Prendersi cura nonostante tutto. Uno studio Mixed – Method sul lavoro degli infermieri dopo la pandemia Covid-19

Taking care of patients despite everything. A Mixed Method study on nurses’ work after the Covid-19 pandemic

 

RIASSUNTO

Introduzione. La pandemia COVID19 ha inciso sulla salute pubblica e sui servizi sanitari offerti ai cittadini. La ripresa volta anche a recuperare quanto lasciato in sospeso, ha determinato un incremento dei carichi di lavoro che potrebbe aver rappresentato una nuova fonte di stress per gli infermieri. Obiettivo. Esplorare la percezione degli infermieri coinvolti nel piano di potenziamento dell’attività chirurgica e valutarne l’impatto sulla loro salute organizzativa. Materiali e Metodi. Studio mixed-method, condotto su un campione di infermieri di sala operatoria e reparti chirurgici articolato in due fasi. Nella fase quantitativa sono stati raccolti dati sulla salute organizzativa e sulle caratteristiche sociodemografiche e lavorative degli infermieri. Nella fase qualitativa, attraverso interviste semi-strutturate, sono stati raccolti i vissuti degli infermieri arruolati nello studio. Risultati. Hanno partecipato 68 infermieri, che, nel periodo di ripresa hanno riferito in media un aumento dei carichi di lavoro e un maggior livello di esaurimento emotivo. Gli infermieri di sala operatoria percepiscono carichi di lavoro più elevati rispetto agli infermieri dei reparti chirurgici. Sono stati identificati 7 temi che sottolineano un aumento dello stress, a cui corrisponde una volontà alla partecipazione e al sacrificio per rispondere a bisogni trascurati a causa della pandemia. Conclusioni. I risultati dello studio evidenzino come gli infermieri siano pronti a rispondere alle esigenze dei cittadini, così come accaduto per i pazienti COVID19. Pur consci di esporsi a maggiori fonti di stress e burnout, riconoscono la necessità, il beneficio e l’importanza di garantire servizi e prestazioni ai malati.

 

ABSTRACT

Introduction. The COVID-19 pandemic waves impacted public health and healthcare services offered to citizens. The restart plan, aimed at recovering what has been left unfinished, increases nursing workloads, thus representing a new source of stress for nurses. Aim. To explore the perception of nurses involved in the surgical restart plan and assess its impact on their organizational health. Methods. Mixed-method study has been conducted on a sample of nurses in the operating room and surgical departments divided into two phases. In the quantitative phase, data on the organizational health and socio-demographic and occupational characteristics of nurses were collected. In the qualitative phase, the experiences of the nurses enrolled in the study were collected through semi-structured interviews. Results. 68 nurses were enrolled, reporting high workloads and a greater level of emotional exhaustion during the restart of surgical activity. Operating room nurses perceive higher workloads than surgical ward nurses. 7 themes were identified that underline an increase in stress, which corresponds to a willingness to participate and sacrifice to respond to neglected needs due to the pandemic. Conclusions. The results of the study highlight how nurses are ready to respond to the patients’ needs, as happened to COVID19 patients. While aware of exposing themselves to greater sources of stress and burnout, they recognize the need, the benefit, and the importance of guaranteeing healthcare services and benefits to the patients. Key words. Occupational health, Quality of Health Care, Safety, Burnout, Covid_19.

 

