Home, Hospitals, Humans (HHH): una proposta di studio multidisciplinare per l’assistenza alla persona anziana sul territorio lombardo

Home, Hospitals, Humans (HHH): a multidisplinary approach

RIASSUNTO

Introduzione. L’invecchiamento della popolazione pone crescenti sfide alla società contemporanea. Una di queste è rappresentata dai problemi etici emergenti dall’assistenza alla persona anziana. Infatti, prendersi cura quotidianamente di un anziano, sia in contesto ospedaliero, sia territoriale, può essere fisicamente, emotivamente ed eticamente impegnativo. Ampio spazio è dedicato nella letteratura etica sanitaria al fenomeno del moral distress, inteso come sentimento di frustrazione prodotto dall’incapacità di effettuare la scelta assistenziale moralmente più corretta. Metodi. Un gruppo multidisciplinare di infermieri e filosofi ha progettato uno studio mixed method al fine di analizzare il fenomeno del moral distress tra gli operatori che assistono la persona anziana (personale sanitario, assistenziale, educativo e/o di riabilitazione) con documentata esperienza lavorativa. Il protocollo di studio prevede tre obiettivi specifici: 1) misurare l’entità del moral distress distinguendo fra contesto ospedaliero e territoriale (residenziale, semi-residenziale, domiciliare) (fase quantitativa); 2) esplorare il loro vissuto assistenziale quotidiano mediante interviste face-to-face (fase qualitativa); 3) restituire loro i risultati ottenuti attraverso un corso di formazione e allenamento delle competenze etico-decisionali. Risultati. La proposta di studio avanzata si prefigge di evidenziare i fattori eziologici del fenomeno del moral distress, alla luce di quanto già disponibile in letteratura, nonché delle relazioni, degli spazi e dei tempi di cura che scandiscono l’agire clinico degli operatori durante l’assistenza alla persona anziana. Tali osservazioni saranno impiegate per porre le basi di un modello di allenamento delle competenze strategico-riflessive atto a supportare il singolo operatore nelle proprie scelte quotidiane favorendo una serena gestione delle situazioni conflittuali. Discussione. L’identificazione dei fattori causali ambientali e relazionali del moral distress, integrata a una analisi etica delle loro cause e delle loro possibili soluzioni, può contribuire a migliorare il benessere degli operatori, la qualità e la sicurezza delle cure, e la sostenibilità delle organizzazioni da cui gli operatori sono impiegati. La definizione di un modello di formazione e allenamento delle competenze etico-decisionali per gli operatori coinvolti nella cura dei pazienti anziani può contribuire a migliorare la preparazione degli operatori e i programmi di formazione professionale. Parole chiave. assistenza ospedaliera, assistenza territoriale, bioetica, metodi misti, moral distress, professionisti sanitari, protocollo di studio.

ABSTRACT

Introduction. Aging populations place several challenges to contemporary societies. One of them is represented by the ethical problems emerging from the assistance to elderly patients. Taking care of the elderly on a daily basis is indeed physically, emotionally and ethically demanding, both in acute and long-term care. Moral distress – the feeling of frustration caused by the impossibility to perform the best moral action for a certain patient, in a certain moment, in a certain setting – is gaining momentum in the literature about health and social care ethics. Methods. A multidisciplinary group of nurses and philosophers has planned a mixed method to investigate moral distress by means of three complementary goals: 1) to measure the frequency and intensity of moral distress depending on the personal characteristics of operators, distinguishing between acute and the long term care settings (quantitative phase); 2) to describe moral distress experiences and determinants directly from the point of view of the health and social care professionals daily taking care of the elderly; 3) to introduce the operators with the results of previous data, in order to stimulate critical reflection, prevent and manage conflicting situations in daily practice. Results. The advanced study proposal aims to highlight the etiological factors underlying the episodes of moral distress, building on what is available in literature and on the environmental factors (space, time, relations) described by the operators daily involved in taking care of the elderly. These findings will lay the foundations of an educational intervention designed to help operators to manage conflicting situations more comfortably. The definition of a dedicated training model can improve the ability of healthcare workers to take care of the elderly and update professional education. Discussion. The identification of the environmental and relational factors of moral distress, supported by an ethical analysis of their causes and possible solutions, can improve the wellbeing of operators, the quality and safety of care, and the financial sustainability of the organizations in which these operators are employed. Keywords. bioethics, healthcare professionals, hospital care, long term care, mixed methods, moral distress, study protocol.

