Le vivandiere degli Zuavi francesi: eroine dimenticate

French Vivandières in Zouave regiments: Forgotten heroines

Una Cantiniera francese in Crimea durante la Guerra di Crimea 1855
A French cantinière in the Crimea during the Crimean War in 1855
Uno Zuavo, 1886 (titolo originale Un zouave)
Immagine a Olio di Victor Armond Poirson

Tratto da tesi, Corso di Laurea in Infermieristica, sezione INT, Università degli Studi di Milano

Based on Thesis, Nursing Undergraduate Course, University of Milan, section of Fondation IRCCS National Cancer Institute

 

RIASSUNTO

La figura della vivandiera o cantiniera, è da sempre l’intrepida donna che aiuta i combattenti e rischia la sua vita per prestare loro i primi soccorsi. Al loro interno, le vivandiere degli Zuavi francesi, famoso regimento d’assalto, sono quelle che maggiormente hanno affrontato i pericoli della guerra. Attraverso le metodologie legate all’analisi di temi chiave della ricerca femminista e di genere si possono seguire le tappe fondamentali delle loro vite e del loro contributo dimenticato alla storia dell’assistenza infermieristica. Per tutto il XIX secolo e parte del XX, le cantiniere ebbero un ruolo fondamentale nel prestare i primi soccorsi ai feriti e trasportarli sino agli ospedali da campo. Nonostante esse non avessero una formazione istituzionale, sono state riconosciute, sia dalla legislazione che dalla diaristica e dalle onorificenze militari, come un elemento fondamentale per assistenza ai feriti, grazie alle quali si sono potuti salvare diversi soldati. Queste donne coraggiose non furono mai riconosciute dal Ministero della Guerra francese come tali tanto che furono loro negati anche la pensione e i privilegi militari a cui avevano diritto. La loro presenza, spesso emarginata e dimenticata dalla storia infermieristica, dovrebbe essere maggiormente evidenziata e approfondita in futuri lavori. Parole chiave: Vivandiere, Cantiniere, Zuavi francesi, sanità militare.

ABSTRACT

The figure of the vivandière or cantinière has always been the intrepid woman who helps the fighters and risks her life to give them first aid. Within them, the Cantinières of the French Zouaves, famous assault Régiment d’Infanterie, are the ones who have most faced the dangers of war. Through the methodologies linked to the analysis of key themes of feminist and gender research, it is possible to follow the fundamental stages of their lives and their forgotten contribution to the history of nursing care. Throughout the 19th century and part of the 20th century, the Cantinières played a key role in providing first aid to the wounded and transporting them to field hospitals. Although they had no institutional training, they were recognised, both by legislation and by military diaries and honours, as a key element in the care of the wounded, thanks to which several soldiers were saved. These brave women were never recognised as such by the French Ministry of War, so much so that they were also denied the pension and military privileges to which they were entitled. Their presence, often marginalised and forgotten by nursing history, should be highlighted and deepened in future work. Keywords: Vivandière, Cantinière, French Zouaves, military health care.

