Crediamo nei giovani, aiutiamoli a vincere la solitudine

We believe in young people, let’s help them win loneliness

Sempre più spesso leggiamo nelle pagine di cronaca di giovani che decidono tragicamente di togliersila vita. Inevitabilmente con il ripetersi ciclico delle notizie i lettori, forse noi tutti, sono diventati più algidi alla tragedia e nulla sembra più sorprendere. Siamo, forse, diventati fruitori abituati a guardare senza osservare, così presi da una vita frenetica che ci piace definire moderna o “smart”. Siamo presi dai social, intenti ed attenti ad apparire sempre al meglio: quali possono essere le conseguenze sul lungo periodo di questa condotta? La società si sta progressivamente privando della preziosa possibilità di stare con gli altri, di fare gruppo per raggiungere obiettivi di interesse comune. Taluni si rifugiano in una vita virtuale fatta di persone che tentano di celarsi dietro ad uno schermo per esprimere le proprie opinioni, i propri disagi, noncuranti della sensibilità di chi guarda o legge. Possiamo osservare adulti prigionieri del proprio schermo nei parchi con i propri bambini abbandonati ai giochi. Quanti di noi hanno potuto osservare ragazzi astrarsi in maniera sistematica anche in compagnia, ognuno con il proprio cellulare. Chi scrive questa lettera e riflette sulla situazione è un’infermiera di 36 anni che da più di 10 lavora presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC). Ho assistito a tanti cambiamenti della società che stanno impattando i giovani di questa epoca, constato sempre più spesso che in reparto l’età media dei degenti si è abbassata vertiginosamente, si parla di giovanissimi. Forse è per deformazione professionale, forse è grazie ai miei pazienti e a quello che mi hanno donato, forse è grazie alle mie esperienze che sono portata ad osservare, con un occhio di riguardo ai cambiamenti. Credo nei giovani! Troppo spesso sono venuta a sapere che le persone (di nuovo, soprattuto i più giovani) non si rivolgono prontamente ai Servizi di Salute Mentale per paura. La mente è sempre stata un tabù. Il “matto” continua a far paura: chi lavora in Psichiatria sa che il campo d’azione della specialità non può ridursi alle patologie che richiama l’immaginario comune. Vengono trattate dal Dipartimento di Salute Mentale le dipendenze, l’anoressia, i disturbi di personalità e così via. La maggior parte delle volte queste colpiscono i giovani, ragazzi a cui manca spesso il supporto di una madre o di un padre che risultino veramente attenti ai loro bisogni, forse non più allenati a farlo, sempre più distratti e travolti dal ritmo frenetico, stressante. I giovani, lo sappiamo, hanno sempre tante domande ma la maggior parte delle volte trovano risposte online o da coetanei, spesso impreparati. Si arricchiscono di conoscenze senza basi fondate e, con la prima difficoltà, sprofondano in un abisso. Nel buio sono soli ed elaborano tutto ciò che gli viene somministrato in maniera distorta. Sono ragazzi portati ad emulare comportamenti sbagliati e tante volte lo sanno, ma lo fanno lo stesso pur di sentirsi accettati dal gruppo. Fortunatamente, la nostra categoria professionale è esperta nel cogliere le grida d’aiuto ed intervenire laddove esistano dei bisogni. Dobbiamo mettere a disposizione tutta la nostra conoscenza ed esperienza per aiutare i più giovani a crescere in pieno benessere, non sostituendo ma affiancando le famiglie. Risulta mandatorio intervenire ben prima che si arrivi all’ospedalizzazione, molte volte l’arrivo nei Servizi di Salute Mentale significa già essere totalmente dipendenti ed incapaci di svolgere a pieno la propria vita. Dobbiamo loro insegnare ai ragazzi che è dal basso che si risale se si sfruttano le potenzialità innate di ognuno. Dobbiamo altresì condividere il nostro sapere, non solo scientifico ma esperienziale, così da stimolarli a riprendere appieno le redini della propria vita. Bisogna fare in modo che i protagonisti indiscussi del futuro non si nutrano solo di social, un mondo di apparenze e velato di ipocrisie, che li elevano ai massimi livelli di frustrazione. Bisogna che i più giovani ci vedano vicini a loro nel percorso di vita e credetemi, tante volte accade che i Pazienti cerchino specificamente un infermiere, avendo trovato in lui o lei un punto di riferimento nei precedenti ricoveri. Dobbiamo allontanare il focus dall’SPDC e collaborare con scuole, istituzioni e famiglie affinché riconoscano in noi infermieri della Salute Mentale divulgatori di benessere con capacità ed abilità comunicative che non si insegnano tra i banchi di scuola. Insieme possiamo fornire ai giovani emozioni vere, gratificanti, genuine e che stimolino la creatività. Dobbiamo insistere, far rumore per trovare un modo per diminuire il malessere di questa gioventù che troppo spesso si preclude, giunta al limite, la possibilità di vivere. Credo fermamente che l’unico modo per aiutarli sia la prevenzione, dobbiamo e possiamo prevenire il malessere, il disagio, e la vergogna. Noi infermieri possiamo ed abbiamo il dovere di farlo.

Mariagrazia_Ciardi

Marialaura Ciardi

Infermiera
Nurse