I comportamenti di Self-Care attuati dalle persone con infezione da HIV: risultati di uno studio osservazionale

Self-Care behaviors in people with HIV infection: results from an observational study

ABSTRACT

Background. Dall’avvento della terapia antiretrovirale, che ha permesso la riduzione della mortalità correlata all’HIV/AIDS, l’infezione da HIV è ampiamente riconosciuta come una malattia cronica dalla comunità scientifica e, come tale, comporta cambiamenti nello stile di vita, nella salute fisica e mentale e nelle relazioni. La natura cronica dell’infezione richiede un’attenzione particolare a partire dagli stessi pazienti che, anche attraverso la pratica del self-care (“auto-cura”), riescono a convivere con la propria patologia. Obiettivo. Data l’assenza di studi analoghi in letteratura, l’obiettivo principale del presente progetto di ricerca è quello di misurare il livello di self-care praticato dalle persone con infezione da HIV. Materiale e metodi. È stato adottato un disegno di studio di tipo osservazionale, trasversale e multicentrico. Il campione è stato arruolato grazie alla collaborazione di diverse associazioni del Nord-Italia tra i mesi di febbraio e giugno 2019. La raccolta dati è stata effettuata tramite la somministrazione di (a) un questionario socio-demografico e clinico (età, genere, modalità di trasmissione dell’infezione, fase dell’infezione, comorbilità) e (b) il Self-Care of Chronic Illness Inventory per misurare il livello di self-care attuato dal campione. Risultati. Il campione di 108 pazienti è prevalentemente di genere maschile (70,4%) con età media di 46,5 (±11,6) anni. L’87,5% dei partecipanti allo studio si trova nella fase latente dell’infezione ed è emerso che i rapporti sessuali non protetti sono la modalità di trasmissione più frequente (76,7%). Dalle analisi delle frequenze dei livelli di self-care sono emersi dati preoccupanti: livelli adeguati (punteggio medio ≥ 70) di Self-Care Manteinance e Monitoring sono attuati rispettivamente solo dal 24,8% e 36,2% del campione; tra coloro che riportano sintomi correlati all’infezione, il 92,7% non è in grado di gestirli. In seguito alla stratificazione del campione in base agli anni dalla diagnosi, è risultato che coloro con diagnosi più recente mettono in pratica livelli più alti di Self-Care Maintenance, Monitoring e Management. Tuttavia, il loro livello di Self-Care Confidence è quello più basso (M = 38,00). Al contrario, coloro che convivono con l’infezione da più tempo hanno il livello di Confidence più alto (M = 76,15) ma non praticano comportamenti di self-care adeguati. Conclusioni. Il livello di self-care attuato dalle persone con HIV è scarso e tale livello sembra diminuire col passare del tempo. Studi longitudinali permetterebbero di confermare l’andamento del self-care nel tempo emerso in questo studio e, quindi, di capire le ragioni per le quali il livello di auto-cura si riduce progressivamente. Ad oggi, l’incidenza dell’infezione riguarda prevalentemente i giovani, per cui è importante che quest’ultimi conoscano i benefici a lungo termine che l’auto-cura ha sulla propria salute. L’infermiere potrebbe avere un ruolo fondamentale nel rafforzare le conoscenze degli assistiti con infezione da HIV sul self-care. I risultati di questo studio contengono aspetti innovativi, che potrebbero stimolare l’interesse ad approffondire l’argomento o a sviluppare di uno strumento specifico idoneo per la misurazione del self-care nei pazienti con HIV. Parole chiave: self-care; HIV; AIDS; infermieristica.