In questi giorni in cui ci troviamo nostro malgrado a vivere un momento destinato a rimanere sempre nel ricordo dei posteri, la parola modello o eroe, termini dal sapore antico, sono spesso attribuiti da parte di tutti i media e dai principali social network a tutti i professionisti sanitari che, con scienza e coscienza, affrontano ogni giorno questa terribile sfida al virus COVID 19. Purtroppo però con il passare del tempo, i libri di storia ci insegnano quanto siamo portati a dimenticare chi, tutti i giorni, con dedizione e sacrificio, ha affrontato le indicibili difficoltà della vita, esaltando invece, a seconda del momento politico di necessità, solo taluni personaggi, grandi sì, ma che da soli non avrebbero mai potuto fare nulla. La storia di genere, con il suo intento di dare visibilità al femminile tenuto ai margini delle indagini storiche tradizionali, rientra a pieno nel filone scientifico che si dedica in questi anni al far riemergere figure dimenticate nell’oblio dei tempi. La storia dell’infermieristica poi, come professione spesso radicata nelle ideologie patriarcali sulla femminilità e sul lavoro delle donne, ha da anni creato un’alleanza intellettuale tra le studiose di genere e quelle delle professioni assistenziali (Fowler, 2017). In questo contesto, infatti, diversi sono gli studi fatti da storiche anglosassoni di gruppi di donne impegnate nell’assistenza infermieristica attraverso le metodologie legate all’analisi di temi chiave della ricerca femminista e di genere (come l’intersezione privato/pubblico, identità, corpo, sessualità, ricerca sui gruppi vulnerabili e riconoscimenti sociali) prendendo come assiomi tre grandi idee epistemologiche che nascono dalle metodologie femministe dello studio della storia: c’è una pervasiva mancanza di informazioni sul mondo femminile, la necessità di ri-concettualizzare i fenomeni precedentemente indagati per includere le esperienze delle donne e i tipi di domande di ricerca che vengono poste hanno implicazioni cruciali sia per i risultati ottenuti che per l’azione pratica (Davies, 1991; Florence, 2004; Anchrum et all., 2017). In questa esaltante sfida rientra la ricerca e la riscoperta di donne come le vivandiere, in particolare le vivandiere del temerario reparto degli Zuavi francesi, unità di fanteria della nazione d’oltralpe che dal 1830 al 1957, con la loro leggendaria audacia e i loro colori sgargianti derivanti dell’origine algerina, infiammarono l’epopea romantica attraverso le gesta e il coraggio delle loro azioni. Accanto ai più famosi uomini, nei reparti vi erano anche loro, le vivandiere. Inizialmente chiamate “cantiniere”, termine che iniziò a diffondersi dal 1793, nel 1854 i due nomi vennero utilizzati come sinonimi e solo alla fine del diciannovesimo secolo prevalse quello di vivandiera (Zanola, 2016). La figura “della dispensatrice di cibo” nell’esercito francese della metà del XIX secolo era un elemento già consolidato. Nel Decreto del 30 Aprile 1793 N°804 intitolato: “Décret qui ordonne de congédier des Armées les Femmes inutiles” (la possibilità di congedare le donne inutili da parte dell’Esercito) e composto da 12 articoli, si evidenziano le figure femminili che debbono essere considerate come elementi necessari alla truppa oppure quelle che debbono essere allontanate. Al suo interno si definiscono i numeri massimi di vivandiere, la necessità di quest’ultime di avere una patente, i distintivi delle divisioni d’appartenenza ed l’obbligatorietà di essere sposate a un soldato. Oltre alle loro mansioni istituzionali, ovvero quelli di provvedere al vitto, alla lavanderia e alla distribuzione dei beni di prima necessità anche sui campi di battaglia, tra gli articoli notiamo un’interessante annotazione. Al numero dieci si legge che le vivandiere sono da considerarsi aiuti sanitari a disposizione dei medici e dei chirurghi sia sul campo che negli ospedali militari solo in tempo di guerra (Rondonneau, 1818). Attività queste ulteriormente specificate nel successivo ordinamento reale del 3 maggio 1832 in cui leggiamo le mansioni differenti a seconda del luogo di lavoro: nelle baracche le vivandiere dovevano provvedere all’alimentazione dei soldati, al rifornimento di beni di prima necessità per il loro battaglione e alla cura del vestiario, lavando e rammendando le divise, mentre nei campi di battaglia esse erano inquadrate come vere e proprie “aiutanti della sanità” (Louis, 1863). Inoltre nel Codice sanitario del soldato, scritto dal Dottor Didiot e pubblicato a Parigi nel 1863, le vivandiere vengono citate espressamente come valido aiuto nei campi di battaglia, sia perché forti fisicamente e abituate alle avversità della guerra, ma anche per la loro innata capacità di provvedere alle necessità dei soldati e alle esigenze anche in caso di ferite gravi (Didiot, 1863). Il loro coraggio e l’assoluta dedizione anche in situazioni belliche suscitò da subito sconcerto ed ammirazione tanto che Pierre Larousse, scrittore, enciclopedista e filantropo del XIX secolo, nella sua celeberrima Enciclopedia, considerò quel tipo di donna come un essere appartenente a un “terzo sesso” a qualcosa di androgino, “molto più vicino al sesso forte che al sesso debole” (Larousse, 1889). Poco o nulla si è potuto trovare per quanto riguarda la formazione. Dai documenti non risulta che fosse necessaria alcuna preparazione in campo alberghiero tanto meno in ambito sanitario, anche se esse organizzavano e gestivano ambulanze permanenti e mobili oltre ad essere assistenti dei chirurghi durante le operazioni come le amputazioni, evento all’ordine del giorno (Gullickson, 1996). Le vivandiere erano parte integrante del proprio Reggimento e quindi soldati dell’Impero a tutti gli effetti con l’obbligo di avere una uniforme regolamentare; quelle delle vivandiere degli Zuavi era di color blu con bande gialle. Erano le uniche donne che potevano indossare pantaloni e anche ad essere autorizzate a possedere un’arma bianca, senza dimenticare la leggendaria ed