I bisogni assistenziali nel paziente cardiopatico con obesità e diabete: studio retrospettivo caso-controllo

Care needs in cardiopathic patients with obesity and diabetes: an observational retrospective case-control study

ABSTRACT

Introduzione. In Italia e nel mondo la prevalenza delle malattie cardiovascolari, in concomitanza a diabete e obesità, è in inesorabile aumento, rappresentando la principale causa di morte. Le cure sanitarie devono essere rivolte alla prevenzione della progressione della malattia, al supporto clinico-assistenziale e il mantenimento di una buona qualità di vita. A tal fine la presa in carico di questi pazienti deve essere orientata a percorsi riabilitativi multidisciplinari finalizzati al miglioramento del benessere delle persone dove l’infermiere ne è responsabile. Obiettivo. L’obiettivo primario dello studio è stato di indagare la variazione dei bisogni assistenziali e i parametri clinici all’ingresso e alla dimissione nei pazienti cardiopatici obesi diabetici nell’U.O. di Riabilitazione Cardiologica. Gli obiettivi secondari sono stati di valutare se si modificano i bisogni assistenziali nei pazienti con FE ridotta ≤ 40% (gruppo caso) rispetto ai pazienti con FE conservata ≥ 55% (gruppo controllo) e di indagare come si modifica la capacità di esercizio, che costituisce un predittore dell’aspettativa di vita, al termine del ricovero riabilitativo. Materiali e metodi. È stato effettuato studio retrospettivo osservazionale caso-controllo analizzando la documentazione clinico assistenziale di pazienti ricoverati presso nell’U.O. di Riabilitazione Cardiologica dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe (Verbania) nell’anno 2018-2019. Lo studio è stato effettuato su 25 pazienti con FE ridotta ≤ 40% (gruppo caso) e 25 pazienti FE conservata ≥ 55% (gruppo controllo) di età compresa tra i 55 e 75 anni, BMI ≥ 30 kg/m², diagnosi di diabete mellito tipo 2 in terapia, che avevano eseguito test da sforzo all’ingresso e dimissione. Sono stati esclusi dallo studio pazienti con valore FE intermedia, con limiti cognitivi e non in grado di svolgere attività fisica. Per valutare l’efficacia del progetto riabilitativo sono stati valutati i bisogni assistenziali utilizzando l’accertamento infermieristico in ingresso e dimissione. I dati clinici analizzati sono stati i parametri vitali, la glicemia capillare e il BMI. Per la valutazione della capacità di esercizio fisico sono stati esaminati i METS ricavati dal test ergometrico. Risultati. L’analisi dei dati mostra che la media dei bisogni assistenziali ricavati dall’accertamento infermieristico, è risultata significativa (p ≤ 0,05) per tutte i bisogni tranne che nel bisogno” igiene e vestizione”. Non sono emerse differenze statisticamente significative sui bisogni valutati all’ingresso tra i pazienti con FE ridotta e i pazienti con FE conservata. Conclusioni. Questo studio ha messo in luce che in entrambi i gruppi vi è un miglioramento nei bisogni assistenziali, della capacità di esercizio e quindi dell’aspettativa di vita e una riduzione della glicemia capillare e del BMI a fine ricovero. Dall’analisi di questi dati si evince l’efficacia della personalizzazione del piano riabilitativo basato su obiettivi personalizzati. Lo studio, nonostante la limitata numerosità campionaria, dimostra che il programma di riabilitazione influisce positivamente sui bisogni assistenziali dei pazienti e che il ruolo educativo dell’infermiere è necessario per il raggiungimento di questi risultati. Parole chiave. Obesità, diabete, riabilitazione cardiologica, nursing, bisogni assistenziali, attività fisica.