ABSTRACT

Background. Since the advent of highly active antiretroviral therapy (HAART), HIV infection has been widely acknowledged as a chronic disease by the scientific community and, as such, it implies alterations in patients’ lifestyles, physical and mental health and relationships. The chronic nature of the infection requires an accurate and close attention from patients who manage to live and cope with their own disease thanks to the implementation of self-care behaviours. Self-care improves outcomes in patients with chronic illnesses; however, no studies have been conducted on HIV patients in Italy. Aim. The aim of this study was to assess self-care behaviours in a sample of people living with HIV infection. Methods. An observational, multicenter and cross-sectional study was conducted and HIV patients were recruited by partnering with four HIV associations in Northern Italy between February and June 2019. Data collection was carried out using (a) a socio-demographic and clinical questionnaire (i.e., age, gender, HIV transmission, stage of the infection, comorbidities); self-care behaviours were measured using (b) the Self-Care of Chronic Illness Inventory (SC-CII). Results. A sample of 108 HIV patients was enrolled. The mean age of participants was 46,5 (±11,6) years; 70,4% were male. Unprotected sexual behaviour was the most frequent cause of HIV transmission (76,7%) and 87,5% of participants were in the asymptomatic stage of the infection. The analysis of the subscales of the SC-CII revealed inappropriate self-care behaviours: adequate levels of Self-Care Maintenance and Monitoring (mean score ≥ 70) were implemented only by 24,8% and 36,2%, respectively. Among those who reported symptoms, 92,7% were not able to manage them. Following the stratification of HIV patients by years since diagnosis, it was found that those with a more recent diagnosis had higher mean scores in the Self-Care Maintenance, Monitoring and Management subscales. However, their Self-Care Confidence levels were found to be the lowest (M = 38,00). On the contrary, those who have been living with HIV infection for a longer period of time had the highest level of Self-Care Confidence (M = 76,15) but implemented inappropriate self-care behaviours (Maintenance, Monitoring and Management). Conclusion. Self-care is poor in Italian HIV patients and its levels seem to decrease as the infection progresses. Further studies should be conducted to identify determinants of poor self-care, thus allowing for a better understanding of self-care in HIV patients. HIV incidence in Italy is currently higher in people aged 25-29 years, which is why it is important for them to be aware of the long-term benefits of self-care behaviours. Nursing can play a vital role in enhancing education for HIV patients, increasing their understanding of HIV as a chronic disease, in which self-care practices can improve quality of life, hence leading to better health outcomes. The results of this study contain innovative aspects that could stimulate interest in exploring this topic, or in developing a specific instrument to assess self-care in HIV patients. Keywords: self-care; HIV; AIDS; nursing.

