Il caregiver burden nei caregiver di assistiti con lesione midollare: una revisione narrativa

The burden of caregivers of individuals with spinal cord injury: a narrative review

RIASSUNTO

Introduzione. Le persone con lesione midollare richiedono un’importante assistenza che è spesso fornita dal caregiver; ciò può generare l’instaurarsi del burden e la presenza di una compromissione nella qualità di vita del caregiver. L’obiettivo è di indagare la qualità di vita ed il caregiver burden nei caregiver degli assistiti mielolesi e di analizzare gli strumenti di valutazione comunemente utilizzati in letteratura per valutare il caregiver burden. Metodi. Revisione narrativa sulle principali banche dati biomediche quali PubMed, Cinhal, PsycInfo. Risultati. I caregiver delle persone mielolese sono spesso informali, più frequentemente donne e appartenenti alla quarta decade d’età. La qualità di vita dei caregiver di persone con lesione midollare risulta essere compromessa negativamente nelle tre dimensioni. Il caregiver burden è influenzato dallo stato di salute del caregiver e della persona mielolesa, da fattori socioeconomici e dagli stili di coping. Numerosi sono gli interventi di prevenzione e di gestione del caregiver burden, così pure numerose risultano essere le scale di valutazione del fenomeno. Discussioni. La presenza del caregiver burden e la compromissione della qualità di vita nei caregiver di persone con lesione midollare è rilevante. Riducendo però il burden percepito, si potrebbe promuovere la qualità di vita del caregiver. Tra gli interventi, l’educazione sanitaria, il supporto sociale ed il problem solving sono quelli ritenuti maggiormente efficaci dalla letteratura ed applicabili al contesto italiano. Non emerge uno strumento gold standard per la valutazione del caregiver burden ma nei caregiver di persone mielolese, la CBI-SCI (Caregiver Burden Inventory in Spinal Cord Injuries) potrebbe rappresentare la scala di valutazione più idonea. Parole chiave. Qualità di vita, caregiver, caregiver burden, lesione midollare.

 

ABSTRACT

Background. Patient with spinal cord injury require a great assistance often provided by the caregiver; that element may generate a significant burden on caregivers and a compromission in caregiver’s quality of life. The purpose is to assess quality of life and caregiver burden in caregiver of people with spinal cord injury and to analyze assessment instrument for caregiver burden most commonly used in literature. Methods. Narrative review on the main biomedical databases such as PubMed, Cinhal, PsycInfo. Results. The caregivers of people with spinal cord injury are often informal caregiver, more frequently women, aged 40-50 years. The quality of life of caregivers of people with spinal cord injury is compromised in all three dimensions. The caregiver burden is influenced by health state of the caregiver and the person affected by the disease, socioeconomic factors and coping styles. There are many interventions for the prevention and management of the caregiver burden, as well as the instrument for assessment of caregiver burden. Discussion. The presence of caregiver burden and impaired quality of life in caregivers of people with spinal cord injury is relevant. Quality of life of the caregiver could be promoted by reducing the perceived burden. Among the interventions for burden prevention and management, health education, social support and problem solving are those considered most effective by the literature and applicable to the Italian context. Identify a gold standard tool for assessing the caregiver burden in the caregivers of people with spinal cord injury is impossible but, the Caregiver Burden Inventory in Spinal Cord Injuries could represent the most suitable assessment scale. Keywords. Quality of life, caregiver, caregiver burden, spinal cord injury.

 

BACKGROUND

La lesione midollare (LM) – in inglese Spinal Cord Injury (SCI) – è una complessa condizione medica e di vita, che colpisce ogni anno da 250.000 a 500.000 persone nel mondo; (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015) è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come una qualsiasi lesione del midollo spinale, del cono midollare e della cauda equina. (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015) La LM da trauma può avere molteplici cause differenti, tra cui cadute, incidenti stradali, infortuni sul lavoro e nello sport, atti di violenza, (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015) e si verifica quando una forza fisica diretta danneggia le vertebre, i legamenti o i dischi della colonna vertebrale, provocando ecchimosi, schiacciamenti o lacerazioni del tessuto midollare, oppure in caso di corpi penetranti nel midollo spinale (ad esempio, un colpo di fucile o una ferita da arma da taglio). (Wilberger e Mao, 2019) La LM non traumatica, invece, solitamente deriva da altre patologie, quali malattie infettive, tumori, malattie muscolo-scheletriche come l’osteoartrite, e problemi congeniti come la spina bifida. (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015)
Segno cardine della lesione del midollo spinale è l’integrità della funzione neurologica al di sopra della lesione, che risulta invece assente o significativamente diminuita al di sotto della stessa. (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015; Wilberger e Mao, 2019)
A fronte della loro nuova condizione di salute, le persone con LM richiedono un’importante assistenza, che spesso viene erogata da familiari ed amici. (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015) È essenziale che i caregiver mantengano il benessere delle persone con “PLM”, tanto quanto la propria partecipazione sociale nella comunità. Le fatiche dei caregiver potrebbero però causare severi distress psicologici e costituire un fardello significativo, specialmente per coloro che non sono pronti a ricoprire questo ruolo, (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) andando a generare il fenomeno chiamato “caregiver burden”, definito come “la misura in cui i caregivers riconoscono che il caregiving ha alterato negativamente la loro funzionalità emozionale, sociale, finanziaria, fisica e spirituale”. (Lynch e Cahalan, 2017) Inoltre, i caregiver delle persone con LM sono frequentemente esposti a carichi di tipo fisico, a causa della natura delle attività quotidiane che essi svolgono; assistere una PLM, a seconda del livello di dipendenza, può essere fisicamente ed emotivamente estenuante ed avere ripercussioni psicologiche come ansia e depressione che possono incidere sull’assistenza fornita (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019; Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015) e causare un peggioramento nella qualità di vita (QoL) del caregiver.