 

ABSTRACT

Introduction. In Italy and in the world, the prevalence of cardiovascular disease, in conjunction with diabetes and obesity, is inexorably increasing, representing the main cause of death. Health care must be aimed at preventing the progression of the disease, at clinical-assistance support and the maintenance of a good quality of life. To this end, the care of these patients must be oriented towards multidisciplinary rehabilitation programs aimed at improving the well-being of people where the nurse is responsible. Aim. The primary objective of the study was to investigate the variation in care needs and the clinical parameters at entry and discharge in obese diabetic cardiopathic patients in the Department of Cardiac Rehabilitation. Secondary objectives were to assess whether care needs change in patients with reduced EF ≤ 40% (case group) compared to patients with preserved EF ≥ 55% (control group) and to investigate how exercise capacity changes, which constitutes a predictor of life expectancy at the end of the rehabilitation hospitalization. Methods. A retrospective observational case-control study was carried out by analysing the clinical care documentation of patients admitted to the Department of Cardiac Rehabilitation of the IRCCS Italian Auxological Institute San Giuseppe Hospital (Verbania) in the years 2018-2019. The study was performed on 25 patients with reduced EF ≤ 40% (case group) and 25 patients with preserved EF ≥ 55% (control group) aged 55 to 75 years, BMI ≥ 30 kg / m², diagnosis of diabetes mellitus type 2 in therapy, who had performed ergometric test at admission and discharge. Patients with an intermediate EF value, with cognitive limitations and unable to perform physical activity were excluded from the study. To assess the effectiveness of the rehabilitation project, care needs were assessed using the nursing assessment on admission and discharge. The clinical data analysed were vital signs, capillary blood glucose and BMI. For the evaluation of physical exercise capacity, the METS obtained from the ergometric test were examined. Results. The data analysis shows that the average care needs obtained from the nursing assessment was significant (p ≤ 0.05) for all needs except for the “hygiene and dressing” need. There were no statistically significant differences on the needs assessed at admission between patients with reduced EF and patients with preserved EF. Conclusion. This study highlighted that in both groups there is an improvement in care needs, exercise capacity and therefore life expectancy and a reduction in capillary blood sugar and BMI at the end of hospitalization. The analysis of these data shows the effectiveness of the personalization of the rehabilitation plan based on personalized objectives. The study, despite the limited sample size, shows that the rehabilitation program positively affects the care needs of patients and that the educational role of the nurse is necessary to achieve these results. Keywords. obesity, diabetes, cardiological rehabilitation, nursing, care needs, physical activity.

 