INTRODUZIONE

Dall’inizio della pandemia nella seconda metà del XX secolo, oltre 74.9 milioni di persone nel mondo hanno contratto l’infezione da Human Immunodeficiency Virus (HIV) e sono circa 32 milioni i decessi correlati alla Acquired Immunodeficiency Syndrome (AIDS)1. Nonostante l’incidenza mondiale annuale continui a diminuire, l’infezione da HIV continua ad essere una delle maggiori sfide per la salute globale: attualmente oltre 37.9 milioni di persone convivono con l’HIV, di cui solamente 24.5 milioni hanno avuto accesso alla terapia antiretrovirale (ART) nel 2018; si stima che oltre 8.1 milioni di persone non siano a conoscenza del proprio stato infettivo2. In Italia sono state diagnosticate 2.847 nuove infezioni da HIV nel 2018, di cui 617 in Lombardia, la regione italiana con il maggior numero di nuovi casi. Roma e Milano sono le città italiane con maggiore incidenza di HIV, rispettivamente con 329 e 254 casi segnalati nel 20183. In Italia le nuove diagnosi riguardano prevalentemente la fascia di età 25-29 anni, mentre nel resto dell’Europa l’età media alla diagnosi è di 37 anni4. L’immunodepressione provocata dalla deplezione dei linfociti CD4+ e di altre cellule della difesa immunitaria5 causa l’evoluzione dell’infezione in AIDS, la fase terminale della malattia. La progressione in AIDS è causata spesso da una ridotta o inadeguata compliance terapeutica, ma anche dalla tardività della diagnosi di infezione da HIV: il 74,6% (n = 459) delle persone che hanno ricevuto la diagnosi di AIDS nel 2018 non era a conoscenza della propria sieropositività e ha scoperto di essere sieropositivo solo nel semestre precedente la diagnosi di AIDS3. Oggi, grazie ai progressi della medicina che hanno permesso lo sviluppo della Highly Active Antiretroviral Therapy (HAART), un regime terapeutico che comprende la combinazione di almeno tre farmaci antiretrovirali diversi, l’infezione da HIV è riconosciuta come una malattia cronica6. Quindi, come in altre patologie croniche (e.g., Diabete Mellito e Scompenso Cardiaco), la letteratura scientifica attuale riconosce i comportamenti di self-care (auto-cura) come fondamentali all’interno del percorso diagnostico-clinico-assistenziale di tali pazienti: diversi studi, infatti, evidenziano che un adeguato grado di self-care migliora la sintomatologia, gli outcome clinici, la qualità di vita e riduce le ri-ospedalizzazioni e la mortalità nei pazienti affetti da Scompenso Cardiaco e Diabete Mellito7–10. Tuttavia, si stima che gli assistiti con patologie croniche spendano solamente lo 0,001% del loro tempo (circa 10 ore all’anno) a contatto con professionisti sanitari. Ciò significa che le attività quotidiane di auto-cura vengono messe in pratica al di fuori del contesto ospedaliero o ambulatoriale11. Al domicilio, dove viene gestita la maggior parte delle malattie croniche e dove l’assistenza infermieristica domiciliare è ancora limitata a specifiche patologie, si rende necessaria l’introduzione di un modello diverso, come quello proposto nel 2012 da Barbara Riegel e colleghi in “A Middle Range Theory of Self-Care of Chronic Illness”, che pone in primo piano la figura dell’assistito e che rende partecipi tutti i professionisti sanitari nella promozione della cura di sé12.
Riegel definisce il self-care come un processo decisionale che gli individui con patologie croniche mettono in atto nella scelta dei comportamenti al fine di preservare la stabilità della malattia (Self-Care Maintenance), monitorare segni e sintomi per riconoscere precocemente le complicanze (Self-Care Monitoring) e saper gestirle (Self-Care Management). Tale processo è influenzato da diversi fattori, tra cui l’esperienza, la motivazione e l’accesso alle cure. Un fattore significante che funge da mediatore e moderatore di tutto il processo del self-care è la Self-Care Confidence, ossia quanto la persona si sente capace di attuare un livello di self-care adeguato. La Self-Care Confidence aiuta gli assistiti ad accettare la loro malattia, a rendersi disponibili a cambiare i propri comportamenti in senso positivo, a mostrare comportamenti adattativi e, quindi, a continuare con la propria vita13, superando lo stato di trauma che la diagnosi di una malattia cronica, come l’infezione da HIV, può comportare. Da diversi studi, tuttavia, emergono esigenze differenti per le persone con HIV e affermano la complessità dell’autogestione della malattia14. La cronicità dell’infezione richiede la necessità di attuare sistematicamente i comportamenti di auto-cura. Per quanto riguarda i comportamenti di Self-Care Maintenance, la letteratura scientifica identifica comportamenti comuni a tutte le patologie croniche, estendibili anche alla popolazione sana, tra cui l’adozione di uno stile di vita sano (i.e., sonno e riposo adeguato, ridotto uso di alcol, alimentazione sana, controllo del peso, astinenza dal fumo, attività fisica). Nel contesto specifico dell’HIV, l’aderenza alla terapia antiretrovirale e il sottoporsi a visite mediche ed esami di follow-up sono di fondamentale importanza nel prevenire le complicanze ed accertare lo stato dell’infezione. Ulteriori comportamenti di Self-Care Maintenance sono le attività atte a ridurre il rischio di sovrainfezione da un altro tipo di HIV (e.g., infezione primaria da HIV-1 e secondaria da HIV-2) o di un ceppo resistente: tra queste rientrano i rapporti sessuali protetti, evitare lo scambio di siringhe ed astenersi da alcolici e sostanze stupefacenti (in quanto predispongono a comportamenti rischiosi). Tali precauzioni sono efficaci anche nel prevenire la trasmissione dell’infezione. Rivelare il proprio stato di sieropositività ai partner sessuali può condurre ad una vita sessuale sana e riduce il rischio di trasmissione. Attualmente non vi sono comportamenti di Self-Care Monitoring per il monitoraggio diretto dello stato di salute o della progressione dell’infezione per le persone che vivono con l’HIV. L’inesistenza di un metodo di controllo e di monitoraggio specifico a cui gli stessi individui possano accedere in prima persona senza l’intervento di un professionista sanitario (e.g., la misurazione della pressione arteriosa o la glicemia capillare, attività eseguibili direttamente dall’assistito) può incidere sulla confidence della persona, con possibili sensazioni di impotenza e di incertezza15. Tuttavia, è indispensabile che gli assistiti si sottopongano periodicamente a visite mediche di controllo ed esami ematici per la verifica dell’efficacia della terapia antiretrovirale. La carica virale e la conta dei linfociti CD4+ possono essere rilevate tramite esami di laboratorio. Affinché vi sia una soppressione virologica (< 50 copie per ml)16, e quindi non ci sia il rischio di trasmissione né di progressione dell’infezione, è necessario raggiungere una concentrazione terapeutica ottimale nel sangue. Il dosaggio della concentrazione ematica dei farmaci antiretrovirali, inoltre, può anche rilevare una scarsa compliance terapeutica o interazioni con altri farmaci, entrambi correlati ad un outcome clinico negativo. In letteratura non sono stati individuati comportamenti di Self-Care Management specifici per la gestione dei sintomi o delle complicanze dell’infezione da HIV, essendo clinicamente silente. Nonostante ciò, il Self-Care Management si rende fortemente necessario quando si verificano effetti avversi alla ART. Circa il 50% dei pazienti segnala effetti collaterali, che portano il 25% di questi ad interrompere la terapia entro il primo anno di trattamento. Affinché la ART risulti efficace (soppressione virologica), è essenziale mantenere una rigida aderenza alla terapia farmacologica, per cui comportamenti di self-management diventano di primaria importanza, soprattutto per la gestione in prima persona dei sintomi meno gravi, tra cui anoressia, nausea, diarrea, lipodistrofia, secchezza della cute e urolitasi. Ad esempio, tra i comportamenti utili a contrastare gli effetti avversi alla ART, l’assunzione di una dieta ipolipidica e/o ipoglucidica si è rivelata efficace per i casi di dislipidemia, insulino-resistenza o lipodistrofia, mentre un maggior introito di liquidi è utile per contrastarne la perdita in caso di diarrea e/o vomito, e nella prevenzione dell’urolitiasi. Effetti avversi più gravi (e.g., pancreatite, epatite, anemia, alopecia) rendono più complessa la loro gestione: alcuni di questi sono prevenibili tramite i comportamenti di auto-cura (e.g., una dieta ipolipidica e l’astinenza dall’alcool riducono il rischio di pancreatite ed epatopatie), mentre altri necessitano un intervento medico immediato (e.g., trasfusione di sangue in caso di anemia o terapia medica per l’acidosi lattica), per cui è utile che l’assistito sappia riconoscere precocemente tali situazioni e le segnali immediatamente al professionista sanitario di riferimento. La comparsa neuropatia periferica, eosinofilia, epatotossicità, rash cutaneo importante e distress psicologico, correlati a specifici farmaci antiretrovirali, richiedono la modificazione della ART (combinazione con altri farmaci antiretrovirali). Individui con disturbi del sonno e disfunzione erettile possono trarre beneficio da sessioni di counseling17. I primi studi sul self-care nei sieropositivi hanno dimostrato come i comportamenti di auto-cura siano efficaci nel contrastare gli effetti dell’infezione dell’HIV non solo a livello fisico ma anche mentale18, con un impatto positivo sulla qualità di vita19. Al meglio delle nostre conoscenze, non sono presenti studi in letteratura che indaghino il livello di auto-cura praticato dai sieropositivi. Studiare i comportamenti di self-care delle persone con infezione da HIV e i fattori che possono influenzarli diventa di primaria importanza per promuovere una corretta gestione della malattia, prevenire le complicanze e migliorare la qualità di vita delle persone che ne sono affette. Pertanto, il presente progetto di ricerca si è posto l’obiettivo principale di descrivere il livello di self-care attuato dalle persone con infezione da HIV. Ciò potrebbe risultare utile nella creazione ed applicazione di interventi su misura, volti ad incrementare la cura di sé del paziente e, quindi, ad ottimizzare gli outcome clinici.