 

OBIETTIVI

Ci si propone di indagare il fenomeno del burden nei caregivers degli assistiti con lesione midollare; un secondo obiettivo sarà, invece, l’analisi degli strumenti di valutazione, più comunemente utilizzati in letteratura, volti a valutare il caregiver burden in questa categoria di soggetti.

 

METODI

Per raggiungere lo scopo è stata condotta una revisione della letteratura. Nella stesura dell’impianto teorico della ricerca si è strutturato il quesito di ricerca sulla base dell’acronimo PICO di seguito riportato:
P: Caregiver di assistiti con lesione midollare
I: Valutazione del caregiver burden
C: //
O: Miglioramento della QoL e del caregiver burden
La ricerca bibliografica è avvenuta tra gennaio e marzo 2021 interrogando le principali banche dati di interesse biomedico, infermieristico e psicologico quali Pubmed, Cinahl e PsycInfo, con l’utilizzo degli operatori booleani (AND, OR) e di termini Thesaurus, ove disponibili. In assenza di termini Thesaurus, sono state utilizzate parole chiave quali “caregivers”, “coping”, “burden”, “resilience”, “stress”, “quality of life”, “spinal cord injury”, “caregiver burden”, limitando la ricerca ai campi titolo e abstract. I filtri utilizzati, su ognuna delle banche dati consultate, sono stati di tipo linguistico, limitando la ricerca a documenti in lingua italiana, inglese e portoghese, e temporale sull’anno di pubblicazione dal 2011 al 2021.
L’interrogazione dei database biomedici è stata quindi eseguita secondo le modalità e gli esiti illustrati in Tabella 1. Per i database Pubmed, CINAHL e PsycInfo, i risultati totali ottenuti dall’inserimento delle diverse stringhe di ricerca sono stati rispettivamente 117, 74 e 15, mentre un documento è stato reperito sul sito istituzionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I risultati sono stati sottoposti ad un processo di selezione, come illustrato in Figura 1, selezionando solo i documenti:

  1. che riguardano la QoL dei caregiver delle PLM o il caregiver burden;
  2. che includono strumenti o metodi di valutazione del caregiver burden nei caregiver di PLM.

I criteri di esclusione sono invece:

  1. risultati con focus di ricerca esclusivo sulla QoL della PLM
  2. risultati focalizzati sul caregiver burden in caregiver di soggetti con altre patologie

Sono quindi stati ritenuti validi per l’inclusione 25 documenti, valutati con lettura integrale da parte di due autori, che hanno proceduto all’analisi e sintesi in tabelle sinottiche.

 

 

RISULTATI

L’analisi dei documenti ha permesso di individuare 5 variabili fondamentali che verranno di seguito analizzate.

Caratteristiche dei caregiver di assistiti con LM
La letteratura è tendenzialmente concorde nel riportare che i caregiver di PLM sono più frequentemente di genere femminile e appartenenti alla quarta/quinta decade d’età, come dimostrato da diversi studi condotti in Brasile, Thailandia, Italia. (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019; Lynch & Cahalan, 2017; Nogueira et al., 2016; Rattanasuk et al., 2013) Difatti, più dell’80% degli assistenti di persone con paraplegia traumatica è femmina, generalmente le mogli o a volte sorelle, e più della metà sono caregiver esclusivi. Sono quindi le donne, legate alla PLM da un rapporto affettivo o di sangue, ad eseguire la maggior parte dei compiti assistenziali.(Organizzazione Mondiale della Sanità, 2015)
Il caregiving si configura spesso come un’attività estremamente impegnativa in termini di tempo e risorse. Secondo Lynch e Cahalan, il tempo dedicato al caregiving varia da 42 a 79h a settimana. (Lynch & Cahalan, 2017) Le attività di caregiving includono l’igiene personale, l’affrontare o prevenire le complicanze secondarie alla LM, l’aiutare la PLM ad esprimere i propri sentimenti, l’incoraggiare le attività di cura di sé per valorizzarla e creare fiducia, il promuovere lo svago per ridurre lo stress ed il provvedere al supporto economico. (Rattanasuk et al., 2013)
Il forte impatto economico, risultante dalla riduzione delle ore lavorative, con la ricerca di lavori più flessibili o dall’abbandono del posto di lavoro per dedicarsi al caregiving, è un fattore rilevante descritto in diversi studi: si verifica infatti una diminuzione del salario del caregiver con un diretto effetto sulla posizione socioeconomica (Tough et al., 2020) fino all’accumulo di debiti finanziari. (Rattanasuk et al., 2013) In Italia, da uno studio condotto su 55 caregivers di PLM emerge che più di due terzi del campione aveva riportato un peggioramento del livello economico nell’anno precedente l’osservazione. (Maitan et al., 2018) I costi correlati alle LM ed il bisogno di assistenza continua da parte delle PLM possono sottoporre i caregivers ad ulteriore peggioramento economico e ridurne la partecipazione sociale. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019)
La presenza di un caregiver formale può dare sollievo alle famiglie dalla situazione di distress soprattutto psicologico, conseguente all’attività assistenziale, ma i dati dimostrano che il ricorso a questa figura avviene in meno del 25% dei casi; (Conti et al., 2021) una motivazione che sottostà a questo è la percezione da parte dei caregiver informali che il livello di assistenza offerto dai caregiver retribuiti sia inferiore rispetto alle attenzioni e alle cure fornite dai familiari: i caregiver formali, infatti, sono spesso considerati dai familiari come meno propensi ad andare “oltre” alle attività pratiche previste dal loro contratto. (Lynch & Cahalan, 2017)

