Gestione della poliuria e del bilancio idrico nei pazienti affetti da malattia policistica autosomica dominante in terapia con Tolvaptan: un approccio educazionale

Management of polyuria and fluid balance in patients with autosomal dominant polycystic disease treated with Tolvaptan: an educational approach

INTRODUZIONE

La malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD) è la più comune malattia renale monogenica e la quarta principale causa di malattia renale allo stadio terminale negli adulti in tutto il mondo. Questa malattia è caratterizzata da un prolungato decorso subclinico e della progressiva espansione delle cisti renale, che ne consegue reni massicciamente ingranditi, ridotta funzionalità renale e progressione della malattia renale fino allo stadio finale. All’esordio della malattia queste cisti sono poche e piccole, ma col passare degli anni aumentano di numero e dimensione, e possono arrivare a occupare interamente il rene distruggendo il tessuto renale, che perde gradualmente la sua funzione, fino al punto che occorre sostituirla con la dialisi (Torres et al 2012). I segni e i sintomi iniziali di questa malattia sono ematuria, ipertensione, dolore in sede lombare e stanchezza (Chapman, 2008). L’ADPKD è stata una patologia a lungo trascurata a causa della mancanza di trattamenti, ma ora c’è un nuovo trattamento interessante disponibile: Il Tolvaptan.

TOLVAPTAN: UNA NUOVA PROSPETTIVA DI CURA PER LA MALATTIA POLICISTICA

Tolvaptan è un antagonista del recettore V2 vasopressina altamente selettivo indicato per l’uso in pazienti con malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD). Tolvaptan è il primo agente farmaceutico ad essere approvato in Europa per ritardare la progressione della ADPKD negli adulti con malattia renale cronica da stadio I-III all’inizio del trattamento. (Blair & Keating, 2015).
Tolvaptan agisce bloccando selettivamente il legame della vasopressina al suo recettore V2, riduce la proliferazione cellulare delle cisti e la secrezione di fluidi, riducendo in definitiva lo sviluppo del-la cisti e gli eventi clinici renali che portano alla progressione della malattia. (Torres et al., 2012) Molti degli eventi avversi più comuni riscontrati nei pazienti che assumono Tolvaptan sono legati al suo meccanismo d’azione acquaretico (poliuria, nicturia, polidipsia e sete) che obbliga il paziente ad una modificazione dello stile di vita.
La poliuria è definita come un’uscita urinaria inadeguata che può causare un’ importante variazione del volume ematico arterioso e del sodio sierico. Negli adulti, la poliuria può essere oggettivamente quantificata come produzione di urina in eccesso di 3-3,5 litri al giorno con una bassa osmolarità delle urine (<300 mmol / kg). (Bhasin B & Velez, 2016). Gli eventi avversi associati ad acquaresi hanno portato alla sospensione di Tolvaptan in circa l’8% dei partecipanti, per lo più entro il primo mese principalmente a causa degli effetti collaterali associati a questo effetto collaterale (Torres et al., 2012). Uno studio preliminare di fase II mostrava che i pazienti in trattamento con Tolvaptan urinavano da 4 a 6 litri al giorno a seconda della dose assunta. Questa situazione richiedeva al paziente un introito idrico sufficiente tale da mantenere un adeguato equilibrio idrico infatti durante il periodo di terapia, il paziente era in grado di consumare più di 5 L di acqua al giorno e la frequenza urinaria era 10-14 volte al giorno (Nakatani et al., 2018) per prevenire la disidratazione. La disidratazione è definita come una perdita pari o superiore all’1% della massa corporea a causa della perdita di liquidi, in cui il corpo ha meno acqua di quanto necessario per funzionare corretta-mente (Madden, 2000). I sintomi fisici riconducibili alla disidratazione comprendono: compromissione della funzione cognitiva, prestazioni fisiche ridotte,cefalea, stanchezza, occhi infossati e pelle secca e meno elastica (Welch, 2010). Se la disidratazione persiste, il volume circolante di sangue può scendere e questo porta a: ipotensione, tachicardia, debolezza, polso filiforme, mani e piedi freddi e oliguria. L’uso di Tolvaptan richiede un’attenta considerazione in termini di educazione terapeutica all’ assunzione del farmaco e ad una decisione condivisa riguardo benefici e rischi legati al farmaco. A prova di questo, le evidenze attuali suggeriscono che questa terapia può essere considerata una nuova opzione di trattamento promettente per i pazienti con ADPKD. (Hannah et al 2015) poichè potrebbe ritardare lo sviluppo di insufficienza renale allo stadio terminale (ESRD) di diversi anni e, a sua volta, migliorare la sopravvivenza (Erikson et al, 2013).

 

L’APPROCCIO EDUCAZIONALE AI PAZIENTI IN TERAPIA CON TOLVAPTAN

 