MATERIALI E METODI

Disegno dello studio
Il disegno del presente studio è di tipo osservazionale, trasversale e multicentrico.
Campione e setting
L’arruolamento dei pazienti è avvenuto tramite la collaborazione con quattro diverse associazioni aventi sede a Milano (MI), tra cui Fondazione LILA Milano ONLUS (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS), Anlaids ONLUS (Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS), CRCA Lombardia (Coordinamento Regionale Case Alloggio per persone con HIV/AIDS della Lombardia) e Gruppo Salute dell’Arcigay Milano ONLUS con metodo di campionamento di convenienza. Il campione, quindi, è costituito da persone afferenti alle associazioni per partecipare a gruppi di auto-aiuto, attività di svago, ricevere consulenze socio-psicologiche, o che vi accedono in regime residenziale, che su base volontaria ed anonima hanno aderito allo studio, rispondendo alle domande dei questionari somministrati. Sono stati inclusi nello studio le persone con diagnosi di infezione da HIV o AIDS, che hanno espresso la volontà di partecipare allo studio, di età maggiore o uguale a 18 anni. Vengono escluse le persone senza una padronanza della lingua italiana per difficoltà nella comprensione dei questionari.
Procedura raccolta dati
La raccolta dati è avvenuta grazie alla cooperazione del personale dipendente delle singole associazioni, adeguatamente formato alle finalità del progetto, sulle modalità di campionamento e raccolta dati in modo da garantire l’anonimato dei partecipanti, attraverso un incontro preliminare. I partecipanti arruolati, prima di partecipare allo studio, hanno fornito il consenso all’utilizzo dei dati raccolti e lo studio è stato sviluppato in conformità con la dichiarazione di Helsinki. La raccolta dati è iniziata a febbraio 2019 e si è protratta fino a giugno 2019.
Strumenti
Per lo sviluppo del seguente studio, sono stati somministrati alle persone con infezione da HIV i seguenti questionari:
– questionario socio-demografico e clinico, attraverso il quale è stato possibile rilevare le caratteristiche cliniche, anamnestiche e anagrafiche degli individui arruolati, come età, sesso, stato civile, livello d’istruzione, occupazione, zona di residenza, nazionalità, modalità di assunzione della ART, modalità di trasmissione, fase dell’infezione e comorbilità.
– Self-Care of Chronic Illness Inventory (SC-CII), strumento sviluppato e validato da Riegel e colleghi nel 201820 per misurare i comportamenti di self-care nelle persone affette da ogni tipo e numero di malattie croniche. Lo strumento è stato validato nel contesto italiano e svedese attraverso un lavoro di validazione cross-culturale. Esso si compone di più sottoscale, ognuna delle quali indaga una specifica dimensione del self-care:

  • Sezione A (da item 1 a 8): è costituita da 7 item (l’item n. 7 è stato omesso in corso di validazione) ed indaga il Self-Care Maintenance, ossia la capacità del paziente di attuare comportamenti di self-care per preservare la stabilità della malattia cronica e prevenirne le complicanze;
  • Sezione B (item 9–14): è costituita da 6 item ed indaga il Self-Care Monitoring, ossia la capacità del paziente di monitorare e riconoscere precocemente segni e sintomi specifici della malattia cronica di cui soffre e predittori di complicanze;
  • Sezione C (item 15–20): è costituita da 6 item ed indaga il Self-Care Management, ossia la capacità del paziente di gestire segni, sintomi e le complicanze ad essi associate;
  • Sezione D (item 21–30): è costituita da 10 item ed indaga la Self-Care Confidence del paziente, ossia il livello di fiducia in sé nello svolgimento di attività specifiche di self care.

Le opzioni di risposta, ovvero la frequenza con cui viene messo in pratica ciascuno dei comportamenti indagati, sono presentate con una scala Likert a cinque punti con una polarità che va da un valore minimo = 1 (“Mai”) ad un valore massimo = 5 (“Sempre”). Ogni dimensione di self-care è misurata dalla scala di pertinenza ove il punteggio è standardizzato da 0 a 100. Punteggi superiori a 70 indicano un adeguato livello di auto-cura.
Analisi statistiche
Precedentemente all’analisi statistica, sono stati verificati i dati controllando la distribuzione di frequenza di ogni variabile per valutare eventuali dati mancanti, errori o outliers. I calcoli per misurare i diversi costrutti teorici dei questionari (i.e., computi) sono stati eseguiti da un esperto statistico, secondo le indicazioni degli autori di riferimento. I dati socio-demografici sono riportati utilizzando le misure di tendenza centrale e dispersione più adeguate per il tipo di variabile: medie ± deviazione standard (M ± DS) per le variabili continue normalmente distribuite; mediana ± interquartile (25°-75° percentile) per le variabili continue non normalmente distribuite; le frequenze per le variabili su scala nominale. Il test Chi-quadro e il test esatto di Fisher sono stati usati, ove appropriato, per il confronto fra le frequenze, mentre le medie sono state confrontate tramite il test T di Student e le mediane usando il test U di Mann-Whitney. Le caratteristiche del campione e i risultati dei questionari sono state confrontati fra il gruppo “Self-Care adeguato” e “Self-Care non adeguato” e classi A, B e C in base agli anni dalla diagnosi tramite l’applicazione del test T di student per le variabili continue e del test Chi quadro per le variabili categoriali. È stato usato un livello standard di significatività con α = 5%. Per l’analisi statistica è stato utilizzato il software SPSS, versione 22 ed il software Excel.
Considerazioni etiche
Il presente studio è stato sviluppato in conformità ai principi etici internazionali ed è stato garantito il rispetto per la riservatezza e l’anonimato dei dati dei partecipanti. Il consenso da parte dei partecipanti allo studio è stato raccolto in forma scritta, dopo un’adeguata informativa. I dati, analizzati in forma aggregata, sono esclusivamente utilizzati ai fini del progetto di ricerca enunciato precedentemente. Nessuna informazione raccolta sarà divulgata a persone esterne e sarà garantito l’anonimato dei dati.

