valutare gli effetti del trattamento con fitoestrogeni in donne sane in peri menopausa, in relazione alla sindrome climaterica caratterizzata principalmente da sintomi vasomotori e alla progressione dell’aterosclerosi, non dimostra miglioramenti statisticamente significativi dei parametri presi in analisi, bensì rileva solamente un blando effetto positivo della sintomatologia della sindrome climaterica.

 

FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI E CULTURA DELLA SALUTE

La letteratura scientifica è ricca di studi nati con l’intento di indagare i fattori di rischio predittivi di CVD. È stato condotto uno studio cross-sectional atto ad analizzare, attraverso la somministrazione di questionari, la frequenza dei fattori di rischio cardiovascolari in Italia al fine di aumentare la consapevolezza delle donne sui programmi di screening. Sono state arruolate dai Medici di Medicina Generale 12249 donne con età compresa tra i 50 e i 54 anni; ciascuna partecipante ha compilato un questionario composto da 21 item riguardanti dati anamnestici e clinici. Sono stati indagati: l’abitudine al fumo, il livello di attività sportiva, il BMI, la pressione arteriosa, la glicemia e i livelli di colesterolo. In aggiunta, è stata ricercata la familiarità per le malattie cardiovascolari, la presenza di malattie concomitanti e l’assunzione di uno o più farmaci.
Dai risultati emersi è stata calcolata la frequenza dei fattori di rischio nella popolazione e la loro correlazione con la familiarità cardiovascolare. Si è evidenziata la presenza di diversi fattori di rischio cardiovascolari nelle donne oggetto di studio, come obesità (10,95%), ipertensione (13,76%), iperlipidemia (11,57%), glicemia superiore a 100 mg/dl (16,97%), scarsa attività fisica (73,49%), fumo (18,28%) e familiarità cardiovascolare (51,70%). Le analisi effettuate hanno mostrato che esiste una relazione statistica tra familiarità per malattie cardiovascolari e alcuni fattori di rischio, come il BMI (p <.001), l’ipertensione (p<.001), l’iperlipidemia (p<.001), l’iperglicemia (p=.042) e il fumo (p =.049). È stata mostrata una correlazione tra i valori di glicemia e l’attività fisica (p=.039) (Colombo et al., 2020), effetti in linea con lo studio americano di Kretzschmar et al. (2014) citato in precedenza.
Questi risultati sono concordi con un’ulteriore studio di coorte prospettico sviluppato su un campione di 2784 partecipanti e follow – up a 9 anni. L’età media delle donne all’arruolamento era di 50.2±11.3 anni e il 41.6% (1154) era in periodo di post menopausa. Ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemia e obesità si sono confermati i principali fattori di rischio a livello mondiale per le malattie cardiovascolari (Sadeghi et al., 2017).
È opportuno indagare la cultura della salute nella popolazione femminile circa i fattori di rischio associati a CVD al fine di progettare interventi preventivi mirati.
A tal proposito, è possibile citare uno studio qualitativo californiano che intendeva misurare la consapevolezza delle donne al fine di organizzare una campagna di sensibilizzazione efficacie.
Lo studio condotto nel 2014 in due step vedeva coinvolte 1011 donne con un’età compresa tra i 25 e 60 anni, 200 Primary Care Physicians (PCP) e 100 Cardiologi.
Le partecipanti hanno compilato un questionario (Gesellschaft für Konsumforschung” Knowledge Panel) mirato ad indagare conoscenze e atteggiamenti verso le malattie cardiovascolari; i medici sono stati intervistati dall’e-Rewards Inc. Physician and Healthcare Professional Panel ed è stata esplorata l’effettiva esecuzione della valutazione del rischio cardiovascolare nella donna.
Complessivamente, il 45% delle donne non era a conoscenza del fatto che le CVD siano il killer principale delle donne; quasi il 71% di queste non ha mai affrontato il tema “salute del cuore” con il proprio medico. La mancanza di conoscenze era il motivo più frequente per cui il tema non veniva trattato. La CVD è stata valutata come la principale preoccupazione solo dal 39% dei PCP, preceduta dal controllo del peso e dalla salute del seno. Solo il 22% dei PCP e il 42% dei Cardiologi (p = 0,0477) si sentiva estremamente ben preparato a valutare il rischio di CVD nelle donne. Sia i Medici di Medicina Generale che i cardiologi erano in gran parte d’accordo con l’affermazione: “Le donne possono presentare segni e sintomi diversi di malattie cardiache” (con una percentuale rispettiva del 90% e 91%), ma solo il 49% dei Medici di Medicina Generale e il 52% dei Cardiologi hanno concordato che il cuore delle donne e quello degli uomini sono fisiologicamente diversi (Bairey Merz et al., 2017).