INTRODUZIONE E OBIETTIVI DELLO STUDIO

La società contemporanea è caratterizzata da una convergenza di fenomeni demografici, epidemiologici, sociali ed economici senza precedenti, da cui derivano sfide radicali e multidisciplinari. L’invecchiamento della popolazione, l’incremento di patologie croniche, l’erosione del tessuto sociale e la disponibilità limitata di risorse economiche richiedono sempre maggiori sforzi a coloro che si prendono cura della persona anziana. La complessità clinica e sociale del paziente anziano rende questo un soggetto particolarmente vulnerabile dal punto di vista fisico e psicologico, bisognoso di particolari e peculiari attenzioni che determinano a loro volta molteplici aspettative: non solo nella persona anziana stessa, ma anche nella sua famiglia, nella società, nei colleghi con cui si lavora e delle organizzazioni da cui si è impiegati, senza tenere conto della peculiare difficoltà a intercettare quali siano gli stessi interessi dei pazienti in questione, a causa delle limitazioni funzionali croniche e delle difficoltà di comunicazione che spesso li caratterizzano. A queste aspettative si aggiungono le esigenze affettive, assistenziali e sociali delle persone che si fanno carico della persona anziana, che possono sovrapporsi ai tempi, ai luoghi e alle relazioni dettati dalle esigenze lavorative (i cosiddetti double care givers) (Glenn, 2000). La necessità di soddisfare esigenze molteplici e talvolta incompatibili espone gli operatori a situazioni tecnicamente, moralmente ed emotivamente conflittuali, derivanti dalla difficoltà a conciliare i principi, i tempi e i luoghi ideali della cura con la realtà quotidiana di ciascun operatore e ciascuna organizzazione, a cui si chiede di assistere sempre più pazienti, sempre più complessi, in meno tempo, talvolta in meno spazio, o con meno risorse. In questo contesto, l’impressione che emerge facilmente fra gli operatori è quella di sbagliare qualsiasi scelta adottino nello specifico frangente, con conseguenze negative per la propria motivazione, sicurezza ed efficienza (Saarnio et al., 2012; Rees et al. 2009; Bolmsjö et al., 2006). Gli operatori possono faticare a capire quale sia l’azione corretta da intraprendere nell’interesse del singolo paziente (moral uncertainity), specialmente quando costui non è in grado di comunicarlo, quando cambia spesso idea o quando esibisce una competenza alternata. Ancora, gli operatori sono in difficoltà a capire quale sia l’azione preferibile fra due opzioni ugualmente legittime (moral dilemma), ad esempio se dare priorità alla libertà o alla sicurezza dei pazienti ricoverati, laddove i desideri della famiglia da una parte e il rischio di contenziosi legali dall’altra possono spingere verso scelte diametralmente opposte; oppure come procedere in caso l’azione che gli operatori ritengono più giusta sia contraria agli ordini di un superiore, a quanto stia facendo il collega, a quanto ritiene meglio fare la famiglia (che può a sua volta essere animata, al suo interno, da tensioni o conflltti) o complicata da barriere architettoniche ed esigenze organizzative (moral distress) (Perni et al., 2020; Fisher et al., 2020; Morley et al., 2017; Dominguez-Rué et al., 2016; Sokolowski, 2012; Jakobsen et al., 2010; Rees et al., 2009; Sammet, 2006; Jameton, 1984). Fra le varie modalità attraverso cui tale conflittualità è stata descritta, il concetto di moral distress è quello che assume maggiore attenzione nella letteratura scientifica (Fourie, 2017). La pressione e la responsabilità a cui sono quotidianamente sottoposti i professionisti sanitari possono produrre risvolti negativi in termini di:

  • qualità dell’assistenza percepita, specialmente laddove l’esigenza di dare priorità agli aspetti più tecnici (effettuare un prelievo, somministrare la terapia mattutina, organizzare attività di gruppo) sottrae il tempo ad attenzioni pur fondamentali da parte dei pazienti (chiedere se tale prelievo comporti del dolore, se il paziente ha dormito bene, se il residente apprezza le attività in programma), anche a fronte di sforzi professionali eccellenti (Hadolt et al., 2017; Austin, 2012; Ter Meulen, 2008);
  • benessere degli operatori sanitari, tanto che l’Istituto internazionale per il miglioramento dell’assistenza sanitaria (Institute for Healthcare Improvement) ha sottolineato come prendersi cura dei pazienti richieda sempre più il prendersi cura degli operatori (Bodenheiemer, 2014), mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato come prendersi cura degli operatori, a sua volta, richieda di prendersi cura degli ambienti lavorativi (Workplace health promotion: WHO, 2010);
  • sicurezza delle cure erogate e sostenibilità delle organizzazioni da cui si è impiegati, per effetto dello stress accumulato a lungo termine, della malattia psicofisica che può seguirne, della necessità di sostituire e riabilitare i professionisti, del mancato supporto offerto ai propri familiari, anziani o minori, delle vicende legali che possono derivare dai propri errori, qualsiasi azione si scelga, specialmente nel caso di società, finanziatori, familiari e pazienti sempre più “im-pazienti” (Shanafelt et al., 2009; Sammet, 2006).

Anche in letteratura bioetica, sono diverse le fonti che richiamano la necessità di porre attenzione alle scelte apparentemente semplici che “consumano” psicofisicamente gli operatori nel loro operato quotidiano, e non solo a casi per lo più eccezionali come la rianimazione di pazienti irreversibili, la nutrizione artificiale o la sospensione dei trattamenti (Dauwerse et al., 2012; Stenbock-Hult et al., 2011; Bolmsjö et al., 2006). Da un lato si chiede ai professionisti di aumentare la propria efficienza curando sempre più pazienti, negli stessi tempi e isorisorse, prestando attenzione ai protocolli e alle procedure standard; dall’altra si chiede loro di prestare attenzione all’umanizzazione delle cure e incrementare il livello di patient-oriented care. Se il problema è chiaro, meno chiare sono le soluzioni, per lo più episodiche e frammentarie. La complessità dell’assistenza alla persona anziana, sfida ad un tempo tecnica e relazionale, clinica e sociale, etica e organizzativa, rende d’altra parte difficile capire innanzitutto da dove (cominciare a) intervenire. Per questo motivo, la prima operazione da fare è scomporre il fenomeno in elementi più facilmente quantificabili, qualificabili, misurabili e modificabili, adottando un approccio necessariamente multidisciplinare ma metodologicamente coerente e proteso verso obiettivi comuni. Essendo tale complessità soggetta all’interazione fra principi ideali della cura e variabili ambientali, un gruppo multidisciplinare di infermieri e filosofi ha pensato di scomporre e analizzare il tema attraverso quattro lenti: il moral distress, che, fra le varie modalità di conflitto etico e psicologico studiate in letteratura, offre il numero maggiore di strumenti che consentono di descriverlo e misurarlo (Giannetta et al., 2020); gli spazi (entro cui avviene la relazione fra operatore e paziente anziano); i tempi (entro cui tale relazione è scandita); e le relazioni (intese come caratteristiche personali che determinano almeno in parte la qualità del rapporto assistenziale). Attraverso l’adozione di queste quattro lenti analitiche, la ricerca si pone il triplice obiettivo di:

  • quantificare l’intensità del moral distress negli operatori sanitari che prestano assistenza alla persona anziana, in ospedale o sul territorio (fase quantitativa);
  • fornire una descrizione degli aspetti emozionali e sociali del moral distress, grazie al racconto degli operatori coinvolti in prima persona nel processo di cura all’anziano (fase qualitativa);
  • restituire agli operatori i risultati ottenuti, arricchendoli degli strumenti empirici e concettuali necessari a ragionare sul proprio operato quotidiano, prevenire o gestire più serenamente le situazioni conflittuali, individuare gli aspetti positivi del proprio lavoro e condividere la propria esperienza con altri operatori del territorio, in modo tale da supportare lo sviluppo di interventi educativi, organizzativi e formativi specifici.

L’obiettivo del presente contributo è descrivere il protocollo adottato dal gruppo di ricerca, allo scopo di favorire lo scambio di esperienze alternative, integrabili e sovrapponibili sul territorio, di informazioni e competenze multidisciplinari (assistenziali, organizzative, formative), ed evolvere dalla presa di coscienza di un problema a preliminari tentativi di affrontarlo. Inoltre, i dati e gli elementi emersi consentiranno di mettere a punto un programma formativo specifico per le capacità etico-decisionali degli operatori.