RISULTATI

Statistiche descrittive
Le statistiche descrittive del campione (N = 108 partecipanti) sono presenti nella tabella I. L’età è compresa in un range da 25 a 72 anni, con una media di 46,5 (±11,6) anni. Il campione è composto prevalentemente da maschi (70,4%) di nazionalità italiana (92,6%), proveniente dal Nord-Italia (n = 104). Riguardo alle caratteristiche cliniche del campione, è stata indagata la principale modalità di trasmissione del virus, che è risultata essere la trasmissione per contatto sessuale (76,7%), nella categoria degli MSM (44,9%) e degli eterosessuali (31,8%). L’87,5% dei soggetti dichiara di trovarsi nella fase latente e asintomatica dell’infezione e quasi la totalità dei partecipanti assume la terapia antiretrovirale (n = 107). Il 93,1% è autonomo nell’assunzione; coloro che invece non assumono la terapia autonomamente (6,9%) sono principalmente i disoccupati e gli invalidi civili e il loro caregiver è rappresentato dall’infermiere che presta loro assistenza in contesto domiciliare/territoriale. Il campione convive con l’infezione da HIV da una media di 12,2 (±11,4) anni. Il 34,6% dei soggetti riferisce la presenza di comorbidità, tra cui le più frequenti sono l’osteoporosi (n = 15), ipertensione arteriosa (n = 8), diabete mellito (n = 3) ed epatite C (n = 3). La tabella II riporta le statistiche descrittive relative al questionario SC-CII e descrive, tramite media e deviazione standard, il livello di auto-cura per ogni singolo dominio dello strumento (Self-Care Maintenance, Monitoring, Management e Confidence), evidenziando che il campione di persone con infezione da HIV attua bassi livelli di self-care. Dai risultati si evidenziano bassi livelli di Self-Care Maintenance, Monitoring e Confidence, con un punteggio medio rispettivamente di 53,43 (±21,99), 60,14 (±23,19) e 58,57 (±29,09). Fra i 108 questionari compilati, è stato possibile studiare il SC-Management in 41 partecipanti, in quanto hanno riportato di avere avuto sintomi. Tra di questi, il livello di gestione dei sintomi e delle complicanze risulta particolarmente scarso (M = 48,13 ±17,80). Per approfondire ulteriormente i comportamenti di self-care attuati dal campione in esame, il livello di self-care è stato categorizzato in”Self-Care adeguato” e “Self-Care non adeguato”, i cui risultati sono rappresentati nella tabella III. Considerando i valori standardizzati ≥ 70 come indicativi di un adeguato livello di self-care, emerge che (a) comportamenti adeguati di Self-Care Maintenance (con cut-off ≥ 70) vengono attuati solamente dal 24,8% dei partecipanti (n = 26); (b) tra le 108 persone aderenti, 38 hanno riportato un livello di Self-Care Monitoring adeguato (36,2%), mentre 67 presentavano un livello insufficiente (63,8%); (c) il Self-Care Management risulta essere la dimensione del self-care meno praticata, in quanto tra i 41 individui che hanno accusato sintomi e nei quali è stato, quindi, possibile studiare il Self-Care Management, soltanto 3 individui (7,3%) attuano una corretta gestione dei sintomi; invece, negli altri 38 (92,7%) si evidenzia una gestione dei sintomi inappropriata; (d) risultati più incoraggianti, invece, si riscontrano nella dimensione della Self-Care Confidence, dove il 42,9% (n = 45) dei soggetti presenta punteggi superiori al valore soglia; tuttavia, oltre la metà del campione (57,1%; n = 60) riporta un livello di Confidence inferiore al cut-off di 70.
Stratificazione del campione per anni dalla diagnosi
Per ottenere gruppi di numerosità omogenea, la stratificazione è avvenuta nelle seguenti modalità:

  • la classe A (n = 40) comprende gli individui che hanno ricevuto la diagnosi da 0-3 anni;
  • la classe B (n = 40) include coloro che convivono con infezione da HIV da 4 a 20 anni;
  • la classe C (n =27) raggruppa i soggetti con +20 anni di diagnosi.

Le statistiche descrittive del campione stratificato sono illustrate nella tabella IV, mentre, la tabella V mostra le statistiche descrittive relative alla SC-CII nel campione stratificato. È possibile notare come i valori del Self-Care Maintenance si riducano gradualmente nelle tre classi, con un punteggio medio di 71,87 (±14,78) nella classe A, 45,45 (±17,42) nella classe B e 34,37 (±12,36) nella classe C. I valori del Self-Care Monitoring calano dalla classe A (M = 72,00 ±19,64) alla classe B (M = 51,15 ±21,78), per poi aumentare lievemente nella classe C (M = 53,80 ±22,23). Lo stesso andamento si verifica per il Self-Care Management, in quanto la classe A presenta un punteggio medio di 62,50 (±9,39), la classe B di 42,16 (±15,27) e la classe C di 44,22 (±16,45). Per quanto riguarda la Self-Care Confidence, si evidenzia un aumento graduale del punteggio medio nelle tre classi: infatti, la classe A presenta una media di 38,00 (±20,73), la classe B di 67,63 (±28,63) e la classe C di 76,15 (±20,98). Inoltre, dal Grafico I, è possibile osservare come la classe A pratichi un livello adeguato di Self-Care Maintenance e Monitoring (valori ≥ 70), mentre la classe C risulta avere un grado sufficiente di Self-Care Confidence (valori ≥ 70).