INTRODUZIONE

Dall’instaurarsi dell’emergenza COVID_19, si è generata un’importante rivoluzione organizzativa per far fronte all’emergenza sanitaria (Zaghini et al., 2021). Le risorse umane e materiali sono state principalmente incanalate nella gestione delle attività sanitarie legate all’urgenza e all’alta intensità di cure (RIF). In particolare, in ambito chirurgico, è stata data la precedenza alla chirurgia oncologica ed emergenziale, a scapito delle attività in elezione. Questa necessaria riorganizzazione ha avuto effetti diretti sullo scorrimento delle liste operatorie per interventi chirurgici elettivi, generando una netta espansione delle liste di attesa e causando per i cittadini un aumento della convivenza con patologie senescenti che in alcuni casi sono evolute in eventi acuti (Nepogodiev et al., 2020; Toia et al., 2021). Quando la pandemia Covid-19 ha iniziato a dare i primi cenni di cedimento, sono stati elaborati piani di potenziamento delle attività in modo da affrontare questa nuova problematica, promuovendo lo smaltimento delle liste operatorie. Il Piano Nazionale di Resilienza e Ripartenza (PNRR; Decreto-legge n.152/2021), ha stanziato ingenti investimenti per recuperare tutta la domanda di prestazioni arretrate a causa del Covid-19, infatti sono state mese a disposizione delle aziende nuove risorse umane e finanziarie. In particolare, sono state aumentate le risorse economiche dando luogo a un aumento delle attività operatorie attraverso l’istituto delle prestazioni aggiuntive, ovvero per le attività integrative dell’attività ordinaria richieste dalle aziende sanitarie ai propri dipendenti.
L’incremento dell’attività lavorativa determina un aumento dei carichi di lavoro che la letteratura ha evidenziato essere un chiaro fattore di stress lavoro correlato (Hegney et al., 2019), di esposizione allo sviluppo della sindrome del burnout (Dall’Ora et al., 2020), di abbandono della professione (Sasso et al., 2019), e di influire negativamente sugli esiti di cura infermieristica (Aiken et al., 2014; Sasso et al., 2017). Come se ciò non bastasse, le più recenti evidenze hanno dimostrano come la presenza della pandemia abbia ulteriormente gravato sulla salute organizzativa e fisica degli infermieri. L’utilizzo costante di dispositivi di protezione, il costante mantenimento di alti livelli di attenzione e l’esecuzione di procedure complesse hanno influito negativamente sul benessere mentale degli infermieri (Ross, 2020). Nonostante ciò, hanno continuato a fare del proprio meglio, rispondendo alle necessità cliniche di innumerevoli pazienti positivi al COVID19 (Zaghini et al., 2021).
Le numerose, nuove e aggiuntive prestazioni agite dagli infermieri, per rispondere alle necessità assistenziali dei pazienti nuovamente presi in carico nella fase post pandemia, potrebbero aver rappresentato una ulteriore fonte di stress; pertanto, l’obiettivo generale di questo studio è stato quello di verificare se l’aumento delle attività abbia prodotto negli infermieri risultati insperati, in termini di stress e burnout. In particolare, si sono volute indagare le esperienze vissute degli infermieri che hanno preso parte alla ripresa delle attività in era post Covid19.

 

MATERIALI E METODI

Lo studio, Mixed-Method quanti-qulitativo cross sectional, è stato condotto da ottobre a dicembre 2021 (Johnson & Onwuegbuzie, 2007; Ostulund et al., 2011). Per la conduzione e stesura della ricerca è stata seguita la checklist STROBE (STrengthening the Reporting of OBservational studies in Epidemiology).

Setting di riferimento
Lo studio è stato condotto in un ospedale dell’area metropolitana della città di Genova. In particolare, per verificare l’obiettivo dello studio, è stata presa in considerazione l’attività chirurgica. Infatti, l’ospedale centro dello studio ha visto un’interruzione/rallentamento dell’attività chirurgica fino al 15 settembre 2021 in cui ha avuto inizio il piano di RESTAR Liguria che prevede un incremento delle attività chirurgiche elettive volto ad abbattere le liste di attesa e recuperare le necessità dei malati.

Campionamento
Nello studio sono stati arruolati infermieri assegnati presso il blocco operatorio e i reparti di degenza chirurgica, senza distinzione di tipologia di contratto (determinato/indeterminato), orario di lavoro (full-time o part-time), genere ed età. L’arruolamento effettuato era di tipo non probabilistico di convenienza e gli infermieri dovevano essere in servizio presso il reparto di assegnazione chirurgico da almeno un anno. Sono stati esclusi infermieri dirigenti, coordinatori e coloro che erano assegnati al setting di studio da meno di 12 mesi.

Fase quantitativa
In questa fase, i partecipanti hanno compilato un questionario cartaceo su base volontaria e anonima. Il questionario prevedeva una sezione relativa alle variabili sociodemografiche (età, sesso, titolo di studio, esperienza lavorativa) e una sezione composta da strumenti validati e presenti in letteratura. In particolare:

  • Per misurare il burnout è stata utilizzata la Maslach Burnout Inventory-General survey MBI-GS (Maslach et al. 1996), composta da tre diverse dimensioni, esaurimento emotivo (α = 0,797), cinismo (α = 0,821) e interpersonal strain (α 0,829). La scala attraverso 15 items misura i livelli di stress attraverso una scala Likert a 7 passi, da 0 “mai” a 6 “ogni giorno”;
  • Per misurare i carichi di lavoro è stato utilizzato il Quantitative Workload Inventory (QWI; Spector et al. 1998), composto da 4 item valutati su una scala Likert da 1 “mai o quasi mai” a 5 “molto spesso o sempre”. Lo strumento nel suo studio di validazione ha riportato una buona consistenza interna (α = 0,736);
  • Per misurare la soddisfazione lavorativa è stata utilizzata la scala degli Indicatori Positivi del questionario infermieristico sulla salute organizzativa QISO (Sili et al., 2010), che attraverso 9 item chiede quanto gli infermieri sono soddisfatti circa le affermazioni fatte. I partecipanti hanno la possibilità di rispondere attraverso una scala Likert a 4 passi, da 1 “mai” a 4 “spesso”. Nello studio di validazione la scala degli indicatori positivi ha mostrato ottimi indici di consistenza interna (α = 0,805).

Per le analisi dei dati è stato utilizzato il software statistico SPSS ver. 25. Le variabili sociodemografiche e le caratteristiche organizzative sono state analizzate con un’analisi descrittiva, individuando indici di tendenza centrale e di dispersione (media, deviazione standard), intervallo di confidenza al 95%, percentuale). Per verificare la relazione tra le variabili indagate è stato utilizzato il test di correlazione r di Pearson, per verificare la differenza nelle medie delle variabili indagate rispetto alle variabili sociodemografiche e lavorative con due sole modalità di risposta (sesso, lavoro nei reparti COVID19, ambito clinico) è stato utilizzato il t test di Student. Il test dell’ANOVA è stato utilizzato per il confronto delle medie rispetto al titolo di studio.

Fase qualitativa
Per comprendere l’impatto che la ripresa delle attività lavorative chirurgiche abbia prodotto sul personale infermieristico è stato necessario approfondire il vissuto esperienziale degli operatori sanitari direttamente coinvolti nel processo. A tale scopo è stata elaborata un’intervista semi-strutturata composta da sei domande. Le domande sono state individuate dai ricercatori analizzando la letteratura di riferimento e successivamente validate da esperti clinici (di ambito chirurgico) e accademici (di formazione sociologica), seguendo la checklist COREQ (Tong et al. 2007). Le sei domande erano relative a tre domini inerenti all’argomento indagato:

  • il benessere percepito (e.g. Qual è il vostro punto di vista riguardo alla relazione tra l’aumento dell’attività lavorativa di questo periodo e il benessere psico-fisico degli infermieri?),
  • la percezione della sicurezza e qualità delle cure erogate (e.g. Quale relazione pensate che possa intercorrere tra l’aumento dell’attività lavorativa e la qualità e sicurezza delle cure erogate?)
  • il vissuto in prima persona di ogni intervistato rispetto ad uno specifico evento utilizzando la metodica “Critical Incident Technique” (Flanagan et al. 1954).

I partecipanti alla fase quantitativa hanno ricevuto un’email per partecipare alla seconda fase dello studio e i primi 10 sono stati arruolati. Le interviste sono state condotte da un moderatore e due osservatori esperti nella conduzione di interviste semi-strutturate all’interno di uno spazio neutrale, in cui i partecipanti si potessero sentire liberi di esprimere le loro emozioni, idee e credenze senza filtri o paure. Prima di condurre le interviste, il moderatore e gli osservatori hanno esaminato la loro potenziale influenza soggettiva sullo studio e i suoi risultati, attraverso l’assunto sulla riflessività secondo Berger (Berger, 2015). Le interviste sono state registrate in file audio mp3, numerate con codici ID sequenziali, trascritte e archiviate presso il Centro Interdipartimentale “Osservatorio delle Diseguaglianze e delle Politiche sociali” DISFOR dell’Università degli Studi di Genova. La durata delle interviste è stata in media di circa dieci minuti. Per l’analisi dei dati qualitativi è stato utilizzato il metodo di Braun e Clarke (2006), attraverso un’analisi tematica strutturata in sei passaggi: familiarizzazione dei dati; generazione dei codici iniziali; la ricerca dei temi; rivalutazione dei temi; definizione e nomina dei temi; produzione del report. I dati sono stati codificati attraverso la collaborazione di tre ricercatori. La saturazione dei dati è stata raggiunta prima del completamento della decima intervista. La saturazione dei dati è stata discussa dai ricercatori che hanno condotto le interviste e gli esperti di sociologia.