MATERIALE E METODI

Disegno di studio e obiettivi specifici

A fronte degli obiettivi enunciati, il disegno di studio è basato su metodi misti (mixed methods) di tipo esplicativo sequenziale. Infatti, l’integrazione fra approccio quantitativo e qualitativo offre una comprensione più ampia del fenomeno indagato (Creswell et al., 2011; Creswell et al., 2008). Lo studio prevede tre fasi:

  1. Fase quantitativa: uno studio longitudinale correlazionale permetterà di individuare a) quali variabili personali incidano maggiormente sull’insorgenza di episodi di moral distress, identificando le correlazioni fra il profilo sociodemografico e lavorativo dei professionisti e la loro esposizione a tale fenomeno; b) quale sia l’entità di tale esperienza; c) in che misura tali variabili siano legate al contesto assistenziale e in che misura ciò confermi o contraddica le evidenze presenti in letteratura.
  2. Fase qualitativa: il metodo della Grounded Theory (GT) permetterà di indagare un processo complesso qual è il moral distress, che si sviluppa attraverso una serie di eventi ed è caratterizzato da fattori eziologici concomitanti, per i quali la percezione del soggetto coinvolto determina la stessa comprensione del fenomeno (Charmaz, 2006; 2014).
  3. Fase teorica: i dati e i temi rispettivamente ottenuti dalla fase quantitativa e dalla fase qualitativa permetteranno di identificare quali variabili incidano maggiormente sull’insorgenza di episodi di moral distress secondo le lenti di spazio, tempo e relazioni. Tali dati verranno integrati e analizzati alla luce della letteratura etica e filosofica dedicata allo sviluppo delle competenze trasversali e, in contesto sanitario, al rispetto dei principi della cura. Infine, sarà presentato a un campione di operatori già coinvolti nel progetto, all’interno di una giornata formativa in cui verranno discussi i molteplici fattori che determinano una qualità della cura buona o migliorabile.

In definitiva, la fase 1, quantitativa, sarà la cornice preliminare entro cui individuare le esperienze da approfondire in dettaglio attraverso la fase 2 (Corbetta, 1999), qualitativa, che risulta particolarmente indicata per descrivere vissuti soggettivi quali problemi etici, valori conflittuali, qualità della cura percepita (Goethals et al. 2012; Rees et al. 2009); la fase 3 servirà ad allenare gli operatori a scomporre la complessità delle situazioni che devono frettolosamente affrontare nel quotidiano, offrendo loro un’occasione per ragionare sul proprio operato, e attivare quando sarà il momento risposte capaci di gestire meglio i potenziali conflitti.

 

Popolazione e luogo di studio
La popolazione di studio è composta dagli operatori sanitari e sociosanitari che erogano assistenza alla persona anziana in contesto ospedaliero o territoriale sul territorio lombardo. Sulla base delle normative emanate dalla Regione Lombardia, la popolazione oggetto di studio comprende:

  • Personale addetto alle attività clinico-assistenziali (medico, infermiere, fisioterapista);
  • Personale di assistenza tutelare (ASA/OSS), che contribuisce al mantenimento dell’autonomia e del benessere della persona assistita, svolgendo per lo più prestazioni di aiuto alla persona di carattere domestico e igienico-sanitario;
  • Personale addetto alle attività di animazione/socializzazione (animatore, operatore socioeducativo, educatore professionale).

Sarà effettuato un campionamento randomizzato in relazione ai centri che daranno autorizzazione a svolgere lo studio. Sebbene il fenomeno del moral distress nutra particolare attenzione specialmente in campo infermieristico, prevalentemente per via della maggior quantità di tempo che, insieme ai care giver, gli infermieri passano a diretto contatto con il paziente, esso rappresenta un problema crescente per tutte le professioni che implicano l’erogazione di servizi assistenziali alla persona, dalle professioni sanitarie (Fourie, 2017; Whitehead et al., 2015) all’avvocatura (Léonard et al., 2020), motivo per cui indagare le correlazioni fra professione ed esposizione, unitamente ai motivi che per cui ciò avviene, può contribuire in modo significativo ad arricchire le evidenze disponibili in letteratura, e non di meno, a supportare gli interventi educativi e organizzativi atti a ridurre il peso psicofisico della responsabilità professionale.

