L’evoluzione della specie si fonda sul cambiamento. La professione è pronta, anzi prontissima

The evolution of species is based on change. The profession is ready, indeed very ready

 

Per la stesura della Relazione del Presidente presentata all’Assemblea degli Iscritti lo scorso febbraio, abbiamo dovuto fare due conti. I conti della serva, verrebbe da dire, perché, quando i numeri vengono scritti sul foglio e non quadrano, c’è davvero poco da fare.

La popolazione italiana diminuisce e invecchia, il numero degli infermieri disponibili sul mercato a breve non sarà più sufficiente, i cambiamenti paventati non si sono concretizzati come avrebbero dovuto e l’infermiere di famiglia – una vera e propria figura di risposta ai bisogni – stenta a decollare. Sembra un aliante in un giorno senza vento: c’è, ma non si muove.

A guardarlo così, numeri alla mano, il futuro della professione infermieristica mette tristezza. Ma non è la fine; anzi, come ogni fase di crisi ci ha insegnato, può essere l’inizio di qualcosa di nuovo. Nuovo, e giusto.

Ci sono ambiti, infatti, sui quali è possibile intervenire concretamente, anche in tempi abbastanza compressi, per assicurare cambiamenti importanti. La capacità di adattamento è essenziale per la sopravvivenza, e ora è il momento di metterla in atto attraverso quella che considero una vera e propria evoluzione della professione infermieristica. Un’evoluzione che riguarda i profili di competenza, i ruoli nelle diverse strutture sanitarie e sociosanitarie, e i percorsi formativi che possono accompagnare e stimolare questo cambiamento. È un’evoluzione naturale, che possiamo e dobbiamo favorire.

Di cosa parliamo? In primo luogo, di una revisione del Servizio Sanitario Nazionale, che accompagni lo sviluppo della professione infermieristica. È necessario, infatti, individuare le prestazioni infermieristiche da inserire all’interno degli allegati LEA, che definiscono l’elenco delle prestazioni erogabili e le rispettive codifiche. Altrettanto importante è poi che il sistema di remunerazione riconosca la specificità del ruolo degli infermieri nelle organizzazioni. Oggi non si può più chiudere gli occhi di fronte alla forte migrazione (la chiamano “la grande fuga”) di professionisti verso luoghi economicamente più attrattivi come gli Emirati Arabi, il Regno Unito, la Germania, ma anche la vicina Svizzera.

Non solo: è da più di un decennio che si sente parlare nel nostro Paese di “infermiere prescrittore”. In molti contesti europei è già realtà, mentre qui siamo ai blocchi di partenza, nonostante vi siano studi in corso anche in regioni vicine alla nostra con risultati interessanti. Com’è possibile che ancora oggi, con tutte le competenze acquisite e la grande prossimità nei confronti del paziente (prossimità che può certamente favorire l’aderenza terapeutica), non vi sia una norma che sancisca la possibilità di effettuare la prescrizione infermieristica? Pensiamo, banalmente, ai presidi sanitari utili nella pratica assistenziale, come ad esempio presidi per l’incontinenza o protesica minore, o ai presidi di medicazione avanzata. Ma spostiamoci anche verso i farmaci di uso comune come quelli ricorrenti o i farmaci per garantire la continuità terapeutica nelle cronicità. L’infermiere non sarebbe in grado di gestire tutto questo? Non ci credo. In proposito, ci sono interlocuzioni a livello ministeriale, ma intanto il tempo passa e la professione resta inchiodata.

Murata viva, verrebbe da dire, all’interno di modelli organizzativi che prevedono esclusivamente logiche prestazionali ed esecutive, dove la presa in carico della persona e dei loro caregiver rimane un miraggio. E dove la dirigenza infermieristica non ha una posizione di pari livello gerarchico con il management direzionale, e non può quindi partecipare alla funzione di direzione strategica dell’azienda sanitaria e di governo dell’intero processo assistenziale.

L’infermiere, oggi, è sempre più specializzato e orientato alla qualità. È quindi necessaria, anzi, addirittura naturale, l’evoluzione della professione, dei profili di competenza, dei ruoli svolti e dei percorsi formativi. Dire che siamo pronti è un eufemismo. Ce lo aspettiamo, lo desideriamo, lo forziamo, questo cambiamento.

Il tempo ci darà ragione.

 

Pasqualino D’Aloia

Pasqualino D’Aloia

Presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Milano, Lodi, Monza e Brianza
President of OPI in Milan, Lodi, Monza and Brianza