INTRODUZIONE

La prevalenza delle malattie cardiovascolari, in concomitanza a diabete e obesità, è in continuo aumento, rappresentando la principale causa di morte in Italia (Epicentro Sanità, 2019) e nel mondo (WHO, 2016). L’obesità è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari (Ministero della Salute, 2014). L’aspettativa di vita nella popolazione severamente obesa è ridotta, si parla di un accorciamento dell’aspettativa di vita di 7-10 anni, con un rischio di morte che cresce all’aumentare del BMI e della circonferenza addominale (Grover, 2015). Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità fra le persone con diabete: il rischio di morte per cause cardiovascolari aumenta di oltre 2 volte, il rischio di infarto e ictus aumenta fino a quattro volte rispetto alla popolazione non diabetica, il 50-60% dei decessi sono attribuibili alle malattie cardiovascolari. Le persone con diabete vivono fino a sei anni di meno rispetto a persone non affette da diabete nella stessa fascia di rischio (Da Porto, 2019; MacDonald, 2008). Diabesity è un neologismo che sottende la compresenza di obesità e diabete mellito di tipo 2 nella stessa persona (Alfaro, 2018). Infatti, i dati attuali suggeriscono che più comorbidità, come obesità, diabete, ipertensione, malattia renale cronica, portano ad infiammazione sistemica, disfunzione endoteliale diffusa, disfunzione microvascolare cardiaca e cambiamenti molecolari nel cuore che causano un aumento della fibrosi miocardica e irrigidimento ventricolare. Pertanto, sebbene l’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta sia tipicamente associata a danno miocardico primario, l’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ventricolare sinistra preservata può essere associata ad un danno miocardico secondario a causa di anomalie nelle aree periferiche (Howlett, 2020). Il sovrappeso e l’obesità compromettono la frazione di eiezione ventricolare sinistra e lo sforzo longitudinale globale sia nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 che nelle persone non diabetiche (Blomstrand, 2018). Il primo passo nel trattamento del diabete è rappresentato dalla correzione dello stile di vita con particolare attenzione a dieta, esercizio fisico e riduzione del peso (Prato, 2020). A livello fisiopatologico, il dimagrimento può indurre dei miglioramenti quali aumento della sensibilità all’insulina, riduzione degli acidi grassi liberi, dei trigliceridi e del colesterolo totale e aumento del colesterolo HDL, riduzione dell’ipertensione, che ha ancora più effetto se, accanto alla riduzione dell’apporto calorico, si ha un aumento dell’attività fisica (DESG, 1997). Questa ultima ha anche un’influenza positiva sul mantenimento della riduzione del peso sul lungo termine, sul benessere generale, sull’autostima riducendo ansia e depressione (Pelliccia, 2020). La capacità ed intensità di esercizio fisico ha grandissima rilevanza prognostica, essendosi dimostrata il più potente fattore predittivo di morte da qualsiasi causa. Per poter valutare la capacità di esercizio si devono prendere in considerazione i test ergometrici e per confrontarli bisogna esprimere la capacità di esercizio in METS (equivalenti metabolici). I METS costituiscono una stima del consumo di ossigeno del paziente espressa in multipli del metabolismo basale (1 MET = 3,5 ml/kg/min). Questo valore corrisponde al consumo di ossigeno basale, cioè in condizioni di assoluto riposo. L’incremento di 1 MET nella capacità di esercizio in un maschio inviato al test per motivi clinici comporta un incremento del 12% della sopravvivenza a 6 anni; lo stesso incremento, dopo un periodo di riabilitazione, in un paziente infartuato comporta una diminuzione della mortalità fino al 14% a 19 anni (Slavich, 2008). Inoltre, le persone con diabete sono chiamate nella loro cura a una disciplina quotidiana non sempre facile da comprendere ed accettare. Nell’ambito della gestione multidisciplinare di questo malato, l’infermiere va considerato come figura trasversale e complementare agli altri professionisti (Radini, 2019) divenendo garanzia della continuità delle cure, dell’integrazione multidisciplinare, attuando percorsi di educazione terapeutica a malati e caregiver per favorire empowerment, self-care e self-management oltre che monitoraggio dei risultati sul percorso assistenziale (Di Lenarda, 2009; Marceca, 2003; Schou, 2014). L’educazione terapeutica del malato è un processo di apprendimento sistemico e centrato sul sé che prende in considerazione i processi di adattamento (la capacità di saper affrontare la malattia, le credenze sulla salute e le percezioni socioculturali), i bisogni soggettivi ed oggettivi, sia espressi che non (Al-Ganmi, 2016; Dillen, 2014; Radini, 2019). Pertanto, l’obiettivo primario del presente studio è quello di indagare la variazione dei bisogni assistenziali e i parametri clinici all’ingresso e alla dimissione nei pazienti cardiopatici obesi diabetici ricoverati presso una U.O. di Riabilitazione Cardiologica. Gli obiettivi secondari sono stati di valutare se si modificano i bisogni assistenziali nei pazienti con FE ridotta ≤ 40% (gruppo dei casi) rispetto ai pazienti con FE conservata ≥ 55% (gruppo controllo) e di indagare come si modifica la capacità di esercizio al termine del ricovero riabilitativo.

 

MATERIALI E METODI

L’indagine è stata condotta nell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe di Piancavallo (Verbania).

Disegno dello studio
È stato effettuato uno studio retrospettivo osservazionale caso-controllo.

Campione
La popolazione oggetto di studio è stata selezionata tra i pazienti ricoverati dal 2018 al 2019 presso l’UO di riabilitazione cardiologica del medesimo IRCCS. Sono stati inclusi nello studio persone con età compresa tra i 55 e 75 anni, BMI ≥ 30 kg/m², diagnosi di diabete mellito di tipo 2 già presente al momento del ricovero in terapia orale e/o insulinica e che avessero eseguito un test da sforzo in ingresso e in dimissione e un’ecocardiografia basale. Sono stati esclusi pazienti con valore di FE intermedia (compresa tra 54 e 41%), non in grado di svolgere attività fisica e con deficit cognitivi. I pazienti con FE ≤ 40% sono stati inseriti nel gruppo caso mentre i pazienti con FE ≥ 55% nel gruppo controllo. Il gruppo caso (FE ridotta ≤ 40%) consta pertanto di 25 pazienti, medesima numerosità riscontrata nel gruppo controllo con FE conservata ≥ 55%.