Considerazioni etiche
La partecipazione allo studio è stata su base volontaria, con garanzia di totale anonimato, previa autorizzazione al trattamento dei dati personali in ottemperanza alla normativa vigente (D.lgs. 196/2003; GDPR 679/2016). Per la somministrazione dei questionari è stata richiesta l’approvazione al Direttore Generale dell’azienda ospedaliera coinvolta nello studio e del Comitato etico aziendale.

 

RISULTATI

Caratteristiche sociodemografiche del campione
Nello studio sono stati arruolati 68 infermieri, di cui 37 afferivano alla sala operatoria e 31 ai reparti chirurgici. Dei 68 questionari compilati, 66 erano correttamente compilati (tasso di risposta del 97%). L’età media del campione era di 44 anni (DS = 11.5) ed erano prevalentemente di sesso femminile (N = 48). L’esperienza lavorativa in media era di 20 anni (DS = 12.6). Il 54.4 % degli infermieri erano in possesso di diploma di scuola regionale (N = 37), il 7.4% il diploma universitario (N = 5) e il 38.2% la laurea triennale (N = 26). 52 partecipanti (76.5%) hanno lavorato in un reparto COVID_19 durante l’emergenza sanitaria.

 

 

Prima della ripresa gli operatori partecipanti hanno riferito di eseguire in media 2.5 (DS 0.86) prestazioni al mese, mentre nel periodo di rilancio dell’attività chirurgica la media era di 4 (DS .92) (Fig 1).

Analisi descrittive delle variabili in studio
In generale dai risultati dello studio emerge che in media gli infermieri intervistati riferiscono un elevato carico lavorativo (M = 3,88; DS = 0,66), qualche volta si sentono esauriti emotivamente (M = 2,94; DS = 1,43) e raramente riferiscono cinismo (M = 1,56; DS= 1,72) e stress interpersonale (M = 1,21; DS = 0,95). Per quanto riguarda la soddisfazione lavorativa, gli infermieri intervistati riferiscono di essere soddisfatti della loro situazione solo “a volte” (M = 2,90; DS = 0,52).

 

Legenda: QWI = Carichi di lavoro; Bur_EE = Esaurimento Emotivo; Bur_Cin = Cinismo; Bur_IS = Stress Intrerpersonale; Sodd_T = Soddisfazione lavorativa.

Dall’analisi delle differenze nelle medie delle variabili indagate rispetto al reparto di appartenenza, è stato possibile verificare che esiste una differenza statisticamente significativa (t = -2,566; p = 0,013) rispetto ai carichi di lavoro. In particolare, gli infermieri che lavorano in sala operatoria hanno riferito maggior carichi lavorativi (M = 4,09; DS = 0,56) rispetto ai colleghi delle degenze ordinarie (M = 3,69; DS = 0,69).

 

Legenda: QWI = Carichi di lavoro; Bur_EE = Esaurimento Emotivo; Bur_Cin = Cinismo; Bur_IS = Stress Intrerpersonale; Sodd_T = Soddisfazione lavorativa.

 

Come mostrato in tabella 2, il test di correlazione r di Pearson ha evidenziato una correlazione positiva tra i carichi lavorativi e l’esaurimento emotivo (r = 0,26; p < 0,01), e negativa tra i carichi di lavoro e la soddisfazione lavorativa (r = – 0,43; p < 0,001) e tra tutte le dimensioni del burnout e la soddisfazione lavorativa, rispettivamente con l’esaurimento emotivo (r -0,44; p < 0,001), con il cinismo l’esaurimento emotivo (r -0,44; p < 0,001), e con l’interpersonal strain od esaurimento emotivo (r – 0,44; p < 0,001).

Legenda ** = <0.001; * = < 0,01; QWI = Carichi di lavoro; Bur_EE = Esaurimento Emotivo; Bur_Cin = Cinismo; Bur_IS = Interpersonal Strain; Sodd_T = Soddisfazione lavorativa.

Dai risultati dell‘analisi di correlazione delle variabili indagate e le caratteristiche sociodemografiche e lavorative dei soggetti arruolati, come mostrato in tabella 3, è stato possibile verificare che, durante il piano di rilancio dell’attività chirurgica (r = 0.29; p = 0.05), gli infermieri più giovani (r = 0.25; p = 0.05) riferiscono maggiori carichi di lavoro. Inoltre, è stata verificata una correlazione positiva tra l’esaurimento emotivo e la media del numero di prestazioni eseguite prima del potenziamento dell’attività chirurgica (r = 0.29; p = 0.05).