Caregiver burden e fattori influenzanti
Il burden del caregiver è un concetto multidimensionale, che può essere classificato in due categorie: burden oggettivo e soggettivo. Il burden oggettivo consiste nelle conseguenze valutabili universalmente come il calo delle risorse finanziarie o l’alterazione della vita familiare e le attività collegate all’assistenza alle PLM. Il burden soggettivo, invece, sono le conseguenze psicologiche come il distress emozionale o la depressione riportati dagli stessi caregivers. (Khazaeipour et al., 2017)
Il burden che scaturisce dalla lesione midollare è considerevole, non si limita al solo paziente ma si estende anche al caregiver ed ai membri della famiglia. (Notara, Vagka e Kotroni, 2012)
Dall’analisi degli articoli emerge che il caregiver burden è un fenomeno molto diffuso tra i caregivers di PLM, con percentuali superiori all’88% dei caregiver di PLM che manifesta un burden dal grado lieve-moderato fino ad un livello grave. (Khazaeipour et al., 2017)
Quasi tutti gli studi analizzati sono concordi nel definire che fattori di rischio per lo sviluppo del caregiver burden siano l’età più avanzata del caregiver (Charlifue et al., 2016; Conti, Clari, Nolan, et al., 2019; Khazaeipour et al., 2017) e il genere femminile. (Charlifue et al., 2016; Conti, Clari, Nolan, et al., 2019) Rispetto al grado di parentela, i genitori caregivers presentano maggiore burden rispetto alle mogli o altri membri della famiglia. (Khazaeipour et al., 2017)
Inoltre, anche il basso livello di istruzione, la convivenza con la PLM, la depressione, l’isolamento sociale, lo stress finanziario, il grado di dipendenza della PLM, la necessità di supporto e l’impossibilità di scegliere se assumere o meno il ruolo di caregiver possono avere un’influenza negativa sullo sviluppo del caregiver burden. (Charlifue et al., 2016; Conti, Clari, Nolan, et al., 2019; Conti et al., 2021; Khazaeipour et al., 2017; Rodakowski et al., 2012) Alcuni fattori considerati, come la necessità di lavorare fuori casa o uno stato di salute dell’assistito maggiormente compromesso, possono peggiorare il caregiver burden, mentre altri, come l’attivazione di servizi di supporto domiciliare o sociale, il vivere in una casa di proprietà ed il percepire gli aspetti positivi del caregiving, possono avere un impatto positivo, alleviandolo. (Conti et al., 2021; Tough et al., 2020)
Solo Secinti et al, nei risultati di uno studio coinvolgente 100 caregivers, affermano che l’età del caregiver, il genere, il livello di istruzione, la salute fisica ed il reddito non hanno predetto in maniera significativa i sentimenti di depressione o il burden del caregiver. (Secinti, Yavuz e Selcuk, 2017)
Lo stato di salute del caregiver ed il caregiver burden sono due aspetti che si influenzano vicendevolmente: ad esempio, considerando il contesto italiano, Maitan et al., evidenziano che il caregiving di PLM spesso genera caregiver burden e che quest’ultimo vada ad influenzare lo stato di salute dei caregivers, (Maitan et al., 2018) mentre da un altro studio si deduce che il peggiore stato di salute del caregiver è associato con alti livelli di burden. (Rodakowski et al., 2012) Anche il numero di ore dedicate al caregiving e il tempo trascorso dalla lesione midollare hanno un’influenza sullo sviluppo del burden. (Khazaeipour et al., 2017) Diviani et al, considerati i dati raccolti dal sondaggio nazionale somministrato ai caregivers di pazienti con lesione midollare nel 2016 in Svizzera, affermano che le ore spese nell’attività di caregiving in media erano 20 a settimana e complessivamente il burden associato alle attività di caregiving è stato valutato basso. (Diviani et al., 2020) Al contrario, in un altro studio si dichiara che i caregivers che provvedevano alle cure da più di 3 anni e quelli che prestavano assistenza per più di 8 ore al giorno hanno mostrato maggiori livelli di burden. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019) Secondo Khazaeipour et al. all’aumentare del tempo trascorso dalla lesione corrisponde un aumentato livello di burden. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019; Khazaeipour et al., 2017)
La letteratura è tendenzialmente concorde nel definire che il livello di supporto fornito alla PLM ed il grado di dipendenza della persona con LM sono identificati quali fattori predittivi del caregiver burden; maggiori livelli di burden percepito si evidenziano nei caregivers che assistono una PLM affetta da tetraplegia e lesioni incomplete (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019; Khazaeipour et al., 2017) e nei caregiver di soggetti che presentano un alto livello di dipendenza nelle attività di vita quotidiana (Baker et al., 2017; Castellano-Tejedor & Lusilla-Palacios, 2017; Maitan et al., 2018; Rattanasuk et al., 2013; Rodakowski et al., 2012) Oltre al livello di dipendenza, la letteratura evidenzia la correlazione diretta tra le complicanze secondarie fisiche conseguenti alla LM ed il caregiver burden, (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019; Nogueira et al., 2012) mettendo in luce l’importanza di ridurre le complicanze secondarie, non solo per il beneficio della PLM ma anche per proteggere il benessere della famiglia caregiver. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019)
Gli aspetti psicologici sono fattori predittivi fondamentali del caregiver burden. Anche se i caregivers delle PLM mostrano una traiettoria di adattamento allo stress, caratterizzata da una riduzione significativa del distress psicologico ed aumento della QoL col passare del tempo, il livello del caregiver burden rimane invariato nel tempo. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019)
Nel tempo infatti emergono le diverse sfide emozionali, psicologiche e relazionali che scaturiscono dopo la lesione midollare, sia per l’assistito che per il suo caregiver, che richiedono lo sviluppo di nuove strategie di coping: se il caregiver e l’individuo con lesione midollare collaborano uniti potrebbero sviluppare strategie di coping efficaci in grado di sostenere la loro stessa relazione. (Jeyathevan et al., 2019) In letteratura, ad esempio, emerge che vi è una relazione tra lo stress e l’ansia ed il coping religioso, suggerendo che quest’ultimo possa costituire un fattore mitigante l’ansia e lo stress; i risultati dello stesso studio hanno mostrato che vi è una significativa relazione tra il coping religioso ed il livello del care burden, suggerendo che, ad alto livello di coping religioso segue un basso punteggio del care burden. (Hatefi et al., 2020)
Un altro aspetto indagato risulta essere la resilienza: secondo lo studio di Elliott et al., i caregivers resilienti hanno riportato meno ansia, minori problemi di salute e meno sentimenti negativi rispetto agli altri caregivers durante il primo anno di caregiving; (Elliott et al., 2014) Castellano-Tejedor e Lusilla-Palacios hanno ottenuto risultati simili, riportando che livelli più alti di burden erano significativamente correlati ai più bassi livelli di resilienza e soddisfazione di vita. (Castellano-Tejedor e Lusilla-Palacios, 2017)
Un altro importante fattore predittivo del caregiver burden è stato il livello di depressione, che è direttamente proporzionale al livello di burden. (Secinti et al., 2017) In particolare, maggiore era la depressione, minore il supporto sociale, minore il reddito e maggiore la dipendenza dell’assistito, maggiore era il caregiver burden. (Secinti et al., 2017) Al contrario, i caregivers che hanno riportato di sentirsi utili, importanti e sicuri hanno anche riportato minori livelli di burden. (Rodakowski et al., 2012)
Anche gli aspetti socioculturali possono avere un impatto sullo sviluppo o la progressione del caregiver burden. Martin et al. riportano che i caregivers con una bassa posizione socioeconomia sono più a rischio di sviluppo di caregiver burden. (Tough et al., 2020) Vi è inoltre una relazione tra il burden e lo stato occupazionale delle PLM: il caregiver burden era più basso quando la PLM aveva un lavoro. (Khazaeipour et al., 2017) Alti livelli di integrazione sociale e di supporto sociale sono associati con i più bassi livelli di burden (Rodakowski et al., 2012) e la ricezione di supporto sociale, sia da amici che da parenti è un importante target di intervento al fine di diminuire il burden del caregiver. (Secinti et al., 2017) Infine, Maitan e colleghi, considerando l’aspetto sociale, affermano che vi sono molti problemi riguardanti la partecipazione alle attività sociali legati a motivi fisici, emozionali così come alla depressione ed al nervosismo. (Maitan et al., 2018)
La letteratura ha inoltre evidenziato anche il fattore dell’istruzione. Infatti, Martin et al. affermano che i livelli di istruzione sia del caregiver che dell’assistito sono risultati importanti nel determinare il caregiver burden oggettivo. Gli assisiti con maggiore livello di istruzione hanno una maggiore abilità nel gestire la propria salute, nel ricavare informazioni, nell’accedere a supporti di tipo formale, nella comunicazione con il personale sanitario, richiedendo meno attività di caregiving. Inoltre, i caregivers con una maggior livello di istruzione possono essere più abili nel coping riducendo il burden. (Tough et al., 2020) Tra i caregivers che effettuano ricerche di informazioni, coloro che avevano una maggiore conoscenza in merito alla patologia presentavano anche livelli più bassi di caregiver burden ed un maggiore livello di soddisfazione per il proprio stato di salute. (Diviani et al., 2020) Al contrario, i caregivers con basso livello di istruzione hanno mostrato maggiori livelli di burden. (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019)
Il caregiver burden si è dimostrato essere un forte fattore predittivo della QoL dei caregivers di PLM: riducendo quindi il burden percepito, si potrebbe promuovere la QoL del caregiver. (Conti et al., 2021)

