I mille volti dell’engagement: dal paziente all’operatore sanitario, alle organizzazioni sanitarie

The thousand faces of engagement: from the patient to the healthcare worker, to the healthcare organizations

 

Nell’ultimo decennio abbiamo sentito parlare troppo spesso di engagement. Ma che cosa intendiamo di preciso con questa terminologia prestata dagli anglossassoni? Letteralmente to engage significa coinvolgere, interessarsi, intraprendere, occuparsi, a seconda della declinazione e dell’utilizzo che intendiamo farne. Il concetto di engagement ha iniziato a riscontrare una crescente attenzione, in particolare nel mondo sanitario. La posizione assunta, in chiave moderna, dai pazienti nei confronti della sanità pubblica, gli riconosce un ruolo centrale nel proprio percorso di cura ed è in questa direzione che ci riferiamo ad alcune attività quali la comprensione, l’elaborazione e l’applicazione di informazioni a tutela della propria salute e altrui salute – health literacy (Nutbeam & Lloyd 2021), la condivisione con i clinici per visionare e selezionare i trattamenti più appropriati e le opzioni di gestione dello stesso – decision making (Lynch et al 2022) e la restituzione di feedback sui processi e sugli outcome di cura. A queste attività prettamente cliniche, un processo innovativo supporterebbe anche l’impegno del paziente nell’ambito della ricerca, in quanto lo stesso potrebbe spaziare da un ruolo passivo (il paziente come fonte di dati) ad un ruolo attivo (il paziente come ricercatore) (Barello et al 2013).

A sostegno di ciò, il concetto di engagement fonda le origini delle sue ispirazioni scientifiche nel contesto della patologia cronica in quanto la letteratura ha evidenziato le necessità per un paziente cronico e per il suo caregiver, sia egli formale o informale, di un alto livello di conoscenza, presa di coscienza e alfabetizzazione (Graffigna & Barello 2018). Inoltre, un paziente cronico, soprattutto in età giovanile, sente l’esigenza di rivestire un ruolo attivo e partecipe nella gestione del suo percorso di cura a lungo termine, e non di certo un ruolo passivo e marginale. Si parla dunque di co-costruzione del progetto di cura, con l’obiettivo finale di una maggiore adherence terapeutica, di un riconoscimento precoce di segni, sintomi e complicanze a lungo termine (Graffigna & Barello 2018; Morelli et al, 2019), di una riduzione dei periodi di degenza e di re-ospedalizzazione dei pazienti, il tutto a favore di una corretta gestione extra-ospedaliera, nello specifico domiciliare e territoriale (Graffigna & Vegni 2017).

Partendo in primis dalla connotazione di patient engagement, il concetto richiama i modelli innovativi di cura che pongono al centro del percorso di salute il paziente, prima di tutto come Persona, nella sua interezza e nella sua specificità, miscellanea di caratteristiche organiche e valoriali (Graffigna et al 2017). Nella cultura sanitaria moderna il paziente chiede di essere posto allo stesso livello degli altri attori del mondo della sanità, senza però nessuna sovrapposizione di ruolo, ma con la necessità ed il bisogno intrinseco di stabilire un dialogo autentico e di partecipare ai processi decisionali nei percorsi assistenziali (Graffigna & Barello 2022). Tutto ciò in relazione anche all’aumento delle condizioni di cronicità e alla crescita imponente della popolazione anziana. Questa prospettiva ha indirizzato negli ultimi decenni le aziende sanitarie a focalizzarsi su modelli assistenziali multidisciplinari patient centred-care.

Ed è proprio in questo scenario di cambiamenti e forse stravolgimenti del contesto sociosanitario che diviene urgente trovare modelli organizzativi innovativi che favoriscano una migliore sostenibilità ed efficacia dei servizi sanitari. In particolare, il patient engagement si distingue oggi come un framework utile per far fronte alle principali sfide legate alla qualità ma anche alla sostenibilità delle cure erogate. Il patient engagement, “in quest’ottica, assume al contempo un valore etico ma anche pragmatico e può costituire una chiave per la generazione di un cambiamento culturale e organizzativo nell’iter di gestione della malattia cronica’’(Graffigna et al 2017).