 

DISCUSSIONE

Alla luce dei risultati ottenuti da questa revisione della letteratura si evince l’importanza della partecipazione da parte dell’infermiere nelle strategie per la riduzione del rischio cardiovascolare nella donna; lo studio di Soto Rodríguez et al. (2018) evidenzia come la relazione tra infermiere e popolazione durante un intervento educativo sia efficace a tal punto da ottenere un miglioramento dei parametri cardiovascolari.
Un ulteriore intervento educativo è stato elaborato per lo studio di Leblanc et al. (2014), nel quale è stata valutata l’aderenza alla dieta mediterranea in uomini e donne dopo un programma nutrizionale di 12 settimane. Lo studio è stato condotto in Canada, dove, per ragioni geografiche, la dieta mediterranea non è largamente diffusa come in Italia. Sebbene siano più che noti i vantaggi della dieta mediterranea, non ne era mai stata verificata l’aderenza a lungo termine nei cittadini canadesi. L’intervento è stato utile in entrambi i generi, contribuendo all’avvicinamento dei partecipanti alla dieta mediterranea con conseguenti benefici per la salute.
Sono stati condotti altri studi riguardanti strategie di prevenzione basati su abitudini alimentari sane; ad esempio, lo studio di Bendinelli et al. (2011) ha evidenziato come ci sia un’associazione inversa tra consumo di verdure a foglia e rischio di eventi coronarici e ha dimostrato che l’olio di oliva, fortemente presente nella dieta mediterranea, ha un ruolo protettivo verso gli eventi cardiovascolari. Affinché possano essere pianificate efficaci strategie di prevenzione e promozione della salute è di primaria importanza conoscere i bersagli da combattere, ovvero i fattori di rischio, e rendere la popolazione femminile consapevole del peso che le malattie cardiovascolari hanno sulla società. In un recente studio italiano, Colombo et al. (2019) e Sadeghi et al. (2017), sono concordi nell’affermare che, scarsa attività fisica, familiarità cardiovascolare, fumo, alti valori di glicemia, ipertensione arteriosa e obesità siano fattori di rischio cardiovascolare altamente presenti nella popolazione femminile.
Sono state indagate le credenze diffuse tra donne e medici rispetto alle CVD, al fine di poter attuare campagne di sensibilizzazione efficaci. Si evince chiaramente dallo studio che la scarsa priorità che viene attribuita alle CVD è principalmente causata da una scarsa conoscenza; a supporto di ciò, è stato dedotto che i legami sociali aiutino, infatti, le donne che hanno riferito di conoscere un’altra donna con malattia cardiaca sono più inclini a esprimere preoccupazione e a sollevare questo problema con il proprio medico.
Un ulteriore problema sollevato dall’analisi qualitativa si riscontra nei medici, solo una minoranza riferisce di utilizzare tutte le linee guida dell’American Heart Association per la valutazione del rischio cardiovascolare nelle loro pazienti poiché le CVD non riescono ad attestarsi come principale preoccupazione per la salute delle donne (Bairey Merz et al., 2017).
L’insieme di questi risultati suggerisce la necessità di de-stigmatizzare le CVD per le donne e di contrastare gli stereotipi favorendo l’aumento della consapevolezza da parte della popolazione.