Interventi di prevenzione e gestione del caregiver burden
L’analisi della letteratura evidenzia anche gli aspetti indagati quali possibili interventi volti a ridurre il caregiver burden o a prevenirlo.
La letteratura ha fatto emergere come l’informazione sia ritenuta fondamentale dai caregiver e possa costituire un importante fattore utile alla riduzione del caregiver burden. I caregivers ricercano diverse informazioni inerenti la patologia, le modalità per adattare la propria casa, i dispositivi di assistenza, l’aspetto finanziario ed assicurativo da diverse fonti. Affinché le informazioni possano realmente avere un impatto positivo sull’esperienza di caregiving, i caregiver dovrebbero essere anche capaci di capire l’informazione stessa nella sua applicabilità. Dato l’impatto positivo che l’informazione può avere sul burden percepito, si conferma la sua importanza soprattutto come intervento volto ad aiutare i caregivers: (Diviani et al., 2020) difatti, possedere informazioni di salute è importante per il caregiver, il quale deve provvedere all’assistenza e spesso imparare prestazioni sia mediche che infermieristiche; una mancanza di tali informazioni può comportare un stato di frustrazione e di ansia riguardo le conseguenze a breve e a lungo termine della patologia. (Coffey et al., 2017)
Da uno studio qualitativo, emerge un interesse da parte dei caregiver rispetto alla creazione di un sito web completo, in grado di offrire risorse per una rete di supporto, servizi formativi sulla lesione midollare e sul caregiving e materiali specifici inerenti alla loro lesione. Gli autori suggeriscono che un sistema di informazione sanitaria dovrebbe incorporare metodi di comunicazione diretti con professionisti sanitari, in quanto le funzionalità che combinano l’utilità di Internet con la competenza degli operatori sanitari, comprendendo il supporto nell’assistenza in diretta, hanno dimostrato di ridurre il caregiver burden. (Coffey et al., 2017) Ulteriori servizi di supporto proposti dagli stessi caregivers, sono “gruppi di supporto, coordinatore delle cure, lezioni riguardanti la patologia, servizi di riabilitazione, medici specialisti, supporto finanziario, aiuto nel trasporto”. I caregivers sottolineano infine il bisogno di un “caregiver training”; quest’ultimo ha dimostrato di migliorare la gestione dello stress, di ridurre il caregiver burnout e la dipendenza dalle figure sanitarie. (Coffey et al., 2017)
Nonostante l’interesse per la creazione di risorse on-line e di corsi di formazione, gli autori sottolineano che il personale sanitario è stato identificato come la fonte privilegiata per reperire le informazioni riguardo ai trattamenti, alla riabilitazione, ai farmaci e all’assistenza a lungo termine. (Coffey et al., 2017)
Fondamentale nella prevenzione del caregiver burden è anche l’educazione sanitaria, volta a favorire le abilità funzionali residue delle PLM. (Rattanasuk et al., 2013) Gli interventi di educazione sanitaria dovrebbero essere erogati sia nei centri di riabilitazione che a casa dall’infermiere domiciliare per migliorare la cura di sé della PLM e per alleviare il burden del caregiver informale. (Notara et al., 2012) Anche Nogueira et al. sostengono l’importanza dell’educazione sanitaria esplicitando che i risultati del loro studio supportano il bisogno di intervento da parte dell’infermiere riguardo agli aspetti di educazione sanitaria che possono avere un impatto sulla QoL dei caregivers, interventi quindi che devono essere volti a preparare sia gli individui con lesione midollare sia i loro caregivers al fine di migliorare la QoL di entrambi. (Nogueira et al., 2016) Un altro intervento che ha designato l’infermiere come protagonista attuativo risiede nella promozione della salute: l’attività fisica, il saper controllare lo stress, l’alimentazione sana, le buone relazioni interpersonali e l’indipendenza funzionale, sono alcuni dei comportamenti della “promozione della salute” che impattano significativamente sulla QoL. La promozione della salute può essere applicata contemporaneamente sia agli assistiti che ai loro caregivers per permettere loro di aumentare il controllo, di avere un coping efficace con le circostanze e per creare gli ambienti in cui le persone diventano più capaci di prendersi cura di sé stessi e che contribuiscano alla salute. (Notara, Vagka e Kotroni, 2012)
Il caregiver, nella maggior parte dei casi, al momento della lesione e nelle prime settimane dalla stessa, non è preparato né ha le conoscenze per affrontare l’attività di caregiving: è dunque necessario preparare sia la PLM che il suo caregiver, iniziando l’educazione sanitaria il più precocemente possibile durante l’ospedalizzazione, dedicando del tempo sia al chiarimento di eventuali dubbi sia all’acquisizione stessa delle conoscenze ed abilità. (Nogueira et al., 2012) Anche il supporto sociale, pubblico e psicologico ha trovato spazio tra gli interventi proposti. Il supporto sociale, ricevuto dalla famiglia e dagli amici, è un importante risorsa per alleviare i sentimenti depressivi, e a sua volta, il burden tra i caregivers, (Secinti, Yavuz e Selcuk, 2017) offre un focus più ampio rispetto l’attività di caregiving, migliora le capacità di problem solving (Baker et al., 2017). L’assenza di tale supporto si è dimostrata correlata con maggiore frustrazione, rabbia e sentimento di burden. (Charlifue et al., 2016) L’importanza della partecipazione a reti di supporto sociale evidenzia come anche l’accesso ai centri di riabilitazione possa ridurre l’insorgenza di complicanze secondarie e del care burden stesso. (Nogueira et al., 2012) In merito, invece, al supporto psicologico Maitan et al., sostengono che vi sia un aumento del bisogno di supporto psicologico all’inizio della percezione del caregiver burden. (Maitan et al., 2018) Una revisione sistematica del 2015, in merito all’esplorazione degli interventi proposti ai caregivers di PLM, ha analizzato quattro studi di cui tre prevedevano l’introduzione di un corso di problem solving, mentre il quarto ha utilizzato l’intervento di supporto tra pari. Il corso di problem solving era usato per aiutare i caregivers a negoziare le richieste pratiche dell’assistenza rivolta ad una PLM. Ai caregivers si insegnava come generare soluzioni a problemi comunemente incontrati (ad esempio, come trasferire una persona dalla sedia a rotelle su un autoveicolo), ed è stato insegnato loro come valutare le possibili soluzioni (ad esempio sollevatore, telo ad alto scorrimento, manualmente) al fine di scegliere quella che meglio rispondesse alle loro necessità. (Baker et al., 2017) Il corso di problem solving fornito a domicilio ai caregivers, attraverso videoconferenza, era associato con una significativa diminuzione del livello di depressione nei caregivers ed un significativo miglioramento nel funzionamento sociale delle PLM che ricevevano la loro assistenza. (Elliott et al., 2014) Esplorando, invece, gli interventi con un approccio più psicologico, è stato identificato un interessante studio randomizzato controllato, in cui era stato proposto un corso di mindfulness online. I caregivers coinvolti nel corso di mindfulness online hanno riportato un significativo miglioramento rispetto alla gravità dei sintomi della depressione e dell’ansia e un miglioramento della QoL correlata alle dimensioni psicologiche e sociali. (Hearn, Cotter e Finlay, 2019) I risultati indicano che il training di mindfulness online offra vantaggi unici ed è praticabile per i caregivers di PLM e dolore neuropatico cronico. (Hearn, Cotter e Finlay, 2019) Infine, anche interventi rivolti a potenziare le strategie di coping sono stati identificati come validi. Uno studio qualitativo aveva come obiettivo l’indagare le strategie utilizzate dalla coppia al fine di poter mantenere o ricostruire la relazione tra loro e possono essere riassunte come segue: creare una nuova routine per entrambi suddividendosi i compiti e responsabilità non trascurando la partecipazione sociale e l’interdipendenza mantenendo la propria identità e capendo i limiti del caregiving, condividere attività evitando sentimenti di rifiuto o l’isolamento ed infine aggiungere creatività nella vita quotidiana e nelle attività di caregiving. Gli autori indicano che i risultati di questo studio dovrebbero allertare gli operatori sanitari (e/o i gruppi di supporto tra pari) sia in merito al bisogno di un eventuale istruzione e formazione (ad esempio tramite un corso di abilità comunicative, strategie di coping) sia in merito all’assistenza volta alla preparazione della coppia per negoziare i cambiamenti, che avverranno all’interno della loro relazione, a seguito della dimissione. (Jeyathevan et al., 2019) Infine, affine a quanto appena dichiarato, un altro studio riporta che una dinamica famigliare sana, unita alle capacità di coping, riducono il caregiver burden. (Baker et al., 2017)

