Presentazione di un caso clinico di calcifilassi di una paziente uremica in trattamento emodialitico

Presentazione di un caso clinico di calcifilassi di una paziente uremica in trattamento emodialitico

 

Parole chiave: Arteriolopatia Uremica Calcifica, Calcifilassi Uremica, malattia renale cronica, lesioni cutanee croniche usate come thesaurus nella banca dati Pubmed.

 

INTRODUZIONE

Sono numerosi i casi clinici nei quali a seguito di una grave compromissione della funzionalità renale che rende necessaria la terapia dialitica, si determinano alterazioni cutanee quali:

  • Alterazione della pigmentazione (dovuta a deficit di produzione renale di Eritropoietina_EPO);
  • Ecchimosi e petecchie (legate all’alterazione del processo di coagulazione nel paziente nefropatico);
  • Xerosi cutanea con conseguente comparsa di skin tears (causato dalla restrizione idrica a cui il paziente dializzato è severamente sottoposto con conseguente riduzione del fattore naturale di idratazione_NFM epidermico);
  • Prurito uremico (dovuto ad iperfosfatemia e successiva comparsa di escoriazioni epidermiche e skin tears);
  • Medical Adhesive-Related skin injury_MAARSI (come, ad esempio, medicazioni di cateteri venosi centrali_CVC o medicazioni di fistole artero venose_FAV);
  • Squilibrio biochimico del metabolismo minerale ed osseo con comparsa di un complesso quadro di arteriolopatia uremica calcifica, nota anche con il termine di calcifilassi.

L’insorgenza di lesioni cutanee difficili, soprattutto agli arti inferiori, è un’altra importante caratteristica dei pazienti sottoposti a trattamento dialitico.
Tali lesioni possono essere conseguenza diretta della patologia nefropatica ma anche essere secondarie a comorbilità cliniche del paziente, responsabili a loro volta del rallentamento e dell’alterazione del processo fisiologico di guarigione di una ferita.
A tal proposta resta doveroso precisare la differenza tra Lesione acuta e Lesione difficile.

  • La Lesione acuta è quella soluzione di continuo con fisiologica e spontanea progressione verso le fasi della guarigione;
  • La Lesione Difficili e/o Cronica è quella soluzione di continuo in cui la sequenza ordinata degli eventi del processo di riparazione viene interrotta o rallentata da molteplici fattori: Locali (es. frizione e pressione); Sistemici (es. metabolici, vascolari e nefropatici); Estrinseci e Sociali (qualità di vita, livello di istruzione e condizioni socioeconomiche).(Renner & Erfurt-Berge, 2017).

L’arteriolopatia uremica calcifica più comunemente nota con il termine di calcifilassi è una rara condizione morbosa che si manifesta prevalentemente, ma non esclusivamente, nei pazienti affetti da malattia renale cronica in stadio avanzato. (Zoi et al., 2022)Si tratta di un disordine grave e potenzialmente fatale, assai invalidante, che colpisce l’1-4% della popolazione con malattia renale avanzata e presenta una mortalità assai elevata (60-80%). (Turek et al., 2021)L’alterazione istologica più caratteristica della calcifilassi è rappresentata dalla deposizione intravascolare di sali di calcio nella tonaca media delle arteriole sottocutanee e del derma. Le alterazioni istologiche descritte si manifestano clinicamente con la comparsa di noduli sottocutanei assai dolorosi e di placche compatte, circondate da aree cutanee di color rosso vinoso o violaceo, che tendono a progredire verso lesioni ulcerative e necrotizzanti, le quali mostrano una scarsa tendenza alla guarigione. È frequente il sopravvenire di infezioni che esitano in sepsi e morte.(Stotts et al., 2001) La localizzazione delle lesioni può essere distale (arti inferiori), prossimale (addome, cosce e regione glutea) o entrambe. La diagnosi è validata dal referto istologico che, tuttavia, non sempre è possibile ottenere in quanto la biopsia della lesione può peggiorarne il grado. In questi casi, ai fini della diagnosi differenziale, sono necessari un’accurata anamnesi e un attento esame obiettivo.(Cremonini et al., 2021)
L’eziopatogenesi della calcifilassi è, purtroppo, a tutt’oggi, scarsamente nota; tuttavia, sono stati identificati dei fattori sensibilizzanti quali iperfosforemia, ipercalcemia, aumentato prodotto calcio-fosforo, elevati livelli di paratormone (PTH) e ridotta sintesi e biodisponibilità di vitamina D. Sono stati identificati anche dei fattori stimolanti quali le terapie steroidee, i sali del ferro e i farmaci immunosoppressori. Una notevole varietà di altri fattori è stata invocata nella patogenesi di questa severa patologia, ma purtroppo, come già detto, ad oggi, l’eziopatogenesi è scarsamente nota e le numerose ipotesi patogenetiche rendono il trattamento non solo difficoltoso ma anche empirico. (References Boyse et al., 1968)

 

OBIETTIVO

L’obiettivo del presente lavoro è quello di offrire un’esperienza di trattamento che ha portato alla guarigione delle lesioni provocate dalla calciofilassi.