Raccolta dei dati

Fase Quantitativa
Le correlazioni fra caratteristiche individuali ed esposizione a moral distress verranno indagate da un lato attraverso un questionario composto da una sezione socio-demografica e una sezione professionale, dall’altro attraverso lo strumento del Moral Distress Thermometer (MDT) (Figura 1). Sviluppato e validato da Wocial et al. (2013), il MDT si compone di un singolo item e di una subscala analogica visiva da 0 a 10 punti, dove 0 indica l’assenza di moral distress e 10 una condizione di disagio morale elevata. Tale strumento è affiancato da una definizione di moral distress e da una breve introduzione al progetto. A ciascun intervistato è richiesto di pensare alla propria attività professionale delle ultime due settimane ed indicare il livello di moral distress percepito.

Studio qualitativo
L’analisi dei risultati quantitativi permetterà di sviluppare una mappa di prevalenza del fenomeno del moral distress nei luoghi assistenziali identificati. Saranno condotte interviste semi-strutturate in profondità (in-depth) della durata media di 30-50 minuti, all’interno delle strutture ospedaliere e territoriali nelle quali la mappa della prevalenza evidenzierà un indice di moral distress superiore o uguale a 6. Le interviste semi-strutturate in profondità saranno condotte attraverso una traccia di intervista che riporta un elenco di argomenti e questioni da discutere. Tale traccia costituirà il “perimetro” che delimita i contenuti che devono essere trattati nel corso dell’intervista (Corbetta, 1999) e di volta in volta rivisti alla luce della nuova conoscenza che deriva dall’intervista precedente.

Analisi dei dati

Studio Quantitativo
Tutti i dati saranno sottoposti ad analisi esplorativa per descrivere le informazioni raccolte e individuare eventuali incoerenze. Statistiche descrittive saranno usate per sintetizzare i dati sociodemografici e professionali. Inoltre, per descrivere le caratteristiche dei partecipanti allo studio e la prevalenza degli episodi di moral distress saranno usate misure appropriate di tendenza centrale. In funzione della tipologia di variabile saranno applicate analisi e test appropriati. Nel caso di dati mancanti essi saranno trattati secondo le procedure statistiche più appropriate. I dati saranno analizzati usando un programma statistico.

Studio Qualitativo
Le interviste saranno interamente audio-registrate e successivamente trascritte parola per parola entro 24 ore dal colloquio. Il rispetto delle tempistiche garantirà un processo di raccolta e analisi ricorsivo e simultaneo, permettendo ai ricercatori di tornare sul campo per verificare eventualmente i risultati. Qualsiasi informazione che potrà rendere riconoscibile l’intervistato sarà modificata per proteggere la sua identità. A tal fine saranno utilizzati pseudonimi al posto di nomi di persone, città, vie, organizzazioni. L’analisi dei dati qualitativi sarà resa possibile grazie all’utilizzo di un software di gestione dati.

Intervento formativo
Una volta eseguita l’analisi dei dati quantitativi e qualitativi, i risultati ottenuti verranno impiegati per costruire una giornata formativa finale. La letteratura sottolinea da una parte la necessità di allenare gli operatori a convivere con i problemi etici intrinseci al proprio operato quotidiano, in modo tale da riconoscere che questi sono parte strutturale di un lavoro unico che presenta anche delle caratteristiche positive peculari e motivanti (Panagioti et al., 2017; West et al., 2016; Eldh et al., 2015); dall’altra, a sperimentare e valutare modalità originali di interazione fra educatore e pubblico, capaci di unire metodi tradizionali come le lezioni frontali a metodi innovativi come simulazione e giochi di gruppo, in quanto è fuorviante stabilire un protocollo educativo standard valido per ogni gruppo professionale e ogni contesto assistenziale (Stolt et al., 2018; Xu, 2016). Per questo motivo, i contenuti specifici dell’intervento formativo verranno stabiliti solo dopo aver raccolto e sistematizzato i dati sperimentali con le evidenze della letteratura e le esperienze formative disponibili nel gruppo. Una prima parte dell’intervento sarà comunque di tipo frontale, nella quale alcuni membri del gruppo di ricerca presenteranno scopi e risultati preliminari del progetto in generale; una seconda parte dell’intervento sarà dedicata alla sperimentazione di modalità educative interattive e originali, nella quale gli operatori, sotto la guida dei membri del gruppo di ricerca, verranno stimolati a partecipare all’analisi di casi assistenziali particolarmente significativi, siano questi tratti dalla loro stessa esperienza (anonima), dalla letteratura, o da specifiche linee guida (Macer, 2008).

