“Perché dovrei fare l’infermiere?” Il senso della professione per le nuove generazioni

“Why should I be a nurse?” The meaning of nursing profession for the new generations

 

Lo studio delle generazioni aiuta a leggere i comportamenti e le attitudini delle persone anche al lavoro: negli uffici, nelle aziende, nelle scuole, negli ospedali. I dati parlano chiaro: al mutare delle generazioni, muta il rapporto con il proprio lavoro.

Non a caso, i Baby Boomers, ossia i nati dal 1946 al 1964, si identificano con la loro professione e l’azienda in cui operano; questa affezione, però, tende a scemare a mano a mano che le generazioni si susseguono. Non per una mancanza di senso del dovere, non per assenza di valori, macché; semplicemente, per la ricerca di diversi equilibri nella vita, che vedono accanto al lavoro un ruolo prioritario anche per le relazioni, la famiglia, gli affetti e il tempo libero.

La Generazione X, ossia i nati dal 1965 al 1980, è quella che ha iniziato a segnare il passo di questi mutamenti, ma è con la Generazione Z (dal 1996 al 2010) che ci troviamo alla fine del percorso: i nostri ragazzi reclamano a gran voce i propri spazi.

In cosa si traduce questo cambiamento generazionale per gli infermieri? È davanti ai nostri occhi: per i boomers fare l’infermiere era quasi un mandato, da svolgere con dedizione, impegno, senza battere ciglio. Ma oggi, dopo che molte battaglie sono state vinte e altrettante chiedono di arrivare a compimento, ci stupiamo di come la professione non abbia appeal per la GenZ. Abbiamo provato con campagne pubblicitarie, video, pagine e pagine di social, ma nessuno – passatemi l’iperbole – vuole fare l’infermiere.

Dal punto di vista di un giovane prossimo all’ingresso nel mondo del lavoro, che vita privata può avere una persona che per tutta la sua carriera resta condizionata dal ritmo dei turni di lavoro? (Ma poi, vogliamo chiamarla davvero carriera, visto che le opportunità di crescita sono miserissime?). Quanto spazio rimane per le relazioni dopo una giornata spesa a sostenere, assistere e valorizzare il paziente? Quanta energia toglie la professione infermieristica?

Niente più infermieri, quindi? Per un lavoro che chiede di essere svolto non come una semplice parentesi della quotidianità, ma come un aspetto determinante della vita del professionista e della sua famiglia, per essere attrattivi occorre di più.

Non parleremo del riconoscimento economico che, va da sé, è alla base della soddisfazione di chiunque, al punto da smuovere i frontalieri, con ospedali che restano sguarniti perché il personale migra verso mete più allettanti. Anche se poi, a ben vedere, non sono solo i frontalieri a cambiare sistema, come dimostra l’esodo del personale sanitario italiano verso l’Arabia Saudita e gli Emirati.

Non parleremo nemmeno della difficoltà di strutturare percorsi di carriera accattivanti, resi teoricamente praticabili dalla formazione universitaria, ma praticamente impossibili da modelli organizzativi stantii, se non addirittura obsoleti.

Parleremo invece del bisogno di guardare avanti e trasformare la professione, facendola evolvere verso nuovi orizzonti: più moderni, in linea con i tempi e i bisogni di una società che non ha più quasi nulla a che vedere con quella di anche soli 30 anni fa. Il mio pensiero va, ad esempio, alla figura dell’infermiere prescrittore, grazie al quale è possibile non solo riconoscere una professionalità sulla carta (perché di fatto l’infermiere è a tutti gli effetti in grado di prescrivere farmaci e dispositivi sanitari), ma soprattutto creare uno scollamento con il passato, nella direzione della deburocratizzazione e della semplificazione e, da qui, arrivare a nuovi modelli organizzativi: più snelli, più efficienti.

Ogni volta che si pensa alla carenza infermieristica si analizzano sistemi astratti senza considerare che le risposte stanno nella quotidianità: in quelle ragazze e quei ragazzi che magari vorrebbero, ma scelgono altro. Perché è una vita dura, quella dell’infermiere. Ma se le si trova un senso, allora la si fa.

Buon lavoro a tutti.

 

Pasqualino D’Aloia

Pasqualino D’Aloia

Presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Milano, Lodi, Monza e Brianza
President of OPI in Milan, Lodi, Monza and Brianza