Strumenti di valutazione del fenomeno del caregiver burden
I caregiver rappresentano un’importante fonte di aiuto e supporto assistenziale per le PLM e, talvolta, si riscontra la presenza del fenomeno del caregiver burden che, può manifestarsi contemporaneamente alle attività di caregiving e avere un impatto negativo sia sul caregiver che sull’assistenza rivolta all’assistito.(Tough et al., 2020) Appare quindi evidente come vi sia la necessità di valutare l’effettivo caregiver burden nei caregivers di PLM.
La possibilità di poter rilevare precocemente il fenomeno del caregiver burden o quantificarlo quando presente rende possibile l’individuazione ed applicazione dei migliori interventi volti a prevenire o a ridurre il caregiver burden. (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019)
Le scale di valutazione considerano le diverse dimensioni che costituiscono il fenomeno stesso del caregiver burden, essendo esso stesso un concetto multidimensionale: (Conti et al., 2021) la conoscenza in merito alla dimensione maggiormente compromessa offre un valido aiuto nell’identificazione del migliore intervento, per ottenere un effetto mirato a migliorare il burden del caregiver, andando quindi ad incidere anche sulla QoL sia del caregiver che dell’assistito. (Notara, Vagka e Kotroni, 2012) A tale riguardo, esistono diversi strumenti di valutazione volti a valutare la qualità di vita del caregiver. Diversamente, invece, come affermano Conti et al., ve ne sono soltanto alcuni che specificamente considerano la valutazione del caregiver burden nel caregiver di PLM. (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) Sono stati sviluppati diversi strumenti volti a provvedere una valida ed affidabile misurazione del fenomeno del caregiver burden, (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) ma non tutti specifici per la popolazione indagata. Le tre scale di valutazione maggiormente utilizzate e diffuse nella letteratura sono la Zarit Burden Inventory, (Coleman et al., 2015) la Caregiver Burden Scale (CBS) (Elmståhl, 2019) e la Caregiver Burden Inventory in Spinal Cord Injury (CBI-SCI). (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) Quest’ultima deriva però dalla “Caregiver Burden Inventory” (CBI), strumento generico e non appositamente disegnato e studiato per valutare il caregiver burden nei caregiver di assistiti con LM, ma per i caregiver di persone con demenza e disturbi cognitivi e che di conseguenza sembra essere non del tutto appropriata per il campo della lesione midollare. Per tale motivo, è stato ritenuto opportuno modificare la CBI originale per adattarla al contesto del caregiver di PLM ed è stata quindi sviluppata una nuova versione specifica chiamata “Caregiver Burden Inventory in Spinal Cord Injury” (CBI-SCI), che meglio si adatta ad indagare le peculiarità del burden in questo campione di caregiver (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019).
La tabella 2 riassume le caratteristiche di ciascuno strumento, i vantaggi e gli svantaggi legati al suo utilizzo.