 

 

 

 

DISCUSSIONI

Il presente progetto di ricerca risulta essere il primo a livello internazionale che si concentra in modo specifico sul quesito di ricerca: “Qual è il livello di Self-Care attuato dalle persone affette da infezione da HIV?”. In tal senso, questo studio apre un ambito della ricerca ad oggi non indagato, ma che potrebbe migliorare la conoscenza riguardo tali tematiche e, quindi, fornire il razionale per eseguire studi analoghi su larga scala.
Il nostro studio dimostra che le persone con infezione da HIV mettono in atto comportamenti di self-care non adeguati, soprattutto per quanto riguarda i domini del Self-Care Maintenance e Self-Care Management: livelli non adeguati di Self-Care Maintenance (punteggi < 70) sono attuati dal 75,2% (n = 79) del campione, mentre solo 3 individui, tra i 41 che hanno accusato sintomi, attuano comportamenti sufficienti di Self-Care Management. I ridotti livelli di Self-Care Maintenance evidenziano una situazione in cui il campione è poco consapevole della propria malattia e, quindi, dei benefici che il self-care può avere sulla loro salute. Inoltre, il basso grado di Self-Care Management indica che i pazienti che riportano complicanze correlate all’infezione sono poco capaci di gestirle.
Risultati più incoraggianti sono stati riscontrati nella dimensione del Self-Care Monitoring, che è la dimensione più rappresentata nei partecipanti allo studio, suggerendo un discreto grado di monitoraggio dell’evoluzione della patologia, e della Self-Care Confidence. In quest’ultimo dominio, i pazienti con HIV hanno riportato un punteggio medio di 58,57 (± 29,09), che, pur essendo sempre sotto il livello minimo accettabile (punteggio ≥ 70), indica una maggiore, ma comunque insufficiente, fiducia nel gestire la propria malattia. Una dinamica simile è stata evidenziata in altri studi su popolazioni con altre patologie croniche, come lo Scompenso Cardiaco21,22. Ciò risulta alquanto contradittorio, dal momento che i pazienti con HIV si ritengono capaci di gestire la malattia ma non mettono in pratica i comportamenti per farlo.
Fin dalla scoperta del virus e dei primi casi di AIDS negli anni Ottanta, l’infezione da HIV ha subito una significante evoluzione, sia per quanto riguarda l’approccio terapeutico, che dal punto di vista sociale ed epidemiologico, in quanto non rappresenta più una minaccia di morte e l’incidenza attuale interessa gran parte della popolazione mondiale (i giovani e gli eterosessuali). Considerando la concezione diversa della società moderna nei confronti dell’infezione da HIV, correlata ai motivi appena descritti, si è ritenuto appropriato suddividere i partecipanti allo studio in tre classi, in base agli anni di malattia vissuti.
Grazie alla stratificazione del campione, si è potuto osservare che coloro che hanno avuto una diagnosi più recente (classe A = 0-3 anni) praticano livelli adeguati (≥ 70) di Self-Care Maintenance e Monitoring; questi livelli si riducono progressivamente nelle altre due classi (classe B = 4-20 anni e classe C = +20 anni di malattia). Il livello di Self-Care Management praticato dalla classe A non è adeguato (< 70), ma risulta comunque superiore ai livelli delle classi B e C. Al contrario, la Self-Care Confidence risulta adeguata nella classe C, mentre nella classe B il punteggio medio risulta appena sotto il cut-off di 70 (M = 67,63). Coloro con diagnosi più recente, invece, hanno il livello più basso di Self-Care Confidence, con una media di 38,00. L’andamento del self-care osservato nelle tre classi sembra suggerire che i soggetti con diagnosi recente attuano un livello più alto di Self-Care, ma che tale livello diminuisce nelle due classi successive. Tuttavia, risulta interessante notare come i livelli di Self-Care Confidence aumentino, fino a raggiungere un livello adeguato (≥ 70) in coloro con l’infezione da più tempo. Anche in questo caso, si evidenzia la contraddittarietà con cui i pazienti con più anni di malattia mostrino una Confidence adeguata, ma non pratichino i comportamenti di self-care necessari. La situazione si capovolge completamente in coloro che convivono con la malattia da meno tempo: infatti, essi attuano livelli più alti di self-care, nonostante la ridotta fiducia in loro stessi.
I risultati sopra esposti si oppongono all’Effetto Dunning-Kruger, un bias cognitivo che porta individui incompetenti a sovrastimare le proprie abilità23. Il fenomeno prende nome dai ricercatori che lo descrissero, David Dunning e Justin Kruger. Secondo la loro teoria, le persone “incompetenti”, o poco esperte in un ambito, non sono solo poco performanti, ma sono anche incapaci di valutare e riconoscere i propri limiti e la propria incompetenza. Questo effetto produce un impatto significativo su ciò che le persone credono, le decisioni che prendono e le azioni che intraprendono. Nelle persone con HIV che hanno partecipato allo studio, invece, si è osservato come gli “incompetenti” (i.e., le persone poco esperte, coloro con diagnosi più recente) abbiano poca fiducia nella pratica del self-care e, quindi, riconoscano i propri limiti, ma riescano a superarli, in quanto attuano un grado sufficiente di auto-cura. Gli “esperti” (i.e., coloro con più anni di malattia), invece, riportano livelli alti di Self-Care Confidence, indicando un’alta fiducia nell’attuazione del self-care. Questa fiducia, però, non si riflette nella realtà, in quanto gli stessi “esperti” dichiarano di non attuare il self-care. L’ipotesi che il livello di auto-cura si riduca nel tempo, ma che il livello di fiducia nell’attuazione di essa aumenti contemporaneamente, dovrebbe essere studiata ulteriormente seguendo analisi statistiche più appropriate.
Questo studio presenta alcuni limiti. Il primo è rappresentato dal disegno dello studio, che essendo osservazionale-trasversale può osservare e rilevare solo informazioni in un determinato momento. Disegni di tipo longitudinale possono risultare utili per monitorare l’evoluzione del self-care e confermare l’effettivo andamento temporale dei livelli di self-care emerso dai nostri risultati. Inoltre, il campione è stato arruolato prevalentemente in contesti extraospedalieri nel Nord Italia dove vi lavora personale non sanitario, quindi non è possibile una generalizzazione dei dati ricavati. Un’altra limitazione riguarda la numerosità del campione a cui il questionario è stato somministrato; per ottenere maggiori risultati con un più alto grado di generalizzazione, bisognerebbe arruolare un numero più esteso di persone.
I risultati di questo studio contengono aspetti innovativi, che potrebbero avere numerose ricadute sulla pratica clinica assistenziale e, soprattutto, potrebbero stimolare l’interesse per approffondire l’argomento del self-care e dei fattori che lo determinano in una popolazione ad oggi non ancora studiata a fondo, cioè le persone con infezione da HIV. Inoltre, lo sviluppo di uno strumento specifico per la misurazione della cura di sé nei pazienti con HIV, così come ne esistono per i pazienti con Scompenso Cardiaco (Self-Care of Heart Failure Index, SCHFI) o per i diabetici (Self-Care of Diabetes Inventory, SCODI), può essere di aiuto nella personalizzazione dell’assistenza. In aggiunta, nel futuro potrebbero essere effettuati studi di efficacia nel follow-up per indagare quali approcci educazionali potrebbero avere maggiore impatto nel migliorare i livelli di self-care dei pazienti con HIV .

CONCLUSIONI

È nota l’influenza che il self-care ha sugli outcome clinici nelle patologie croniche, in merito alla riduzione della mortalità, delle ospedalizzazioni e miglioramento della qualità di vita. Nel caso dell’infezione da HIV, il self-care è utile nel ridurre il rischio di trasmissione, prevenire gli effetti avversi della terapia antiretrovirale e favorirne il successo arrestando l’evoluzione dell’infezione in AIDS. Tuttavia, dal nostro studio risulta che i pazienti con HIV attuano un livello insufficiente di self-care, per cui è necessaria la pianificazione di interventi infermieristici volti ad educare gli assistiti circa l’importanza e i benefici del self-care. Tali interventi (e.g., interventi educativi o counseling infermieristico) dovrebbero essere rivolti soprattutto a coloro con maggior durata di malattia, dal momento che sono coloro che attuano meno self-care. I soggetti che hanno avuto diagnosi di infezione da HIV recentemente traerebbero beneficio, invece, da interventi finalizzati ad aumentare la Self-Care Confidence, cioè la fiducia in loro stessi riguardo alla pratica del self-care, in quanto dalla letteratura risulta che la Self-Care Confidence è correlata positivamente ai comportamenti di self-care.
I determinanti del self-care dovrebbero essere valutati sistematicamente per identificare gli assistiti a rischio di scarsa cura di sé. Poiché alcuni di questi determinanti sono fattori modificabili (ad esempio la Self-Care Confidence e l’educazione), essi potrebbero diventare degli obiettivi raggiungibili nella pratica clinica ed assistenziale

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Andrés Brito Villa

U.O. Malattie Infettive, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano, Italia
RN; Unit of Infectious Diseases, IRCCS San Raffaele Hospital, Milan, Italy

Maria Paola Caruso

Corso di Laurea in Infermieristica (UniMI), sede di IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese, Italia
RN, MSN; Nursing degree course, University of Milan, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese, Italy

Federica Dellafiore

Area di ricerca e sviluppo delle professioni sanitarie, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese, Italia
PhD, RN. Health Professions Research and Development Unit, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese, Italy