Iperossia e PSILI: le minacce nascoste dell’ossigenoterapia

Hyperoxia and PSILI: hidden threats for patients undergoing oxygen therapy

 

La pandemia SARS-CoV-2 ha dimostrato chiaramente agli addetti al settore – ma anche a tutta la popolazione – come la somministrazione di ossigeno sia di vitale importanza per il mantenimento delle funzioni vitali. Contemporaneamente, questo aspetto ha sollevato anche molte discussioni, proiettando luci e ombre su alcune certezze che consideravamo adamantine e stimolando gli operatori sanitari ad una serie di riflessioni: esiste una sola tipologia di sindrome da distress respiratorio (ARDS)? Esiste un solo modo di trattare questa patologia? Qual è il modo più sicuro ed efficace di fornire ossigeno ai pazienti? Ritengo che una moderna e completa assistenza al paziente sottoposto ad ossigenoterapia non possa prescindere dalla conoscenza delle complicazioni e dei rischi legati a questa terapia. Se è vero ed anche ovvio che la diagnosi di ARDS 1 e la relativa prescrizione della terapia (ossigenoterapia e/o ventilazione) 2 sono atti di pertinenza medica, è altrettanto vero che il monitoraggio del paziente è da sempre un compito chiave nonché un fondamento imprescindibile dell’assistenza infermieristica. Fra le complicanze generalmente più sottovalutate ne annoveriamo due: l’iperossia e le lesioni polmonari autoprocurate dal paziente (PSILI, Patient Self Inflicted Lung Injuries). L’iperossia si presenta con un quadro clinico caratterizzato da un elevata concentrazione di ossigeno nei tessuti. La tossicità dell’ossigeno, specialmente se somministrato a concentrazioni elevate per tempi prolungati, è un fenomeno conosciuto da tempo e ben noto in letteratura1. Specificatamente, nei polmoni, l’esposizione a FiO2 > 0.60 per un tempo superiore alle 24 ore è responsabile del cosiddetto effetto Lorrain Smith, che può condurre ad una progressione della difficoltà respiratoria fino a una vera e propria ARDS, conseguente ad infiammazione del tessuto polmonare generante edema, atelectasia e stress ossidativo 2. Ovviamente, non si tratta di mettere in discussione la scelta clinica (dettata da quadri di ipossia severa) di somministrare ossigeno ad elevate concentrazioni, quanto di come questo possa esporre i pazienti a rischi di danno tissutale.
In questo contesto, diventa perciò essenziale saper valutare l’insorgenza di sintomi riferibili ad una progressione del danno polmonare quali variazione nel ritmo e modalità degli atti respiratori, dispnea, incapacità a mantenere adeguati livelli di saturazione, fatica, dolore al torace ecc. L’iperossia è facilmente rilevabile all’emogasanalisi osservando valori di PaO2 > 100 mmHg o sospettata se presenti valori di saturazione elevata (cut-off non chiaramente individuato in letteratura). Naturalmente, prevenire l’iperossia parrebbe più vantaggioso che trattarla, tant’è che più autori suggeriscono che la somministrazione di ossigeno sia inserita in sistemi “track and trigger” 3,4, attività cioè, nelle quali l’osservazione di un dato comporta necessariamente il compimento di un’azione5. Potrebbe essere di particolare interesse, nonché in linea con le più attuali linee guida internazionali 6, ipotizzare un nuovo modo di somministrare ossigeno, abbandonando cioè la prescrizione fissa in favore di una prescrizione mirata all’ottenimento di un valore di saturazione target creando così una dimensione in cui “….Il personale che somministra ossigeno (di solito infermieri, ostetriche o fisioterapisti) deve essere formato ed abilitato a regolare la concentrazione di ossigeno, se necessario, per mantenere il paziente nel range di saturazione target…( T.d.A)” 7. La pericolosità delle PSILI, invece, è molto più manifestae molti hanno avuto modo di osservarla durante l’assistenza ai pazienti affetti da COVID-19 2. Similarmente alle Ventilator Induced Lung Injuries (VILI), le PSILI sono in grado di provocare danni al parenchima polmonare (tipicamente barotrauma, volotrauma, atelectrauma e biotrauma) con la differenza che, se le prime possono essere generate o esacerbate dall’utilizzo di una ventilazione artificiale – sia essa invasiva 8 o non invasiva 9 – le seconde sono generate dal paziente stesso che, nell’incapacità di ridurre il suo drive respiratorio, si procura dei danni polmonari dovuti all’ elevato sforzo nella respirazione e alle sue risultanti: alti volumi correnti e violente variazioni della pressione transpolmonare 10. Ne consegue perciò che tutti i pazienti in ossigenoterapia, in ventilazione non invasiva (HFNC, CPAP o NIPPV) o in ventilazione meccanica non controllata, qualora non si fosse in grado di “modulare” la frequenza e l’intensità degli atti respiratori, potrebbero andare incontro a questa temibile complicanza. È quindi opportuno che, durante il monitoraggio dei pazienti sottoposti ad ossigenoterapia, ci si soffermi ad osservare lo sforzo respiratorio compiuto dal paziente, ricercando tutti quegli indicatori di alterata meccanica respiratoria: iperpnea, polipnea, tachipnea, tirage e segno di Hoover 11. In ambiente intensivo, e laddove ce ne fosse la possibilità, è possibile utilizzare il monitoraggio della pressione trans-esofagea 12 (o un suo attendibile surrogato, la PVC 13). Di particolare interesse in questo contesto, inoltre, l’utilizzo dell’ecografia per la valutazione della meccanica diaframmatica 14. In conclusione, riflettere su questa esperienza potrebbe essere uno dei drammatici insegnamenti dell’aver assistito pazienti COVID 19. I tempi sembrano maturi per modificare il concetto di assistenza al paziente sottoposto ad ossigenoterapia: da semplici “esecutori” (posizionando maschera di Venturi 50%, 10 lt/min e assicurando controllo orario di saturazione e frequenza respiratoria) a parte attiva e dinamica dell’equipe clinica. “…L’uso sicuro dell’ossigeno comprende un’attenta valutazione del dispositivo di erogazione appropriato (maschera, cannule, ecc.). Un intervallo target di ossigeno dovrebbe essere prescritto per tutti i pazienti ricoverati. La modalità e la frazione di ossigeno erogati dovrebbero essere variati da infermieri specificamente formati, al fine di raggiungere la saturazione target prescritta… (T.d.A)” 15.

BIBIOGRAFIA

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Davide Giustivi

Infermiere,
Pronto Soccorso,
ASST Lodi
RN, A&E Department,
ASST Lodi (Italy)
davide.giustivi@gmail.com