Legenda ** = <0,01; * = < 0,05; QWI = Carichi di lavoro; Bur_EE = Esaurimento Emotivo; Bur_Cin = Cinismo; Bur_IS = Interpersonal Strain; Sodd_T = Soddisfazione lavorativa.

 

Infine, dai risultati dell’analisi di regressione, considerando la soddisfazione lavorativa come variabile dipendente e i carichi di lavoro, nonché le varie dimensioni del Burnout, come variabili indipendenti, è stato possibile verificare che l‘interpersonal strain (β = -0,339; p = 0,010) e i carichi di lavoro (β = -0,306; p = 0,003) spiegano il 43% della variabilità della soddisfazione lavorativa (R2 = 0,426) degli infermieri.

 

Risultati qualitativi
Attraverso l’analisi tematica secondo Braun e Clarke (Braun e Clarke, 2006), 7 temi sono stati identificati come unici e associati ad alcuni sub-temi, che hanno garantito una maggior struttura e organizzazione alle personali narrazioni dei partecipanti. I temi sono stati nominati sulla base dei codici (brevi segmenti delle interviste) maggiormente esplicativi quel determinato argomento. (Tabella 4).

1. Percezione dello stress e vita personale
L’incremento dell’attività chirurgica ha aumentato lo stress in ambito lavorativo che gli infermieri percepiscono, aggiungendo di non aver avuto sufficiente tempo per recuperare le energie fisiche e mentali tra l’attività svolta durante la fase emergenziale pandemica e l’attuale aumento del numero di interventi. Emerge anche il tema della somatizzazione: lo stress incide anche sul loro benessere fisico.
“Manca il riposo fisico e lo svago… Non è facile staccare da lavoro anche quando sono a casa”
Infine, un aspetto positivo legato all’aumento dell’attività chirurgica viene riferito dai più giovani, ovvero di acquisire maggiore esperienza professionale.
“Sensazione positiva a metà, tanto stress, ma esperienza”

2. Carichi lavorativi durante la pandemia e con l’incremento dell’attività chirurgica
Gli infermieri intervistati non sono riusciti a proiettarsi positivamente verso il loro futuro lavorativo. La stanchezza fisica e psicologica, attribuibile all’emergenza sanitaria, viene inevitabilmente aumentata da questa ulteriore richiesta di incremento dell’attività chirurgica. Alcuni infermieri hanno riferito quanto sia faticoso affrontare le difficoltà quotidiane senza aver ancora metabolizzato a sufficienza il periodo di lavoro svolto nei reparti covid-19. Tuttavia, questa stanchezza viene mitigata dal ritorno nel proprio reparto di assegnazione chirurgico precedente alla pandemia.
“Ora sono nel mio ambiente, quello dove sono cresciuta”

3. Qualità e sicurezza delle cure erogate in relazione all’incremento dell’attività lavorativa
Dall’inizio del progetto di rilancio dell’attività chirurgica la percezione è quella di erogare livelli di assistenza qualitativamente inferiori, a causa del tempo ridotto all’attività di caring e instaurare una relazione terapeutica con gli assistiti. Gli infermieri più giovani, sebbene riconoscano l’incremento dell’attività chirurgica un’opportunità per acquisire nuove competenze, affermano di avere difficoltà ad assimilarle, soprattutto in relazione a specifiche tecniche chirurgiche. La maggior parte dei partecipanti dichiara che la componente relazionale e la sicurezza del paziente sono gli elementi che subiscono maggiormente la mancanza di tempo. La scarsità di tempo attribuita all’aumentato carico lavorativo genera un fenomeno parossistico che vede gli operatori velocizzare le loro attività, aumentando la loro paura di commettere errori e quindi sprecare il loro tempo e mettere a rischio la sicurezza dei propri assistiti.
“Fare le cose velocemente, mi porta a ripensare a casa se ho fatto tutto quello che dovevo”
La percezione di erogare un’assistenza infermieristica di diminuita qualità genera anche un senso di disappunto, che alcuni hanno definito come “carenza di gratificazione”. Questa sensazione nasce dall’impossibilità di poter svolgere la propria professione in modo efficace e sicuro. Molti degli intervistati riferiscono di sentirsi depersonalizzati. La “depersonalizzazione dell’infermiere” si ripropone nel tema della comunicazione con il paziente.

4. Understaffing
Un ulteriore tema emerso è l’understaffing: molti infermieri condividono la mission del progetto regionale di rilancio dell’attività chirurgica, orientato verso l’abbattimento delle liste d’attesa, ma ritengono che sia necessario anche un adeguato numero di infermieri per garantire agli assistiti una qualità di caring ottimale, efficace ed efficiente.
“Serve quella mano in più, quel supporto in più, quell’infermiere in più…”
Si auspicano che l’intensificazione dei ritmi di lavoro sia una fase transitoria e breve, in vista di nuove assunzioni previste dal piano di rilancio del servizio sanitario nazionale.

5. Organizzazione lavorativa
Relativamente all’organizzazione dei processi lavorativi avvenuta con l’incremento dell’attività chirurgica, gli infermieri hanno riferito che l’approccio applicativo del rilancio dell’attività chirurgica è stato drastico ed immediato, come se fossero stati “travolti” dai nuovi ritmi. Alcuni hanno ipotizzato una strategia applicativa differente, basata su una intensificazione graduale dei ritmi degli interventi chirurgici, così da non incidere e gravare sul benessere del personale e permettere comunque di raggiungere gli obiettivi prestabiliti. L. definisce l’approccio applicativo utilizzato come un “interruttore” che una volta premuto genera un cambio di stato immediato:
“Le cose andrebbero fatte gradualmente, non come un interruttore, ma far abituare gli infermieri passo dopo passo, ad affrontare questo nuovo carico lavorativo”

6. Conflitti interpersonali e rapporto con i pazienti
Un tema centrale emerso riguarda i conflitti interpersonali e l’impoverimento del rapporto infermiere/paziente, definito come “La depersonalizzazione dell’infermiere”. Gli infermieri coinvolti in questi ritmi aumentati comunicano meno e spesso con informazioni frammentate, riconoscendo in questa situazione l’innesco di una nuova fonte di stress e burnout. Il rapporto tra pari non è l’unico ad essere influenzato dagli elevati ritmi lavorativi: anche il rapporto con gli assistiti ne risente.
“Ieri ho avuto una giornata pesantissima per dire… e non ho parlato con i pazienti”
Le esperienze e le sensazioni descritte dagli infermieri sembrano evidenziare una riduzione del tempo assistenziale dedicato alla costruzione della relazione con gli assistiti. Questa mancanza, secondo un partecipante rischia di cambiare uno dei tratti portanti della professione infermieristica, naturalmente incline alla cura del rapporto con l’assistito, verso una relazione più distaccata.
“L’aumento del lavoro porta a depersonalizzare il nostro lavoro…il rapporto umano con il paziente è zero attualmente… non esiste! E questo va distruggendo quello che è il nostro lavoro per come lo concepisco io”

7. Relazione con l’azienda
L’ultimo tema emerso riguarda la percezione che gli infermieri hanno con la loro azienda. Sebbene risentano del maggior carico lavorativo, gli infermieri intervistati hanno espresso sentimenti positivi nei confronti della propria professione e poi della propria azienda. R., ad esempio, afferma di condividere a pieno la mission del progetto poiché molte persone durante la pandemia non hanno avuto accesso ai servizi sanitari e adesso è il momento di “rimboccarsi le maniche”:
“Le difficoltà di questo periodo mi hanno ricordato perché ho scelto questa professione e hanno rafforzato il senso di appartenenza che ho nei confronti di questo Ospedale”

 

DISCUSSIONE

L’obiettivo principale dello studio è quello di esplorare la percezione degli infermieri coinvolti nel piano di potenziamento dell’attività chirurgica in era post Covid-19 e valutarne l’impatto sulla loro salute organizzativa. Lo studio ha permesso di evidenziare che con l’incremento dell’attività chirurgica inevitabilmente è aumentato il carico lavorativo degli infermieri, esponendoli ad un maggior rischio di burnout. Tuttavia, l’analisi fenomenologica ha permesso di comprendere ulteriormente questi risultati quantitativi, evidenziando che gli infermieri sono consapevoli della necessità di far fronte all’abbattimento delle liste di attesa degli interventi chirurgici, ma sentono di perdere la propria identità professionale. Il carico lavorativo, infatti, comporta una ridistribuzione dei tempi assistenziali, trascurando maggiormente quello dedicato ad instaurare la relazione terapeutica con i propri assistiti, e che ritengono essere una parte fondamentale della professione infermieristica.
Coerentemente con i dati della revisione di Dall’Ora et al. (2020), lo studio condotto ha registrato un aumento del carico lavorativo e un incremento dei livelli di burnout. Era stata già evidenziata una correlazione negativa tra queste due variabili (Dall’Ora et al. 2020). Una possibile influenza su questa associazione può derivare anche dallo staffing, elemento già riscontrato in letteratura come antecedente della salute organizzativa e della qualità delle cure infermieristiche (Zaghini et al., 2020; Aiken et al., 2014). L’eccessiva richiesta e pressione lavorativa espone gli infermieri ad un maggior rischio di burnout ed esaurimento emotivo, con ripercussioni inevitabili sui rapporti con i colleghi e la loro soddisfazione lavorativa. Questo dato viene confermato anche dalla regressione lineare ed è sovrapponibile ai risultati di Kim et al. (2013), in cui gli autori della revisione della letteratura hanno identificato nei conflitti tra i colleghi la principale causa che spinge gli infermieri ad attuare comportamenti controproduttivi ed abbandonare la professione. L’analisi qualitativa dei dati rafforza queste evidenze in quanto, tra i temi principali emersi vi è l’associazione tra la necessità di avere un maggior sostegno organizzativo, in termini di risorse umane e tempistiche per le attività, e un incremento del distress emotivo percepito dagli intervistati, riferito con l’inizio del piano di rilancio dell’attività chirurgica. I risultati qualitativi suggeriscono, inoltre, che gli effetti dell’incremento dell’attività lavorativa si estendono oltre all’alterazione dello stato di benessere degli infermieri, influenzando negativamente altri aspetti, come la qualità e sicurezza delle cure erogate, le relazioni tra colleghi, le relazioni con gli assistiti, e con la professione stessa. Trasversalmente a queste implicazioni riferite dagli infermieri nelle interviste, è emerso il concetto della “depersonalizzazione dell’infermiere”. Questo risulta uno dei principali elementi costituenti la sindrome del burnout (Maslach,1981) ed è correlato alla salute organizzativa e ai carichi lavorativi degli infermieri (Dall’Ora et. al, 2020; Zaghini et al., 2020) e al vissuto frammentato che l’infermiere ha della propria professione. Questa frammentazione appare in prima istanza costituita dalla perdita della relazione con l’assistito e viene successivamente percepita nella ridotta qualità e sicurezza delle cure infermieristiche erogate.
Sebbene siano aumentati i carichi lavorativi e gli infermieri abbiano riferito di essere stressati, le difficoltà riportate dagli intervistati hanno anche generato temi positivi, ovvero il senso di appartenenza alla loro organizzazione e il riconoscimento della propria identità professionale. Queste sensazioni trovano il loro fondamento nel senso del dover rispondere ai bisogni di salute di una popolazione ancora condizionata dalle prime fasi emergenziali pandemiche. Si potrebbe anche affermare che questa spinta motivazionale sia un tratto distintivo della professione infermieristica, tanto che è stata evidenziata anche in un altro studio (Zaghini et al., 2021) ed è stata fondamentale per rispondere alla crisi sanitaria derivante dalla pandemia COVID19 (Jackson et al., 2020). In situazioni stressanti e con carichi di lavoro aumentati, gli infermieri riescono a comprendere le loro mancanze assistenziali, già evidenziate anche in studi precedenti come quelli di Sasso (2017) nel progetto RN4CAST e Aiken (2014) e riescono a riscoprire i valori della propria professione, mantenendo saldi i tratti portanti della propria identità professionale, fondata su valori come compassione, empatia e sollievo della sofferenza (van der Cingel & Brouwer 2021).
Attualmente in Italia sono attivi innumerevoli progetti similari che si basano sull’intensificazione dell’attività assistenziale; tuttavia, la tutela del benessere infermieristico e la qualità e la sicurezza delle cure erogate potrebbero essere trascurate. Molti dei temi emersi nel presente studio, mostrano possibili aree di intervento per incrementare l’attività assistenziale e tutelare il personale infermieristico e gli assistiti. Aspetti gestionali come il rateo infermieri-pazienti, l’appropriatezza della gestione delle risorse umane, e i modelli organizzativi proattivi di lavoro, appaiono come aree cruciali dove focalizzarsi per migliorare il benessere organizzativo infermieristico e la qualità e sicurezza delle cure erogate (Zaghini et al., 2021). Sensibilizzare gli infermieri alla riscoperta dei valori fondanti della professione, migliorare gli aspetti comunicativi tra professionisti e con gli assistiti sono interventi da promuovere e attuare costantemente per migliorare la salute organizzativa degli infermieri, ancora provati dalla pandemia COVID19, e così prevenire il burnout e l’intenzione di abbandonare la professione stessa (Sasso, et.al 2019).