Setting di studio
L’indagine è stata condotta nell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe di Piancavallo (Verbania), specializzato nella cura dell’obesità e riabilitazione, presso l’U.O. di Cardiologia e Riabilitazione Cardiologica. Il paziente viene solitamente ricoverato in regime di ricovero programmato prettamente dal domicilio. È stata predisposta una formale richiesta di autorizzazione alla conduzione dell’indagine, alla Direzione sanitaria e scientifica dell’Istituto, al Direttore dell’U.O. di Cardiologia e alla Direzione delle professioni sanitarie. I ricoveri nel reparto di Cardiologia Riabilitativa nel periodo preso in considerazione sono stati 592. Sono stati valutati i bisogni assistenziali, il BMI (kg/m²), la valutazione della glicemia capillare (DTX, mg/dl) e i parametri vitali (pressione arteriosa e frequenza cardiaca) in ingresso (T0) e in dimissione (T1), la degenza dura in media 28 giorni (± 2). Per conoscere i cambiamenti dei bisogni assistenziali si è utilizzato l’accertamento infermieristico effettuato in ingresso e in dimissione del paziente, il quale è organizzato in bisogni/aree. L’accertamento infermieristico veniva effettuato il primo giorno di ricovero e a fine degenza attribuendo punteggi da 0 a 3, dove 0 indica autonomia, conoscenza e rispetto delle indicazioni/prescrizioni infermieristiche, 1 l’utilizzo di ausili, la supervisione, la conoscenza ma la non messa in pratica, 2 l’essere aiutato da altre persone o avere conoscenze limitate, e 3 implica la dipendenza, la non conoscenza e la non messa in pratica delle indicazioni infermieristiche. I parametri clinici sono stati ricavati dalla cartella clinica. I METS sono stati ricavati tramite il test ergometrico condotto il secondo giorno di degenza ospedaliera ed è ripetuto alla fine del programma riabilitativo. Prima del test i pazienti hanno assunto i farmaci abituali e una colazione leggera. È stato utilizzato un tapis roulant motorizzato Marquette serie 20002 insieme alla strumentazione ECG Marquette MaxPersonal e un protocollo di rampa personalizzato. La pressione sanguigna è stata controllata manualmente al basale, ogni 2 minuti durante l’esercizio, al massimo dello sforzo e alla fine del primo minuto di recupero e poi di nuovo ogni due minuti. L’ECG e la frequenza cardiaca sono stati costantemente monitorati e il recupero è durato generalmente 5 minuti. È stata ricavata la stima dei METS dalla velocità e dal grado del tapis roulant. Durante la degenza tutti i pazienti svolgono un percorso educativo personalizzato multispecialistico rivolto a rispondere ai bisogni relativi le aree metabolico-nutrizionale, al miglioramento dello stile di vita/educazione sanitaria, al benessere psicosociale, alla funzione motoria e cardiorespiratoria, all’efficacia terapeutica e al raggiungimento dell’autonomia. La figura responsabile del progetto educativo-assistenziale è l’infermiere che prende in carico il paziente. È stato garantito l’anonimato e il rispetto della privacy per ogni paziente.

Analisi statistica
I dati analizzati sono stati riportati in un dataset di Microsoft Office Excel e in seguito analizzati mediante l’uso del Software IBM SPSS V.22. È stata calcolata media, deviazione standard, intervalli di confidenza al 95%, p-value e il miglioramento in percentuale. I dati sono stati comparati mediante t-test per campioni appaiati al fine di confrontare la popolazione del campione totale al T0 (ingresso) e al T1 (dimissione) per l’obiettivo primario. Per quanto riguarda gli obiettivi secondari i dati sono stati comparati di nuovo mediante t-test per campioni appaiati per confrontare ciascun gruppo al T0 e al T1 e i due gruppi tra di loro.

 

RISULTATI

Con un campionamento controllato randomizzato sono stati ottenuti due gruppi da 25 pazienti. L’età media in entrambi i gruppi è di 65 anni, il BMI medio nel gruppo caso è di 39.48 mentre nel gruppo controllo è di 39.09. Nel gruppo caso 12 pazienti assumevano antidiabetici orali e gli altri erano trattati con associazione di terapia orale e insulinica, mentre nel gruppo controllo 15 persone erano in terapia con antidiabetici orali e 10 con associazione insulinica. La media della FE nel gruppo caso è di 33.6% e nel gruppo controllo è di 60.32%. Relativamente ai bisogni assistenziali l’analisi dei dati mostra che la necessità di assistenza derivata dai dati relativi ai bisogni assistenziali ricavati dall’accertamento infermieristico è migliorata (p ≤ 0,05) per tutte le aree tranne che nel bisogno di igiene e vestizione. Confrontando in dettaglio il gruppo caso e il gruppo controllo (Tabella 1: Confronto bisogni assistenziali in ingresso e in dimissione gruppo caso vs gruppo controllo), si osserva come sia per i valori rilevati in ingresso (T0), sia per quelli rilevati alla dimissione (T1), non sono risultate differenze statisticamente significative ma si evidenzia che per entrambi i gruppi il rischio di caduta rappresenta l’aspetto assistenziale che necessita di maggior attenzioni di cura. (Tabella 1)