 

CONTESTUALIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA

L’ospedale Niguarda ha strutturato, in luoghi appositamente dedicati, dei percorsi ad hoc per trattare i pazienti dializzati (sia nel pre che nel post) che presentano problematiche vulnologiche.
Gli infermieri che operano in tali contesti hanno ricevuto una specifica formazione sui principi del wound care da una collega esperta in ambito vulnologico attraverso due giornate di formazione-aggiornamento infermieristica. La condivisione di un percorso formativo ha permesso di uniformare il processo di presa in carico che inizia dalla valutazione della lesione che comprende l’osservazione e l’eventuale utilizzo di scale validate, prosegue con la stadiazione della lesione e la conseguente definizione degli obiettivi di cura, culmina nella pianificazione del miglior trattamento in base ai principi dell’evidence based practice, e si conclude con la definizione delle modalità e dei tempi dei relativi monitoraggi e follow up.

 

PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

La signora M. di anni 62 di etnia caucasica, è in carico alla struttura dialisi del GOM di Niguarda dal 2010 dove effettua emodialisi. In anamnesi patologica remota presenta diverse comorbilità quali malattia renale policistica, anemia microcitica e ipertrofia cardiaca ed in trattamento orale con warfarin per sostituzione valvolare mitralica. La signora presenta una lesione (descrivere la lesione: dove, caratteristiche…), dopo diagnosi differenziale viene diagnosticata la calcifilassi. La signora viene presa in carico, con il suo consenso, dal team multidisciplinare composto da infermieri e medici, per le cure del caso.
La paziente è stata sottoposta a trattamenti topici locali tra cui la cura della cute peri-lesionale e delle aree di ulcerazione secondo i principi del Timing e della Wound Bed Preparation alla base del Wound Care. Oltre ai trattamenti locali la paziente è stata sottoposta anche a trattamenti sistemici quali l’antibiotico terapia, la terapia con ossigeno iperbarico (HBO), la somministrazione per via endovenosa di sodio tiosolfato (approccio empirico di un farmaco utilizzato come antidoto in caso di avvelenamento da cianuro e che ha riportato effetti positivi nei pz con quadri di calcifilassi, come nei dati riportati in letteratura).
Tempistiche: a distanza di cinque mesi dall’inizio dei trattamenti topici e sistemici si è osservata la guarigione della lesione tramite scheda di monitoraggio di reparto con conseguente soddisfazione della persona assistita.

 

CONCLUSIONI

Sebbene la diagnosi di calcifilassi sia rara ed infausta, una diagnosi precoce ed un trattamento multidisciplinare possono essere efficaci e portare anche alla guarigione delle lesioni. Al fine di ottenere una diagnosi precoce, nella nostra esperienza, è risultato importante, dapprima, creare le condizioni organizzative ovvero dedicare delle strutture e dei percorsi ad hoc in grado di ridurre i tempi di presa in carico delle persone dializzate con problematiche vulnologiche. Successivamente è risultato essenziale investire risorse umane e materiali sul perfezionamento di competenze avanzate di tutti i professionisti coinvolti nei percorsi di cura di questa patologia. Questi primi ed essenziali due step sono stati realizzati grazie al lavoro sinergico tra organizzazione e clinica. In ultima istanza, ai fini della guarigione, è necessario offrire tutte le possibilità terapeutiche che si basano sui principi dell’evidence base practice quali, ad esempio, la terapia con ossigeno iperbarico, la somministrazione di sodio tiosolfato, o un supporto nutrizionale personalizzato.

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Anderson, D. C., Stewart, W. K., & Piercy, D. M. (1968). Calcifying panniculitis with fat and skin necrosis in a case of uraemia with autonomous hyperparathyroidism. Lancet (London, England), 2(7563), 323–325. https://doi.org/10.1016/s0140-6736(68)90531-x D. C.
  • Bellingeri, A. (2020). Prontuario del wound care. Per la prevenzione delle Lesioni Cutanee (vulnologia) – Medicazioni, Bendaggi, ausili antidecubito e calzature per soggetti diabetici 2020 (CdG, Ed.).
  • Bellingeri, A., Falciani, F., Traspedini, P., Moscatelli, A., Russo, A., Tino, G., Chiari, P., & Peghetti, A. (2016). Effect of a wound cleansing solution on wound bed preparation and inflammation in chronic wounds: a single-blind RCT. Journal of wound care, 25(3), 160–168. https://doi.org/10.12968/jowc.2016.25.3.160
  • Corsi, A. & Forma, O. (2022). Vulnologia. Manuale pratico. Dalle basi al Wound tech Care (Edi. Ermes, Ed.)
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  • Renner, R., & Erfurt-Berge, C. (2017). Depression and quality of life in patients with chronic wounds: ways to measure their influence and their effect on daily life. Chronic Wound Care Management and Research, Volume 4, 143-151. https://doi.org/10.2147/CWCMR.S124917
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  • Turek, M., Stępniewska, J., & Różański, J. (2021). The Multifactorial Pathogenesis of Calciphylaxis: A Case Report. The American journal of case reports, 22, e930026. https://doi.org/10.12659/AJCR.930026
  • Zoi, V., Bacharaki, D., Sardeli, A., Karagiannis, M., & Lionaki, S. (2022). Calciphylaxis: A Long Road to Cure with a Multidisciplinary and Multimodal Approach. Case reports in nephrology, 2022, 3818980. https://doi.org/10.1155/2022/3818980

Serena Saccotelli

Infermiera di Dialisi, Esperta in Wound Care, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Stefania Meo

Infermiera di Dialisi, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano