L’infermiere nell’era “social”

The nurse in the “social” era

Molto spesso l’infermiere si trova ad affrontare nuove sfide, nuove prerogative, sia in ambito clinico-assistenziale, sia in ambito relazionale-riabilitativo. Capita di dover seguire l’evoluzione della specie umana e delle nuove scoperte tecnologiche, non da meno il balzo sociale-antropologico che l’umanità sta vivendo con gli smartphone, amplificatori dei “Social”. Ogni individuo è frutto di millenni di vite vissute con esperienze diversificate e intrecciate tra loro, storie tramandate da generazioni in generazioni, i nostri avi sono stati testimoni di guerre e periodi di pace in cui i popoli vivono insieme, interagendo con modi sempre più sofisticati e virtuosi. Se abbiamo il potere e la responsabilità di controllo sul resto del mondo animale è soprattutto dovuto alla capacità di “tramandare le esperienze” e di comunicare in modo duraturo più ampio e interconnesso. La scrittura e le scoperte tecnologiche hanno influito radicalmente sul modo di interagire tra di noi; la scrittura stampata ha di fatto velocizzato il modo di reperire “le notizie del mondo” rispetto ai manoscritti duplicati nei monasteri. L’uomo ha sempre usato la comunicazione come arma progredita di coordinamento, sia per attaccare che per difendere, in primis per motivi bellici (dispiace sottolinearlo ma è sempre stato il motore della spinta tecnologica) e in seguito per il desiderio di unirci e permettere l’avanzamento via terra, via mare e perfino dell’aria illudendoci di dominare i cieli (la natura è la vera dominatrice con i suoi uragani). È questo il lascito dei nostri antenati del Novecento insieme ai telefoni e cellulari fino ad arrivare ai moderni smartphone. Ma il vero precursore di quest’ultimi è senza dubbio la ragnatela globale di internet che ha permesso di diversificare i modi comunicativi della specie umana, puntando sull’utilità di trasmissione e condivisione dati; altri invece a distruggere e deviare le coscienze. Anche nel XXI secolo la civiltà umana sta attraversando un’evoluzione antropologica-sociale nel modo di comunicare con l’altro e in gruppo. Il “word wide web” è come la madre natura dei software informatici, utilizzata sapientemente da tutte le scienze conosciute dall’uomo e dai cui derivano i “social” riuscendo a comunicare in maniera sempre più complessa e sofisticata, riducendo le distanze e abbassando le barriere culturali-nozionistiche. L’infermieristica deve interrogarsi sugli effetti interattivi dei social analizzando e valutando tutti gli aspetti utili e dannosi per l’uomo, intervenendo con la nostra metodologia sull’agire pratico e relazionale in senso educativo-riabilitativo.
Il paziente ospedalizzato si è infatti evoluto, consulta internet e si informa con amici e parenti tramite facebook, instagram, whatsapp, ect. Se da un lato è stato velocizzato il modo di reperire le notizie e le informazioni, dall’altro bisogna difendersi dalle cosiddette “fake news” aventi lo scopo di deviare l’informazione di massa. Nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura capita spesso di osservare, oltre alle classiche e conosciute dinamiche interpersonali di scambio/baratto comunicativo, gruppi di individui (seppur con disturbi/disagi mentali, anche se ciò ha i suoi risvolti positivi in termini di studio e ricerca sociologica) che si consigliano, si confortano, “si coordinano”. Non fanno altro che “socializzare” rimanendo al passo con il progresso moderno dei network, sicuramente con i sui pro e contro. L’infermieristica deve assolutamente abbracciare il fenomeno, per meglio comprenderlo, processarlo, interiorizzarlo, per poi sviluppare un pensiero ideologico e concettuale. Nell’attualità siamo dibattuti e in fase di confronto sull’uso/abuso dei Social; se non abbiamo un pensiero condiviso e formativo basato sulle evidenze scientifiche, non possiamo sviluppare una metodologia paradigmatica. Ciò è fondamentale per consigliare, educare e promuovere alla collettività le buone norme di comportamento sui social, aiutando e incoraggiando chi ha bisogno di potenziare il “coping efficace” (innumerevoli gli episodi tragici che spingono al suicidio o al tentativo nel farlo). Dobbiamo istruire le nuove generazioni sul corretto uso e approccio alle rete virtuale e nel farlo occorre “reinventarci” per evitare gli abusi, proponendo e promuovendo attività culturali, sportive, ludiche-ricreative; in sostanza dobbiamo creare qualsiasi situazione che porta al raggruppamento di più individui che parlano e comunicano tra loro, che stringono amicizie e si arricchiscono di sentimenti e di esperienze positive. In un quadro più ampio, all’interno di un ecosistema relazionale-sociologico è un’ottima idea coordinarsi con le scuole dell’età adolescenziale per poter operare con la “peer education” sul corretto uso e gestione della vita social. Non da meno il ruolo della famiglia nella dimensione educativa dei ragazzi e dei genitori stessi sull’interfacciarsi a queste piattaforme informatiche e di come utilizzarle correttamente, sapendo differenziare le fonti attendibili dalle fake news. Le scienze infermieristiche devono assolutamente ricercare lo spazio educativo, informativo e riabilitativo anche in questo campo, ripudiare il fenomeno regredirebbe il nostro status scientifico e paradigmatico.

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Marco Adamo

Infermiere di salute mentale, Servizio Psichiatrico di Diagnsi e Cura (SPDC), Ospedale di Desio, ASST di Monza, Italia
RN, Mental health nurse, Psychiatric Diagnosis and Treatment Service, Desio Hospital, ASST of Monza, Italy