 

Nel confronto tra gruppo caso e gruppo controllo non sono emerse differenze statisticamente significative sui bisogni valutati all’ingresso tra i pazienti con FE ridotta (gruppo caso) e i pazienti con FE conservata (gruppo controllo). Per quanto riguarda la dimissione invece in entrambi i gruppi vi è un miglioramento statisticamente significativo nei bisogni relativi al rischio di caduta (p < 0,001), all’alimentazione (p < 0,001), alla gestione della salute (p < 0,001), al sonno e riposo (gruppo caso p < 0,01, gruppo controllo p < 0,001), al dolore, all’ansia e alla paura (p < 0,001) e agli apparati cardiorespiratorio e metabolico (p < 0,001). Nel gruppo con FE ridotta migliorano anche i bisogni di eliminazione intestinale (p < 0,01), dell’ambito cognitivo e percettivo (p < 0,02) e dell’ambito ruolo e relazioni (p < 0,05). Nel gruppo con FE conservata migliorano anche i bisogni di eliminazione urinaria (p < 0,04) e dello stato della cute e mucose (p < 0,03). Non sono emerse differenze statisticamente significative sui parametri clinici valutati all’ingresso nei due gruppi. Alla dimissione invece entrambi i gruppi hanno avuto un miglioramento statisticamente significativo del BMI (p < 0,001), della glicemia capillare (gruppo caso p < 0,001, gruppo controllo p < 0,02), ma solo nel gruppo caso con FE ridotta si è avuto un miglioramento della pressione arteriosa sistolica (p < 0,04). Rispetto la capacità di esercizio valutata con il test da sforzo nel gruppo caso a T0 la media METS è pari a 4,848 ± 2,02, mentre nel gruppo controllo è 5,048 ± 1,47 (C.I. 95% 0,69-1,17, p-value 0,691). Alla dimissione T1 i valori medi dei METS sono 5,896 ± 2,50 nel gruppo caso e 6.100 ± 1,95 (C.I. 95% 0,87-1,47, p- value 0,749), non sono merse differenze statisticamente significative.

 