immancabile piccola botte che conteneva all’interno aquavite, un composto formato da acqua e aceto (Giorda, 2016). Altro elemento fondamentale era che, come ogni altro soldato regolare, anche le cantiniere erano soggette alla corte marziale e da essa giudicate. Secondo una sentenza dell’12 giugno 1841 infatti, nonostante fossero donne, esse potevano essere giudicate e condannate come un qualsiasi militare (Massabiau, 1862). Le memorie personali dell’epoca, come le testimonianze storiche e sociali facenti parte della diaristica, sono piene di episodi di vivandiere coraggiose che, con accuratezza e ardore, assistono soldati feriti e che li traggono in salvo sprezzanti del pericolo. A dispetto di tutto ciò, esse non ricevettero mai un riconoscimento ufficiale. Il Ministero della Guerra francese rifiutò sempre di pagare le cantiniere per i loro innumerevoli servizi di soccorso. Le leggi del 1793, 1832 e 1854 che legalizzavano la loro presenza con l’esercito, non stipularono alcun compenso per il loro operato sanitario, se non per il ristoro che fornivano ai soldati. La maggior parte delle vivandiere lo scoprirono solo quando, presentando domanda di pensionamento, appresero che l’esercito a cui avevano dedicato la vita, non le riconosceva come membri. La loro libertà inquietò da subito le gerarchie politiche e militari. Le cantiniere, in effetti, furono le uniche donne del Secondo Impero a possedere delle proprietà, poterono gestire delle attività commerciali in completa autonomia, indossarono i pantaloni, viaggiarono ampiamente e in genere vissero vite radicalmente diverse da quelle della maggior parte delle donne dell’epoca. Esse non furono mai convenzionali: per le cantiniere il matrimonio era solo un mezzo per potersi realizzare come professioniste e la maternità era considerata come un qualcosa di superfluo. Esse non badarono mai a ciò che la società imponeva loro e per questo le maggiori istituzioni decisero che in quanto soggetti scomodi era meglio depennarle del tutto dall’ambiente militare. Cosi con la fine del Secondo Impero e l’inizio della terza Repubblica iniziò il processo di cancellazione della donna “militarizzata”. Esse iniziarono ad essere sostituite dagli uomini e fu loro vietato d’indossare la divisa. Ne l’esercito, né la società volle più che queste donne fossero presenti. Ma è impossibile per noi dimenticare che, a differenza delle precorritrici della professione infermieristica dell’epoca, le vivandiere non stavano nelle retrovie ma sul campo di battaglia, distribuendo gallette, munizioni ma anche aiuti e supporti d’assistenza. Molte rimasero ferite o uccise ed un gran numero di loro venne decorato per il coraggio ed il senso del dovere profuso nell’andarsi a prendere i feriti, con le loro carrette, fin sulla linea del fuoco. In tutti gli scontri bellici avvenuti nel Risorgimento italiano, innumerevoli sono gli episodi in cui vengono segnalate le attività assistenziali e spesso eroiche delle donne cantiniere: Madame Cros. Perrine, medaglia al valor militare e con lei Madame Rossini Jeanne Marie e Madame Trimoreau Minlinière Madeleine, prime donne a ricevere questa onorificenza nella storia militare francese. Madame Calvet, Madame Devron, Madame Jarrethout, Madame Perrot e tante tante altre, dimenticate dai più, ma mai da chi hanno assistito o salvato. Ricostruire le loro vite e la loro presenza nella storia dell’assistenza infermieristica, nonostante la difficoltà oggettiva di reperire materiale, risulta un doveroso contributo al loro insegnamento per le donne che le susseguirono. Se non fosse per l’opera lirica di Gaetano Donizetti «La figlia del Reggimento» o la canzone popolare risorgimentale «La Bela Gigogin», la cui protagonista era una vivandiera dei Bersaglieri, nessuno saprebbe che esse siano mai esistite anche nell’esercito del bel paese né quanto fossero presenti nel vissuto storico della nostra nazione (Celeri Bellotti, 2014). Donne che un tempo sacrificarono la propria vita per gli altri, che durante i combattimenti andavano direttamente sulla linea del fuoco a soccorrere i feriti medicandoli e successivamente trasportandoli nelle ambulanze da campo. Come allora, anche noi oggi, sempre in prima linea contro un nemico diverso ma ugualmente letale. Grandi avvenimenti, di cui la storia si nutre; circostanze ideali per la nascita di leggende e miti che alimentano la nostra fantasia. E cos’è, se non la curiosità di andare fino in fondo, di far luce sul sottile confine che divide il mito alla realtà, che accende in noi il desiderio di conoscenza? E quale sarà la conoscenza che vorremo noi, storici contemporanei, tramandare per non far dimenticare i piccoli grandi eroi di tutti i giorni?

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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  • Zanola, E. (2016) Donne sui campi di battaglia: le vivandiere. Bollettino della società di Solferino e San Martino, pag 20-26 [online] disponibile su: https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf

IMMAGINI

Una Cantiniera francese in Crimea durante la Guerra di Crimea 1855 (Titolo originale: A French cantinière in the Crimea during the Crimean War in 1855). Fotografia di Rogen Fenton.
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Uno Zuavo, 1886 (titolo originale Un zouave) Immagine a Olio di Victor Armond Poirson
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MariangelaGiancitano

Mariangela Gancitano

Infermiera, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
Nursing Degree, RN, Foundation IRCCS National Cancer Institute, Milan
AnnaLaTorre_web

Anna La Torre

Presidente Associazione Europea di Storia dell’assistenza infermieristica
EAHN President, European Association for the History of Nursing
latorretintori@gmail.com

Luisa Pancheri

Direttore didattico, Corso di Laurea infermieristica, sezione INT, UNIMI, Milano
Director, Nursing Undergraduate Course, University of Milan, section of Foundation IRCCS National Cancer Institute, Milan