RISULTATI

I risultati attesi dalla ricerca quantitativa sono correlazioni fra variabili socio-demografiche e professionali ed esposizione a episodi di moral distress. Le variabili incluse nel questionario riflettono potenziali o frequenti fattori di rischio ottenuti da una preliminare revisione della letteratura, che la presente indagine 1) contribuisce a confermare o contraddire; 2) integra con approfondimenti specifici riformulati in termini di luoghi (struttura assistenziale, distanza lavoro-abitazione, comfort dell’ambiente lavorativo, spazio disponibile per assistenza e deambulazione), tempi (regime orario, e a sua volta, distanza lavoro-abitazione), e relazioni (istruzione, caratteristiche linguistiche e culturali, nucleo familiare, anni di esperienza nella cura dell’anziano, livello di soddisfazione o frustrazione). Maggiori evidenze si ottengono su questo fronte, maggiore è la possibilità di calibrare interventi educativi e organizzativi specifici, considerata peraltro l’opportunità di confrontare dati quantitativi a livello locale, evitando investimenti in interventi di scarso impatto, e optando al contrario per interventi magari sottovalutati dalla letteratura corrente, ma considerati più rilevanti dal punto di vista dei diretti interessati. Allineare la qualità della cura percepita da parte dei professionisti alla qualità della cura percepita dagli anziani rappresenta un investimento prioritario (Van Humbeeck, 2020; Lawless et al. 2020; Teater et al., 2019; Van der Elst, 2012), a cui l’indagine qualitativa contribuisce in due modi: 1) indagando direttamente la percezione dei professionisti; 2) indagando indirettamente la percezione degli anziani, nella misura in cui le loro peculiari esigenze incidono sull’insorgenza di episodi moralmente conflittuali e/o psicologicamente impegnativi. Ciò vale specialmente per infermieri e operatori sociosanitari, in quanto rappresentano la categoria di professionisti che notoriamente spende la maggior parte del proprio tempo a stretto contatto con il paziente, per il quale rappresentano il principale punto di riferimento (familiari inclusi) per lo svolgimento delle attività quotidiane, dalle esigenze terapeutiche specifiche ai bisogni più elementari (camminare, mangiare, lavarsi, andare in bagno), ancor più in caso di lungodegenza ospedaliera o ricovero in strutture residenziali. In questo contesto, infatti, esistono studi che dimostrano come i pazienti anziani possano attribuire maggior peso ad esigenze apparentemente banali come l’orario in cui si mangia, il tempo a disposizione per riposare, il luogo dove prendere qualche ora d’aria, o la riproduzione il più fedele possibile del proprio ambiente casalingo, rispetto a questioni strettamente biomediche come le direttive anticipate (Shin 2015), confermando come, raggiunte certe condizioni psicologiche, fisiche e sociali, gli anziani attribuiscano maggiore senso al come si vive ciò che resta rispetto al quanto (Pennestrì, 2019; Gawande, 2014). Ciò non significa che il moral distress non possa emergere anche in contesto acuto, a maggior ragione dati gli spazi ristretti e i ritmi incessanti che caratterizzano l’assistenza ospedaliera, tali per cui diventa difficile 1) soddisfare ad un tempo le molteplici e conflittuali esigenze di ciascun paziente (ad esempio, andare in bagno da solo ma assicurarsi che eviti le cadute), 2) mantenere la sicurezza di più pazienti (accompagnare uno senza trascurare l’altro), 3) rispettare la dignità del paziente (ad esempio assistendolo in caso di incontinenza) senza contemporaneamente violarla in un altro modo (esibendolo agli occhi di altre persone). La recente crisi globale innescata dal Covid-19 ha peraltro mostrato come alcune emergenze sanitarie possano diventare improvvisamente croniche, costringendo gli operatori a prendere decisioni allocative estremamente impegnative, ogni giorno, da cui dipendono la vita di un paziente e la morte di un altro, senza alcun supporto psicologico né formazione etica (Barello et al., 2020; The New York Times, 2020; Dean et al., 2020). Per questo motivo, l’idea dell’intervento formativo finale è di fotografare l’esperienza quotidiana degli operatori e restituirla loro arricchita degli strumenti empirici (evidenze) e concettuali (competenze etiche e strategiche) per un confronto reciproco, migliorando la loro capacità adattativa nel quotidiano. I risultati attesi non sono da intendersi come un ‘antidoto universale’ contro al moral distress: né nella forma di linee guida valide per ciascun contesto e operatore, né tanto meno un codice deontologico specifico per l’assistenza alla persona anziana, in quanto 1) il moral distress è un fenomeno per definizione altamente contestualizzato; 2) la ricerca aggiungerebbe poco valore rispetto a quanto già presente in letteratura (Van der Dam et al., 2014). L’intervento formativo finale rappresenta invece la sperimentazione preliminare di un metodo strategico per allenare gli operatori ad affrontare meglio le proprie sfide quotidiane, con le proprie risorse e le risorse a disposizione del luogo in cui operano, e non già un insieme di precetti validi in ogni tempo, in ogni luogo, per ogni paziente. L’idea è quella di sviluppare e impiegare tale metodo nel contesto della formazione universitaria e di corsi di aggiornamento professionale specifici, motivo per cui maggiori saranno le esperienze condivise sul territorio, che questa ricerca si propone di alimentare, più solido sarà il metodo da insegnare agli operatori. Il primo passo da effettuare per conciliare i bisogni degli assistiti e i bisogni o le competenze degli operatori è capire dove emergono i conflitti, prevenirli se possibile o ridimensionarli se impossibile, controllare la frustrazione e preservare un ambiente che favorisca lo sviluppo di buone relazioni, in termini di fiducia reciproca, motivazione professionale, sicurezza della cura, esperienze positive di invecchiamento. Leggere tali sfide attraverso le lenti del moral distress, degli spazi, dei tempi e delle relazioni interpersonali sembra una strategia promettente per scomporre la complessità e indirizzare obiettivi individuali, organizzativi ed educativi specifici.