 

DISCUSSIONE

Dall’analisi dei risultati si può affermare che il caregiver burden è un’esperienza molto diffusa anche tra i caregivers di PLM. Sono infatti diversi gli studi che lo riportano, sia in un contesto internazionale che nazionale, con un livello da alto (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019) a lieve-moderato. (Khazaeipour et al., 2017). Solo uno studio, tra quelli identificati, dichiara che nel campione studiato il burden, in particolare quello associato alle attività di caregiving, sia risultato basso. Nonostante tale studio abbia un’ampia numerosità campionaria (717 caregivers), i risultati potrebbero essere influenzati dalle poche ore di caregiving dedicate all’assistito (solo 20 ore/settimana), dal fatto che molti (79%) non fossero caregiver esclusivi, e che avessero una soddisfazione alta per la propria situazione finanziaria, con la maggior parte di coloro che non erano in pensione che mantenevano un lavoro part time (35%) o full time (13,5%). (Diviani et al., 2020; Gemperli et al., 2020) Questi dati sono in netto contrasto con la restante letteratura, dai cui emerge che il tempo dedicato al caregiving è nettamente superiore, con conseguenti maggiori livelli di burden sul lungo periodo (> 3 anni). (Conti, Clari, Nolan, et al., 2019) Anche i risultati di Rattanasuk et al. si discostano dalla restante letteratura: emerge infatti che le ore dedicate al caregiving non hanno influenzato in maniera significativa il benessere del caregiver nonostante la media di 14,88 h al giorno dedicate al caregiving. (Rattanasuk et al., 2013) Ciò, come dichiarato dagli stessi autori, “trova motivazione, sia nella forte relazione tra paziente e caregiver sia nella presenza, nella maggior parte dei casi, di un ulteriore aiuto di un caregiver secondario”; inoltre dichiarano anche che la cultura di appartenenza del campione (Thailandia) preso in considerazione ha avuto un forte impatto nel determinare i risultati, in particolare la componente spirituale, il forte supporto da parte dei membri della famiglia e vicini di casa ed infine il programma di cure olistiche e di visite a domicilio fornite dall’ospedale sia ai pazienti con lesione midollare che ai caregivers. (Rattanasuk et al., 2013)
Rispetto alla presenza di un caregiver secondario, nello studio italiano di Conti et al, emerge che la figura del caregiver formale possa dare sollievo alle famiglie dalla situazione di distress (Conti et al., 2021) ma, dall’analisi della letteratura ed in particolare dagli studi di tipo qualitativo, si riscontra anche un senso di frustrazione in merito ai caregivers formali ritenuti non in grado di assistere con uguale attenzione rispetto al caregiver informale (Lynch & Cahalan, 2017; Charlifue et al., 2016) Questo risulta quindi essere un aspetto di criticità nella presa in carico e nel supporto dei caregiver di PLM, che potrebbero provare sensazioni di frustrazione o di colpa nell’affidare a una persona esterna alla cerchia familiare la cura del proprio caro.
Dall’analisi dei risultati, si è potuto anche apprezzare qualche dato in merito alla condizione del caregiver di PLM in Italia. Tali dati forniscono una chiara fotografia in merito alla condizione dei caregiver e danno voce ad un problema che ancora necessita di soluzioni. Infatti, i caregiver di PLM italiani sono generalmente donne conviventi con le PLM e ad esse legate da un rapporto affettivo o di parentela, con età media pari a 40-50 anni e che, a causa delle attività di caregiving, sono andate incontro a una perdita economica dovuta all’abbandono dell’attività lavorativa senza un adeguato supporto economico da parte dello Stato. Inoltre, solo un terzo dei caregiver beneficia del supporto di un assistente familiare e solo la metà si avvale dei servizi domiciliari erogati dal Servizio Sanitario Nazionale. Questi dati hanno un impatto negativo sul burden del caregiver. (Tough et al., 2020)
I risultati suggeriscono un’importante numerosità di fattori che possono influenzare il caregiver burden: si evidenziano gli aspetti di salute fisica, mentale o anche sociale e finanziaria correlate al caregiver ed alla sua condizione di burden e, in senso più ampio, alla sua QoL. Tali aspetti sono, peraltro, gli stessi che compongono il concetto stesso di QoL. Dall’analisi dei risultati, l’interesse rivolto verso la QoL del caregiver è risultato essere presente e rilevante a sottolineare quanto il caregiver burden e la QoL siano strettamente correlati tra loro. A supporto di ciò, sono gli stessi risultati, a dichiarare che il caregiver burden sia un forte fattore predittivo della QoL dei caregivers, in particolare Conti et al affermano che “riducendo il burden percepito si potrebbe promuovere la QoL del caregiver”. (Conti et al., 2021) Le tre dimensioni principali componenti la QoL sono risultate compromesse ed alterate negativamente a conferma di quanto il caregiving abbia un impatto importante sulla QoL del caregiver. A sostegno dell’elevato bisogno di assistenza richiesta dal caregiver, la letteratura ha fatto emergere come uno scarso livello di benessere psico-fisico, possa portare con sé agiti aggressivi, trascuratezza rispetto alle attività di caregiving, andando quindi ad impattare non solo sul caregiver ma anche sulla PLM. (Tough et al., 2020) Una bassa QoL del caregiver comporta che il caregiver, oltre ad essere un potenziale “assistito a sua volta”, considerando tutte le sue problematiche di salute, potrebbe anche essere attuatore di un’assistenza potenzialmente dannosa.