Pertanto, il progetto di consentire ai pazienti di assumere un ruolo attivo nel proprio percorso di cura è stato identificato a livello nazionale e internazionale un vero fattore innovativo, al fine di migliorare i servizi sanitari per il paziente (Graffigna et al 2017). Nella maggior parte delle fasi del percorso assistenziale c’è in effetti la possibilità per il paziente di contribuire al proprio percorso di cura. Ciò implica anche il coinvolgimento attivo della rete familiare e sociale. La letteratura è orami chiara: la famiglia e la comunità di riferimento della persona assistita possono costituire un importante alleato del sistema sanitario (Graffigna & Barello 2022).

A fronte di queste considerazioni abbiamo compreso come l’operatore sanitario giochi un ruolo cruciale nella connotazione del patient engagement. Ma vestendo le lenti del professionista nei confronti dell’organizzazione quale sfaccettatura assume l’engagement? Dopo il processo di selezione delle proprie risorse umane, le organizzazioni si concentrano sulla ricerca e l’implementazione di nuove skill per i propri dipendenti (Dessler 2021). Skill necessarie a migliorare le performance dei lavoratori ed il conseguente raggiungimento degli obiettivi aziendali prefissati. (Delery e Doty, 1996; Zhang et al 2023). Shantz et al. (2016) nel loro studio evidenziano quattro specifiche tipologie di interventi per migliorare le performance: la formazione; le azioni di sviluppo individuale; la partecipazione ai processi decisionali; la comunicazione tra dipendenti e manager. I concetti espressi richiamano il termine engagement, nella connotazione specifica di work engagement. ll work engagement è uno “Stato mentale positivo e di soddisfazione nei confronti del proprio lavoro caratterizzato da vigore, dedizione e immersione” e può essere inteso come il risultato dell’interazione fra le risorse del contesto lavorativo e i fattori ostacolanti (Schaufeli et al 2002; Shimazu et al 2020).

Tale premessa per sostenere il pensiero che il work engagement nella cultura infermieristica in crescita non è un aspetto da sottovalutare. Il concetto di work engagement è inteso come un atteggiamento favorente la realizzazione e la motivazione al lavoro e richiede come punto di partenza l’equilibrio fra la dimensione individuale ed organizzativa. Qualora non ci fosse equilibrio fra queste dimensioni il lavoratore potrebbe trovarsi in una situazione di burnout oppure di workaholism (Shimazu et al 2020). La letteratura post-pandemica ha messo in risalto alte percentuali di presenza di burnout nella professione infermieristica (Tomaszewska et al 2022; Couper et al 2022). Le variabili analizzate negli studi sono state molteplici. Ma fattori quali l’empatia professionale, la soddisfazione lavorativa, l’efficace comunicazione tra i diversi livelli gerarchici ed il sentirsi parte di un’organizzazione sono risultati essere fattori protettivi al contrasto di episodi stressogeni e allo sviluppo di burnout (Brera et al 2021). Non da meno una leadership conforme al gruppo di lavoro, può essere predittiva del work engagement infermieristico, aiutando a far emergere i livelli manageriali infermieristici come tassello integrante dell’organizzazione (van den Heuvel et al 2020).

In conclusione, la soddisfazione lavorativa infermieristica richiede politiche organizzative mirate alla costruzione di meccanismi che promuovano la performance professionale degli infermieri, che impatterà indirettamente sulla qualità degli outcome assistenziali e sulla creazione di un ambiente favorevole al work engagement (Gürbüz et al 2023). Il periodo storico che stiamo vivendo lascia spazio a turnover rapidissimi, cambiamenti aziendali repentini, assortimento professionale strategico e non….dunque a quali riflessioni ci spinge il concetto di engagement? Può fungere da cassa di risonanza per una nuova fidelizzazione della professione infermieristica? Può rappresentare la fenice della relazione di cura?

 

BIBLIOGRAFIA

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  18. Brera, A. S., Arrigoni, C., Dellafiore, F., Odone, A., Magon, A., Nania, T., Pittella, F., Palamenghi, L., Barello, S., & Caruso, R. (2021). Burnout syndrome and its determinants among healthcare workers during the first wave of the Covid-19 outbreak in Italy: a cross-sectional study to identify sex-related differences. La Medicina del lavoro, 112(4), 306–319. https://doi.org/10.23749/mdl.v112i4.11316

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Tiziana Nania

Referente Formazione Aziendale
IRCCS Policlinico San Donato
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