DISCUSSIONE

Dedicare maggiore ricerca empirica ai problemi etici peculiari della cura dell’anziano rappresenta il primo passo per formare adeguatamente gli operatori di oggi e di domani, integrando le competenze di carattere tecnico e biomedico con le sempre più rilevanti competenze di carattere relazionale (Suhonen et al., 2010; Rees et al., 2009). In contesto acuto, migliori relazioni determinano migliori esiti clinici e maggiore benessere fra gli operatori (Rushton et al., 2017). In contesto territoriale, programmi educativi permanenti hanno migliorato la capacità da parte degli operatori di intercettare, gestire e affrontare con resilienza le sfide etiche emergenti dal proprio operato quotidiano (Bolmsjö et al., 2006; Doĝan et al., 2004). Se lavorare sulle motivazioni individuali è molto difficile, lavorare su un ambiente in cui tali motivazioni sono favorite rappresenta una sfida più realizzabile (Panagioti et al., 2017). Purtroppo, il punto di vista di coloro che vivono tale ambiente è spesso il primo ad essere sottovalutato (Lawless 2020; Teater et al., 2018; Boudiny, 2013). Allineare le aspettative dei pazienti con gli sforzi quotidianamente effettuati dagli operatori rappresenta un intervento preliminare e necessario ad adottare quegli accorgimenti in grado di incrementare il valore psicosociale delle cure già espresse in modo eccellente a livello tecnico; intervenire sulla frammentazione assistenziale e professionale che spesso vanifica la qualità dei singoli professionisti che operano nel nostro paese (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: OCSE, 2015); concretizzare l’evoluzione dal concetto di cura (orientato alla malattia) al concetto di prendersi cura (orientato alla persona); e attuare i principi della value-based healthcare recentemente richiamati anche dalla Commissione Europea (2019). Per quanto riguarda la professione infermieristica, le evidenze acquisite dallo studio possono trasmettere ai professionisti utili competenze in funzione dell’allargamento delle funzioni di coordinamento e responsabilizzazione previsto sia sul territorio Lombardo (Pennestrì, 2017), sia a livello Nazionale (Quotidano Sanità, 2020), sia a livello Internazionale (Ghizzardi, 2020). Il progetto presenta le limitazioni caratteristiche di tutti gli studi sperimentali multidisciplinari. La ricchezza dei risultati dipenderà fortemente dalla quantità degli operatori che risponderanno ai questionari, dalla qualità dei loro racconti, dall’efficacia dell’intervento finale. Inoltre, esso si propone di approfondire un fenomeno percepito innanzitutto come clinico e organizzativo (il benessere dei professionisti e la qualità delle cure erogate) nelle sue fondamentali determinanti etiche, psicologiche e ambientali, aggiungendo la ricchezza e le difficoltà caratteristiche di un approccio multidisciplinare.