Sono diverse le figure professionali che potrebbero essere coinvolte nell’assistenza al caregiver di PLM e tra queste vi è senza dubbio la professione infermieristica. Infatti, l’infermiere, è una tra le prime figure ad essere a contatto con l’assistito e la sua famiglia di fronte alla diagnosi di lesione midollare, soprattutto se quest’ultima è stata causata da un evento traumatico. Dall’ospedalizzazione, quindi, l’infermiere ha un ruolo essenziale di assistenza sia rivolta alla PLM sia al suo caregiver, orientando l’intervento al suo bisogno, sia esso fisico, psicologico o sociale. Tali bisogni necessitano di una immediata risposta al fine di mantenere una buona o comunque soddisfacente QoL del caregiver, prevenendo l’insorgenza del caregiver burden, per evitare innumerevoli conseguenze negative che un’eventuale insorgenza del burden potrebbe recare al caregiver, all’assistito e all’intero nucleo familiare. Gli interventi quindi di prevenzione del burden sono essenziali e dovrebbero essere attuati a partire dall’ospedalizzazione, coinvolgendo l’infermiere quale attuatore degli stessi, partendo dall’educazione sanitaria. Dall’analisi dei risultati l’educazione sanitaria, sia a livello ospedaliero che domiciliare, infatti, si definisce come uno tra gli interventi maggiormente riportati avendo anche come obiettivo quello di favorire l’autonomia della PLM, potenziandone le abilità residue, al fine di alleviare il caregiver dal peso di alcune prestazioni, andando così, conseguentemente, ad impattare positivamente sul burden del caregiver. (Rattanasuk et al., 2013) Dall’analisi dei risultati, considerando gli interventi maggiormente citati nella letteratura quali efficaci ed essenziali, un altro intervento che potrebbe essere promosso nelle realtà di assistenza italiane è lo sviluppo della capacità del problem solving tramite corsi specifici, così come la ricezione di supporto sociale.
La letteratura offre numerose possibilità in termini di strumenti di valutazione; tra queste, tre sono state identificate come le più diffuse ed utilizzate. Ciononostante, non emerge uno strumento gold standard per la valutazione del caregiver burden: difatti, ogni scala di valutazione, presenta sia aspetti positivi che negativi non rendendo quindi possibile l’individuazione della migliore. Considerando, però, la sola valutazione del caregiver burden nei caregiver di PLM nel contesto italiano, la CBI-SCI potrebbe rappresentare la scala di valutazione più idonea. Tale affermazione si fonda su diverse considerazioni. Innanzitutto, la Caregiver Burden Scale (CBS) non è utilizzata su ampia scala e non è stato possibile reperirne la versione validata in lingua italiana; la Zarit Burden Inventory (ZBI) benché rappresenti uno degli strumenti più utilizzati, (Coleman et al., 2015) essendo identificata come scala elettiva per la misurazione del burden dei caregiver e per valutare gli esiti degli interventi psicosociali di supporto (Chattat, Cortesi, Izzicupo, Del Re, Fabbo, et al., 2011) e presentando un’ottima coerenza interna, presenta un forte svantaggio poiché i suoi risultati non sono da considerarsi esaustivi per quanto concerne lo stato di salute emotiva del caregiver, rimanendo quindi necessaria un’integrazione di misurazioni relative agli aspetti depressivi psicologici, (Chattat, Cortesi, Izzicupo, Del Re e Sgarbi, 2011) fondamentali per il caregiver di PLM. Sono infatti gli stessi esperti a suggerire l’utilizzo di altre scale di valutazione al fine di non sottovalutare questo fondamentale aspetto. La Caregiver Burden Inventory ha di fatto una struttura multidimensionale più definita, capace di identificare in maniera migliore gli elementi caratterizzanti il caregiver burden. (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) La CBI, infatti, permette di ottenere un profilo del burden del caregiver nei diversi domini dello stress e rivolge l’attenzione verso i diversi bisogni sociali (rete di servizi sociosanitari formali e non) e psicologici dei caregiver (rischio maggiore di ansia e depressione), così da consentire di definire i diversi focus di intervento pianificati in base agli specifici punti deboli derivati dalle risposte fornite al questionario. La CBI ha quindi tantissimi vantaggi, tra cui anche la possibilità di osservare immediatamente l’eventuale variazione nel tempo del burden. Quest’ultimo vantaggio rappresenta un grande punto di forza poiché potrebbe essere uno strumento da utilizzare anche in senso di monitoraggio del burden, nei centri di riabilitazione o nei centri che ospitano il follow-up delle PLM. In tal senso, anche in questo caso, l’infermiere potrebbe avere ruolo da protagonista, monitorando il burden del caregiver, identificando man mano quali siano i migliori interventi da attuare in base alla dimensione maggiormente compromessa del caregiver. La CBI presenta inoltre una versione modificata e adattata alle esigenze del caregiver di PLM denominata Caregiver Burden Inventory in Spinal Cord Injuries (CBI-SCI), (Conti, Clari, Garrino, et al., 2019) risultando quindi specifica per la popolazione presa in considerazione. I risultati della validazione, inoltre, ne hanno confermano l’affidabilità e la validità. Ulteriore punto di forza è che la scala di valutazione sia stata validata in un contesto italiano; ciò ha portato sicuramente dei dati importanti atti a conoscere più profondamente il fenomeno del caregiver burden in Italia rendendo, peraltro, disponibile fin da subito la sua versione in lingua italiana. Ciò, rappresenta un grande passo verso l’assistenza al caregiver di PLM, poiché un valido strumento può avere un forte valore nell’identificazione del più giusto e mirato intervento rivolto al caregiver di PLM. La limitazione di applicazione della CBI-SCI ai soli caregiver di PLM risiede nel fatto che, essendo uno strumento specifico, valuta in maniera approfondita le particolarità dell’attività di caregiving nelle PLM non permettendo il confronto con le altre patologie. Infatti, i risultati che si ottengono con questa scala sono difficilmente comparabili con altri studi su altri gruppi di caregiver; per studi di comparazione del caregiver burden fra diverse patologie, potrebbe essere quindi utile limitarsi all’utilizzo della versione originale non modificata.