Dovrebbero essere sviluppate strategie multidisciplinari e innovative per coinvolgere e responsabilizzare le donne nel cambiare i propri stili di vita. Dall’analisi della letteratura emerge che la promozione della prevenzione cardiovascolare attraverso l’attività fisica sia maggiormente indicata nel periodo della premenopausa; è infatti dimostrato come dopo un anno di attività di esercizio aerobico sia possibile riscontrare maggiori variazioni positive sul profilo cardiovascolare nelle donne in premenopausa piuttosto che in post menopausa (Kretzschmar et al., 2014). Parallelamente altri studi mettono in luce come questo induca cambiamenti positivi nei gruppi di studio, sottolineando come praticare attività fisica sia un’ottima strategia, a prescindere dall’età, per contrastare il rischio cardiovascolare.
L’infermiere, durante lo svolgimento di questi studi, ha avuto un ruolo attivo nel seguire personalmente le partecipanti durante gli allenamenti, nel verificare l’idoneità delle partecipanti e nel rilevare i parametri oggetto di studio prima e dopo le attività svolte.
In aggiunta, è stato analizzato l’effetto dell’assunzione di integratori vegetali sulla salute cardiovascolare.
Gli esiti sul profilo cardiovascolare dati dall’assunzione di molecole antiossidanti, ha condotto a un miglioramento dei parametri pressori e dei sintomi vasomotori. La gestione della sindrome climaterica è poco studiata e meriterebbe maggiori approfondimenti; molte donne in menopausa soffrono di una varietà di sintomi di natura neurovegetativa e psicoaffettiva legati alla carenza di estrogeni. I professionisti sanitari dovrebbero essere in grado di identificare e trattare i sintomi legati alla sindrome climaterica, ad oggi, invece, questi sintomi vengono considerati “normali” e non viene attribuito loro il giusto “peso” che meritano. L’insieme dei disturbi della sindrome climaterica contribuisce a rendere la menopausa un momento di passaggio ancora più difficoltoso e mal gestito. Tutto ciò potrebbe fornire un interessante spunto per ricerche future sull’argomento.
Nel complesso, le strategie implementate negli studi esaminati si sono verificate efficaci nel diminuire il rischio di CVD, agendo sui fattori di rischio modificabili che le donne presentano. Uno dei maggiori punti di forza degli studi considerati è rappresentato dalla presenza di un follow-up, in alcuni casi piuttosto lungo, che ha permesso di seguire le partecipanti nel tempo e comparare i parametri di studio prima e dopo l’intervento attuato; inoltre, gli studi hanno reclutato prevalentemente donne di mezza età in premenopausa consentendo una generalizzazione dei risultati per le donne appartenenti a questa fascia di età; ciò sottolinea come sia importante agire prima della menopausa, poiché, una volta superata, il rischio di CVD aumenta notevolmente. I risultati confermano che la consapevolezza del rischio e l’educazione sanitaria sono fondamentali per ridurre il rischio cardiovascolare tra le donne poiché l’impatto dei cambiamenti comportamentali sulla salute dell’individuo è sostanziale.
Il ruolo centrale dell’infermiere nelle attività di prevenzione si pone come un ulteriore evidenza di quanto i professionisti sanitari possano avere un ruolo determinante per smuovere le coscienze e portare a un cambiamento che può incidere su larga scala sulla mortalità e morbilità delle donne.