DISCUSSIONE

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi (Epicentro Sanità, 2019). È noto anche il fatto che obesità e diabete aumentano la probabilità di svilupparle (Ministero della Salute, 2014; Prato, 2020). I pazienti presi in esame in questo studio potrebbero avere difficoltà nelle attività di vita quotidiana, nelle attività strumentali e ad aderire al piano terapeutico. È stato dimostrato che una buona aderenza alla terapia si traduce in una riduzione della morbilità e mortalità e in un miglioramento del senso di benessere (Giannuzzi, 2006). L’aumento della prevalenza e della mortalità di queste patologie, in concomitanza a diabete ed obesità, fa sì che vengano osservati con interesse scientifico l’efficacia dei programmi riabilitativi multidisciplinari. I bisogni assistenziali che questi pazienti manifestano rendono la riabilitazione fondamentale per migliorare l’autonomia e innalzare la qualità di vita di queste persone. Durante il programma riabilitativo infatti, vengono messe in atto strategie per migliorare i sintomi e la compliance del paziente. L’analisi dei dati ha portato a risultati interessanti. Si può affermare che il programma riabilitativo coordinato dall’infermiere ha avuto un impatto positivo sulla maggior parte dei bisogni assistenziali di tutti i pazienti. Per quanto riguarda l’obiettivo relativo ai bisogni assistenziali essi risultano essere migliorati in modo statisticamente significativo (p ≤ 0,05) in tutti i pazienti presi in esame, tranne per il bisogno di igiene e vestizione. I pazienti dunque, grazie anche agli interventi assistenziali/educativi messi in atto dall’equipe infermieristica durante il ricovero, recuperano una maggior autonomia nella gestione dei bisogni assistenziali. Il piano educativo personalizzato redatto dall’infermiere risulta essere quindi uno strumento valido. Relativamente alla valutazione se vi fossero differenze di espressione dei bisogni assistenziali nei pazienti del gruppo caso e del gruppo controllo si può affermare che non sono emerse differenze statisticamente significative. Per quanto riguarda la situazione assistenziale alla dimissione entrambi i gruppi migliorano in modo statisticamente significativo nei bisogni relativi al rischio di caduta, all’alimentazione, alla gestione della salute, al sonno e riposo, al dolore, all’ansia e alla paura e agli apparati cardiorespiratorio e metabolico. In aggiunta nel gruppo caso migliorano anche i bisogni di eliminazione intestinale, del cognitivo e percettivo e del ruolo e relazioni; mentre nel gruppo controllo migliorano anche i bisogni di eliminazione urinaria e dello stato di cute e mucose. Non sono emerse differenze statisticamente significative sui parametri clinici valutati all’ingresso tra i due gruppi. Alla dimissione invece entrambi i gruppi hanno avuto un miglioramento statisticamente significativo sia del BMI che della glicemia capillare, ma solo il gruppo con FE ridotta ha avuto anche un miglioramento della pressione arteriosa sistolica. Per quanto riguarda la capacità e l’intensità di esercizio valutata con il test ergometrico e quindi l’aspettativa di vita, tutti i pazienti hanno avuto un miglioramento significativo; un miglioramento del 21,2% nei pazienti con FE ridotta (gruppo caso) hanno avuto un miglioramento del 21,6% e quelli con FE conservata (gruppo controllo) del 20,8%. È importante evidenziare che i limiti dello studio sono legati al fatto che le schede assistenziali vengono compilate all’ingresso e all’uscita da personale infermieristico differente anche se è stato formato nel medesimo modo, ciò potrebbe indurre a considerare la variabilità nelle strategie di compilazione come un bias sistematico.

 

CONCLUSIONI

Il paziente cardiologico, con patologia diabetica ed un BMI elevato può essere considerato come un “paziente fragile”. L’assistenza infermieristica nella riabilitazione cardiologica offre al paziente la possibilità di iniziare un percorso di vita sano migliorando le conoscenze. Questo studio prelimiare ha messo in luce come vi sia un miglioramento dei bisogni assistenziali, dei parametri clinici quali BMI, glicemia capillare, pressione arteriosa sistolica e nella capacità e intensità di esercizio fisico e quindi dell’aspettativa di vita. Lo studio, nonostante la limitata numerosità campionaria, dimostra che il programma di riabilitazione influisce positivamente sui bisogni assistenziali dei pazienti e che il ruolo educativo dell’infermiere è necessario per il raggiungimento di questi risultati. Sarebbe utile per il futuro intraprendere studi che valutino il benessere e la qualità di vita di questi pazienti, valutandone le difficoltà maggiori che percepiscono, in modo tale che possano convivere al meglio con i problemi di salute derivati dalla situazione pluripatologica.

CONFLITTO DI INTERESSE
Non vi sono stati compensi economici per la partecipazione allo studio. Non si sono somministrati farmaci o altre tipologie di terapie.

 

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Chiara Bionda

Infermiere, Centro Ortopedico di Quadrante, Omegna(VB)
RN, Quadrante Orthopedic Center, Omegna (VB)

Mimma Moscatiello

Infermiere coordinatore, Prericovero ASLVCO Piemonte, professore a contratto MED 45
RN, MSN, head nurse at pre-hospital admission center of the ASLVCO, adjuct professor of nursing
mimma.moscatiello@uniupo.it

Silvia Mazza

Infermiere, Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe di Piancavallo (VB)
RN, nurse, Italian Auxological Institute of San Giuseppe Hospital in Piancavallo (VB)

Roberta Cirillo

Infermiere coordinatore, Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe di Piancavallo (VB)
RN, head nurse at Italian Auxological Institute of San Giuseppe Hospital in Piancavallo (VB)

Cristina Poletti

Infermiere coordinatore presso Istituto Auxologico Italiano Ospedale San Giuseppe di Piancavallo (VB)
RN, head nurse at Italian Auxological Institute of San Giuseppe Hospital in Piancavallo (VB)