 

CONCLUSIONI

Dato l’impatto rilevante che questo ha sulla vita della PLM e delle sue persone di riferimento, la valutazione del fenomeno del caregiver burden dovrebbe quindi rappresentare un aspetto fondamentale della presa in carico della famiglia delle PLM.
La presente revisione narrativa non può essere considerata esaustiva ed includente di tutti gli aspetti inerenti il caregiver burden nel caregiver di PLM, ma offre una sintesi delle evidenze disponibili. Un limite importante risiede nella stessa complessità del fenomeno indagato e nel fatto che questo non sia stato ancora completamente studiato: vi sono infatti molti più studi riguardanti la PLM rispetto al suo caregiver, che invece costituisce un importante elemento da considerare all’interno della presa in carico di soggetti affetti da questa condizione patologica. Durante la revisione della letteratura sono stati presi contatti con gli autori della scala CBI-SCI, che hanno indicato come l’interesse in merito al burden del caregiver di PLM è ancora limitato e che tale carenza di attenzione si dimostri anche nel numero limitato di studi realizzati in Italia. Sarebbe quindi auspicabile per il futuro che l’attenzione della professione infermieristica, così come di tutte le altre professioni sanitarie che ruotano attorno all’assistenza, alla riabilitazione e alla cura della PLM, sia indirizzata anche verso la presa in carico del caregiver e della famiglia, per meglio supportarne le necessità ed il ripristino di una qualità di vita buona. La ricerca futura potrebbe concentrarsi sull’investigazione di altri fattori che potrebbero avere un’influenza sulla qualità di vita del caregiver così come di quelli influenzanti la partecipazione sociale. A ciò si aggiunge anche la valutazione dei reali benefici in merito ad interventi ancora non somministrati alla popolazione di caregiver di PLM quali, ad esempio, la presenza di un eventuale coordinatore delle cure o del caregiver training o ancora dell’eventuale aiuto durante i trasporti. Infine, l’utilizzo dello strumento CBI-SCI, che nella versione tradotta e validata in lingua inglese, ha dato risultati promettenti, in altre aree geografiche, potrebbe costituire un elemento su cui investire per una ricerca futura, ma anche un valido aiuto per l’identificazione dei caregiver più a rischio di burden, verso i quali indirizzare interventi di supporto.

 

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Larissa Bertucci

Infermiere, Libero Professionista
District Nurse, Freelance Professional

Silvia Ronchi

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Directorate of Nursing Profession, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)

Roberto Accardi

Responsabile Infermieristico Area di Chirurgia dei Trapianti, Direzione Professioni Sanitarie; Direttore Didattico, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
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