 

CONCLUSIONI

Esiste una forte distribuzione dei fattori di rischio cardiovascolare nella popolazione, ma ancora oggi la malattia cardiovascolare nella donna non ha l’attenzione che merita né da parte dei professionisti della salute né da parte delle donne stesse, come dimostra lo studio di Bairey Merz et al. (2017). Dal presente elaborato si evince la reale possibilità di agire contro i fattori di rischio modificabili che la popolazione femminile presenta, i miglioramenti in termini di parametri cardiovascolari constatati possono giustificare l’adozione delle strategie di prevenzione affrontate in questa revisione. Fondamentali, come confermato lo studio di Soto Rodríguez et al. (2018) sono gli interventi educativi rivolti alla popolazione target che vedono l’infermiere in prima linea nella loro realizzazione.
Come dichiarato in precedenza, il ruolo dell’infermiere nella promozione della salute è determinante, e l’educazione degli stessi professionisti sanitari è di primaria importanza per identificare e ridurre i rischi, limitando la mortalità delle patologie cardiovascolari.
Questo contributo si pone a supporto del fatto che l’approccio di genere alla salute è fondamentale nella ricerca e nella pratica quotidiana; tutto ciò potrebbe essere implementato attraverso una maggiore formazione universitaria per le professioni sanitarie, prevedendo la realizzazione di un corso specifico di Medicina di genere, dal momento che, non solo malattie cardiovascolari, ma anche patologie infiammatorie, respiratorie, osteoarticolari si differenziano a seconda del genere.
Come suggerisce anche lo studio di Bairey Merz et al. (2017), nella realtà dei giorni nostri è possibile incrementare le attività di promozione della salute attraverso l’utilizzo di strumenti innovativi, quali i social media cosi da raggiungere anche i più giovani.
Come sancito dall’articolo 2 del Codice Deontologico dell’infermiere (2019):
“L’Infermiere orienta il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività. Le sue azioni si realizzano e si sviluppano nell’ambito della pratica clinica, dell’organizzazione, dell’educazione e della ricerca (‘Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche’, 2019).
L’infermiere, quindi, assume anche il ruolo di persona di riferimento che contribuisce a migliorare le competenze dell’assistito in termini di prevenzione, promozione della salute e di gestione della malattia.
Oltre al contributo che possono dare gli infermieri in ospedale, figure importanti che si possono individuare per poter realizzare e attuare programmi di prevenzione efficaci per la popolazione sono gli infermieri di famiglia e di comunità: “l’obiettivo è mantenere, e migliorare nel tempo, l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute. Oggetto dell’assistenza dell’infermiere di famiglia è l’intera comunità, di cui la famiglia rappresenta l’unità di base. In tal senso l’infermiere di famiglia svolge il suo ruolo nel contesto comunitario di cui fanno parte la rete dei servizi sanitari e sociosanitari, le scuole, le associazioni e i vari punti di aggregazione” (‘Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Infermiere di Famiglia e di Comunità’, 2019).
Purtroppo, l’infermiere di famiglia non ha ancora preso piede in Italia, infatti, soltanto alcune regioni hanno deliberato l’integrazione nel Sistema Sanitario Regionale di questa figura. Il suo ruolo potrebbe essere decisivo per la salute del nostro paese contribuendo alla “promozione della salute della popolazione attraverso interventi di prevenzione, educazione e informazione sanitaria, influenzando positivamente la qualità della vita e delle persone assistite” (‘Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Infermiere di Famiglia e di Comunità’, 2019).

 

BIBLIOGRAFIA

 

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Silvia Borella

Infermiera, Pronto Soccorso, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI)
RN, Emergency department, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Milan)

Paola Ripa

Direttore didattico, Corso di Laurea in Infermieristica, sezione Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milano
Director, Nursing Undergraduate Course, University of Milan, section of Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milan

Antonella Ligorio

Tutor, Corso di Laurea in Infermieristica e docente MED/45, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milano
RN, Nursing Degree Course, University of Milan, sect. Ospedale San Giuseppe-Gruppo Multimedica, Milan

Elisa Rimoldi

Tutor, Corso di Laurea in Infermieristica e docente MED/45, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milano
RN, MSN, Nursing Degree Course, University of Milan, sect. Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milan

Rita Biscotti

Tutor, Corso di Laurea in Infermieristica e docente MED/45, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milano
RN, MSN, Nursing Degree Course, University of Milan, sect. Ospedale San Giuseppe-Gruppo Multimedica, Milan
rita.biscotti@unimi.it

Ilaria Milani

Tutor, Corso di Laurea in Infermieristica e docente MED/45, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Giuseppe Gruppo Multimedica, Milano
RN, MSN, Nursing Degree Course, University of Milan, sect. Ospedale San Giuseppe-Gruppo Multimedica, Milan