Le peculiarità specifiche dell’autocura applicabili alle persone affette da malattia renale cronica (CKD) possono essere: un controllo dell’assunzione di cibi e liquidi, l’attività fisica e il peso, il monitoraggio di segni e i sintomi corporei che comportano anche compiti come il mantenimento di un’adeguata dieta, la misurazione della pressione arteriosa e la corretta assunzione di acqua. Diversi e recenti studi osservazionali hanno esaminato il ruolo della terapia idroponica nella progressione della CKD; due studi hanno riferito che maggiori volumi di urina (Clark et al., 2011) e l’assunzione di liquidi (Strippoli et al., 2011) sono associati alla conservazione della funzione renale, poiché assunzioni più elevate di liquidi sembrano proteggere contro la CKD. Una scorretta aderenza alla terapia può causare effetti collaterali (Bartlett, 2002) ed i pazienti candidati all’assunzione di Tolvaptan richiedono un’ approccio educazionale per guidarli nella gestione del farmaco con l’obiettivo di garantire l’aderenza alla terapia e renderli responsabili per il trattamento della loro malattia consentendo loro di condurre uno stile di vita adeguato. Diverse strategie possono essere impiegate per sostenere l’aderenza, si dovrebbero compiere sollecitazioni per educare e motivare i pazienti, semplificare i regimi terapeutici e adattarli ai singoli stili di vita, inoltre occorre gestire gli effetti collaterali nel concreto ed affrontare le incertezze dei pazienti che possono essere una barriera all’aderenza. La teoria di Peplau (1992) ha dimostrato di essere largamente integrata nella cura della malattia cronica perché assicura lo sviluppo di più sofisticati interventi terapeutici infermieristici; dove infermiere e paziente progettano insieme gli obiettivi da raggiungere e il paziente matura l’idea di essere in grado di auto-assistersi; (Peplau, 1992). L’autogestione incorpora molteplici concetti, come l’auto-cura, l’auto-monitoraggio, l’aderenza, il cambiamento del comportamento sanitario, l’educazione dei pazienti e la collaborazione che prevede l’informare i pazienti sulla propria malattia, in modo che abbiano un ruolo più attivo nel trattamento di cura (Newman et al., 2009). L’informazione è un prerequisito per la cura di sé e per il coinvolgimento nel processo decisionale ma i pazienti hanno anche bisogno di prendere coscienza del loro stato di salute e l’infermiere deve essere in grado di offrire informazioni individualizzate per ogni paziente.
Prima dell’inizio del trattamento con Tolvaptan è essenziale:

  • Educare il paziente all’aderenza terapeutica condividendo un piano terapeutico con Tolvaptan considerando sia le esigenze personali del soggetto sia il meccanismo d’ azione del far-maco al fine di rendere il più accettabile possibile l’effetto della poliuria;
  • Informare il paziente sugli effetti clinici causati dalla disidratazione sia a livello fisico che psicologico;
  • Istruire il paziente a rilevare la presenza di segni e sintomi di ipovolemia (tachicardia, tachipnea, ipotensione, ecc.);
  • Comunicare le strategie per prevenire la disidratazione (assicurarsi di avere sempre acqua o altri liquidi disponibili durante il giorno);
  • Insegnare al paziente a monitorare il proprio bilancio idrico;
  • Incoraggiare il paziente a bere e ricordare che le esigenze idriche aumentano durante iperpiressia, vomito e diarrea;
  • Incoraggiare il paziente a promuovere un ambiente sicuro che possa favorire il riposo poiché la poliuria può influenzare pesantemente la qualità della vita della persona, causando frequenti interruzioni delle attività quotidiane e del sonno.

 

CONCLUSIONI

Il coinvolgimento del paziente affetto da una malattia cronica è considerato un fattore importante per una buona conformità ai trattamenti terapeutici. Esistono programmi educazionali rivolti ai pa-zienti con malattia renale cronica, ma c’è poca ricerca sull’attuazione, l’efficacia e la rilevanza effettiva in corso di ADPKD (Chapman et al 2015). L’educazione terapeutica nelle malattie croniche deve essere considerata strettamente correlata all’aderenza terapeutica e fa parte della cura e del trattamento del paziente. Le caratteristiche intrinseche del trattamento e le percezioni del paziente sono fortemente legate all’aderenza; tra i fattori che possono influire negativamente troviamo la complessità del trattamento, (Griffith, 2004) la durata, (Sherbourne et al.,1992) gli effetti collaterali, la capacità di comprensione del paziente, le aspettative, la paura dell’abuso e altre ulteriori prescrizioni farmacologiche (Logan et al., 1979). I programmi di formazione dei pazienti possono migliorare l’aderenza ai regimi di trattamento attraverso una maggiore comprensione della loro importanza e una migliore accettazione dei possibili effetti Una buona aderenza può comportare una maggiore regolarità delle visite di follow-up, permettendo così la messa a punto di una pianificazione dei feed-back finalizzati al rallentando della progressione della malattia stessa. (Grigor et al. 2004).
In questo modo, i pazienti imparano che possono gestire molti dei loro effetti collaterali, guadagnare fiducia in sé stessi, migliorare il loro benessere fisico e psicologico riducendo i livelli di ansia e migliorando la qualità di vita. A tal proposito negli ultimi anni è emerso tra le evidenze scientifiche e consolidato dalle istituzioni sanitarie il concetto di “Patients Engagement” definito come il coinvolgimento attivo del paziente nel proprio processo di cura.

BIBLIOGRAFIA

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Elena Brioni

Infermiere di ricerca clinica, Nefrologia e Dialisi, Ospedale San Raffaele, Milano
RN, MSN. Clinical research nurse, Nephrology and Dialysis, San Raffaele Hospital, Milan
brioni.elena@hsr.it

Irene Parasole

Studentessa, Master Infermiere-Ostetrica di ricerca Clinica, Università Vita-Salute San Raffale, Milano
RN, post-graduate student, University Vita-Salute, Milan

Cristiano Magnaghi

Infermiere di ricerca clinica, Nefrologia e Dialisi, Ospedale San Raffaele, Milano
RN, MSN. Clinical research nurse, Nephrology and Dialysis, San Raffaele Hospital, Milan
magnaghi.cristiano@hsr.it