Limiti
I dati ottenuti da questo studio devono tener conto di alcuni limiti. In particolare, il piccolo campione di infermieri che hanno preso parte alla raccolta dati e l’aver condotto lo studio all’interno di un unico ospedale. Pertanto, la generalizzazione dei risultati ad altri contesti lavorativi deve essere effettuata con cautela. Studi futuri dovrebbero arruolare setting infermieristici di differenti regioni italiane e della stessa regione, con un numero maggiore di partecipanti e con un campionamento controllato e che sia rappresentativo delle differenti realtà. Per realizzare un confronto statistico adeguato, sarebbe opportuno avviare studi osservazionali che valutino prima e dopo l’incremento dell’attività chirurgica, le variabili organizzative, come i carichi di lavoro, e del personale infermieristico, in particolar modo del burnout, stress lavoro correlato e qualità di vita lavorativa.

 

CONCLUSIONI

Dopo le fasi più critiche della pandemia COVID-19, questo studio ha permesso di esplorare il complesso vissuto degli infermieri di sala operatoria e reparti di chirurgia sottoposti all’incremento dell’attività chirurgica per l’abbattimento delle liste di attesa. Questa ricerca evidenzia come gli infermieri siano pronti a rispondere alle esigenze dei cittadini, così come accaduto per i pazienti positivi al COVID-19, esponendosi a fonti di stress e burnout, ma coscientemente riconoscendo la mission delle organizzazioni sanitarie e i valori fondanti della propria professione infermieristica.
Lo studio condotto pone anche le basi per promuovere e tutelare il benessere organizzativo infermieristico, anche attraverso interventi proattivi che prendano spunto dal vissuto che gli infermieri hanno riferito. Il proposito per il futuro è stimolare gli infermieri coinvolti in progetti simili a condividere le loro esperienze e a porre un maggiore focus sul tema del benessere lavorativo degli operatori sanitari in una realtà che vede gli infermieri messi a dura prova.

Conflitto d’interesse
Gli autori dichiarano che non sono presenti conflitti d’interesse.

 

BIBLIOGRAFIA

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Gabriele Baccei

RN, MSN Student, Infermiere di Sala Operatoria, Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, Genova, Italia
Perioperative nurse, International Evangelical Hospital of Genoa, Genoa, Italy

Jacopo Fiorini

RN, MSN, PhD, Infermiere di Ricerca, Policlinico Tor Vergata, Roma, Italia
Research Nurse, University Hospital of Rome Tor Vergata, Rome, Italy

Giancarlo Astro

RN, MSN Student, Infermiere, Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, Genova, Italia
Nurse, International Evangelical Hospital of Genoa, Genoa, Italy

Lorenzo Bracco

RN, MSN Student, Settore Formazione e Aggiornamento, Azienda sociosanitaria ligure 1, Sanremo, Italia
Formation and education Office, Health and sociological Care Service ligure 1, Sanremo, Italy

Elisa Roggerone

RN, MSN Student, Infermiere, Ospedale di Ovada, Ovada, Italia
Nurse, Ovada Hospital, Ovada, Italy

Francesca De Lucia

RN, MSN Student, Infermiere, Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, Genova, Italia
Nurse, International Evangelical Hospital of Genoa, Genoa, Italy

Sonia Ottonello

RN, MSN Student, Infermiere, Azienda sanitaria locale di Alessandria, Alessandria, Italia
Nurse, Local Health Care Service of Alessandria, Alessandria, Italy

Francesco Zaghini

RN, MSN, PhD, Infermiere di Ricerca, Policlinico Tor Vergata, Roma, Italia,
Research Nurse, University Hospital of Rome Tor Vergata, Rome, Italy
francesco.zaghini@ptvonline.it

Stefano Poli

PhD, Professore Associato SPS/07, Università di Genova DISFOR, Genova, Italia
Associate Professor of Sociology, University of Genoa DISFOR, Genoa, Italy

Alessandro Sili

RN, MSN, PhD, Dirigente delle Professioni Sanitarie, Policlinico Tor Vergata, Roma, Italia
Nursing Director, University Hospital of Rome Tor Vergata, Rome, Italy