CONCLUSIONI

Il benessere fisico, psicologico e sociale degli operatori assistenziali rappresenta un bene per loro e un bene per la società in cui operano, motivo per cui investire nella loro tutela è una scelta doverosa. Se lo stress lavorativo peculiare delle professioni sanitarie non dipende solo da esperienze e scelte individuali, ma anche da oggettive difficoltà ambientali, fra cui la complessità tipica del paziente o residente anziano, intervenire sull’organizzazione del lavoro può generare molteplici benefici per l’operatore (maggiori benessere e autocontrollo), per l’assistito (maggiore qualità e sicurezza delle cure), per l’erogatore (maggiore qualità riconosciuta e conseguenti maggiori volumi assistenziali) e la società a cui ciascuno di essi appartiene (minori spese legate alle assenze lavorative, al recupero psicofisico degli operatori, alle complicazioni e riammissioni prevenibili) (Montgomery et al., 2019). L’identificazione dei fattori ambientali e relazionali di moral distress, integrata ad una analisi etica delle loro cause e delle loro possibili soluzioni, può dunque essere spesa in vari contesti: nella formazione degli operatori di oggi e di domani; nella consulenza per strutture che intendono organizzare o riorganizzare il proprio modus operandi; e nel supporto agli enti e agli operatori delle politiche pubbliche. Integrata in un modello formativo, tale analisi può contribuire a migliorare le capacità etico-decisionali degli operatori e conseguentemente a ridurre il moral distress. Considerazioni etiche: La presente proposta di ricerca prenderà avvio soltanto dopo approvazione da parte del Comitato Etico ed autorizzazione dello studio mixed method nelle strutture arruolate. I dati saranno trattati in forma aggregata e anonima. La partecipazione allo studio è volontaria e successiva alla compilazione del consenso informato da parte di ciascun operatore.

Ringraziamenti: gli autori ringraziano Fondazione Cariplo per aver permesso lo svolgimento di questo studio attraverso il fondo n. 2018-0801

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Federico Pennestrì

PhD, Università Vita-Salute San Raffaele, Facoltà di Filosofia, Milano (Italia)
PhD, Vita-Salute San Raffaele University, Faculty of Philosophy, Milan (Italy)
pennestri.federico@hsr.it

Noemi Giannetta

RN, PhD(c), Università Vita-Salute San Raffaele, Facoltà di Filosofia, Milano (Italia) / RN, PhD(c), Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Roma (Italia)
RN, PhD(c), Vita-Salute San Raffaele University, Faculty of Philosophy, Milan (Italy) / RN, PhD(c), University of Rome Tor Vergata, Department of Biomedicine and Prevention, Rome (Italy)

Giulia Villa

RN, PhD, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano (Italia)
RN, PhD, IRCCS San Raffaele Scientific Institute, Milan (Italy)

Roberta Sala

Professore Ordinario, Università Vita-Salute San Raffaele, Facoltà di Filosofia, Milano (Italia)
Full Professor, Vita-Salute San Raffaele University, Faculty of Philosophy, Milan (Italy)

Duilio Fiorenzo Manara

Professore Associato, Università Vita-Salute San Raffaele, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Milano (Italia)
Associate Professor, Vita-Salute San Raffaele University, Faculty of Medicine and Surgery, Milan (Italy)

Roberto Mordacci

Professore Ordinario, Università Vita-Salute San Raffaele, Facoltà di Filosofia, Milano (Italia)
Full Professor, Vita-Salute San Raffaele University, Faculty of Philosophy, Milan (Italy)