“Buongiorno, come posso aiutarla?” L’esperienza dell’accoglienza in Pronto Soccorso durante l’emergenza Covid 19. Fondazione IRCCS “Ca’ Granda” Ospedale Maggiore Policlinico di Milano

“Good morning; how can I help you?” The experience of the patients’ acceptance in the emergency room during the Covid 19 emergency in a university hospital in Milan

CONTESTO

L’ Unità Operativa di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ha subito in questi mesi di pandemia da Covid molteplici cambiamenti strutturali e organizzativi legati all’afflusso di pazienti e all’andamento dei contagi, per cui gli accessi e i reparti del Pronto Soccorso venivano repentinamente trasformati in COVID o NO COVID a seconda delle necessità del momento. La principale e più significativa modifica è stata quella di trasformare la sala d’attesa del Pronto Soccorso, in un’area di degenza con 12 postazioni letto, completamente autonoma nella gestione dei pazienti, definita AREA di OSSERVAZIONE BREVE a bassa intensità di cura, in supporto all’AREA di OSSERVAZIONE BREVE INTENSIVA. In questo contesto non è stato più possibile avere un luogo per accogliere gli accompagnatori e i parenti. Allo stesso tempo le nuove procedure aziendali legate alla pandemia, hanno vietato l’accesso ai parenti e accompagnatori alle aree di ricovero e degenza creando all’utenza disagio e problemi legati alla comunicazione.

PROGETTO

Nell’ambito del progetto sulla “Riorganizzazione del Pronto Soccorso”, ed in particolare nel contesto di un processo che vuole portare all’umanizzazione del pronto soccorso e della medicina d’urgenza, è stata individuata una figura professionale, che si occupasse principalmente di accoglienza. La legge di bilancio 2018 ha previsto con la “piramide della ricerca” a fine dicembre 2019, l’assunzione di tutti i ricercatori e collaboratori di ricerca precari all’interno degli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico e questo ha permesso di avere un’infermiera che potesse dedicarsi al progetto. Il Pronto Soccorso, è per definizione e nella realtà un luogo dove l’utenza sperimenta il massimo del bisogno, del disagio fisico e la necessità di essere curato e ascoltato in un contesto spesso di “emergenza-urgenza”, per eventi nella maggior parte dei casi, improvvisi e traumatici e dove si affida totalmente ad altri a volte anche contro la propria volontà.
A partire da questo, l’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di sperimentare un’accoglienza attiva, con lo scopo di prevenire il manifestarsi di situazioni di estrema necessità o insofferenza, anticipando dove possibile le esigenze di tutti, con un approccio orientato verso la gentilezza, finalizzata anche a prevenire e bloccare eventuali atteggiamenti di ansia, sensazione di abbandono, aggressività e conflitti con il personale. Nella prima fase del percorso di organizzazione abbiamo cercato di capire quale fosse la migliore collocazione spazio-temporale, avendo a disposizione una sola persona e per un numero di ore limitato, quali fossero i reali bisogni dell’utenza e le maggiori criticità nella risoluzione di problemi. In tutto questo, problema non da poco, inserire questa nuova figura in un contesto di lavoro già ben strutturato per definizione di ruoli e compiti, senza creare sovrapposizioni o entrare in conflitto con il personale già presente, in particolare gli infermieri del Triage, i medici, i portieri e il personale amministrativo presente con un ufficio all’ingresso del Pronto Soccorso. L’arrivo della pandemia da Covid a fine febbraio 2020 è coincisa con l’avvio del progetto, inizialmente con oggettive difficoltà in partenza, in quanto questa nuova condizione di lavoro ha portato tutti gli operatori sanitari a gestire principalmente la nuova situazione emergenziale, rivedendo le priorità in base alle necessità del momento, e lasciando l’accoglienza ad un ruolo marginale e approssimativo. Nel corso dei mesi successivi, tra la fine di giugno e l’inizio della seconda ondata, c’è stato il tempo di strutturare il progetto, con metodi di lavoro e precisi strumenti, alla luce dell’esperienza vissuta. Il progetto è stato nuovamente discusso e rielaborato, individuando le principali problematiche emerse rispetto alla gestione dei pazienti, dei parenti, degli accompagnatori, alla necessità di avere una comunicazione efficace che possa in qualche modo colmare il vuoto che si viene a creare fra paziente e parente nel momento del ricovero e che crea in entrambi i casi, sconforto, paura e grande dolore.
I principali strumenti utilizzati sono stati:
Un computer con accesso ai programmi aziendali di PSNET e di ACCEWEB per poter avere tutte le informazioni necessarie sui pazienti e sui reparti di degenza.
Un cellulare aziendale con un numero dedicato, comunicato a tutti i parenti al momento del ricovero attraverso una brochure informativa in cui veniva spiegata la nuova gestione del pronto soccorso. Cellulare attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17.
I tablet aziendali presenti nelle aree di degenza, con cui è stato possibile effettuare le videochiamate.

LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO: i punti di forza

La nuova organizzazione del progetto “accoglienza” è stata sperimentata nella sua completezza a partire dal mese di settembre ed ha avuto il suo apice nei mesi della seconda pandemia. Nell’ambito del pronto soccorso, la collocazione fisica ottimale è stata individuata all’ingresso dedicato ai pazienti COVID-negativi e a piedi per la possibilità di potersi muovere fra la portineria, il triage e l’ufficio a seconda delle richieste e dei bisogni, luogo ottimale anche per il primo approccio al paziente in termini di screening della sintomatologia COVID e per l’indicazione del giusto percorso di accettazione.
L’incontro diretto con il familiare accompagnatore ha permesso di spiegare le nuove regole aziendali sull’ingresso e creare nella maggior parte dei casi, un rapporto di conoscenza utile per ottimizzare le informazioni successive, riducendo fin da subito eventuali situazioni di conflitto e disorientamento. Fondamentale l’inserimento precoce nella cartella di Pronto Soccorso dei numeri di telefono dei parenti e la consegna dei fogli informativi. Il cellulare aziendale in questi mesi della seconda ondata pandemica è stato il principale strumento di contatto fra i familiari e la struttura, per tutte quelle necessità di carattere pratico e organizzativo rispetto alla destinazione dei pazienti all’interno del Pronto Soccorso, ai ricoveri nei reparti di degenza e ai trasferimenti presso strutture del territorio lombardo. Il cellulare è stato utilizzato anche per informazioni di carattere sanitario e come tramite con i medici. La comunicazione è stata semplificata dalle conoscenze infermieristiche del collaboratore di ricerca che, molto spesso, è stato l’unico contatto fra pazienti e parenti nel caso in cui i primi fossero sprovvisti di cellulare personale o non in grado di utilizzarlo. La media delle chiamate ricevute è stata di 40 al giorno, considerando nelle settimane più critiche la presenza in pronto soccorso di 70/80 pazienti ricoverati. Un capitolo particolarmente delicato è stato quello legato alle videochiamate in area Covid. La presenza di tablet aziendali, donati all’ente nella prima pandemia, ha facilitato la videocomunicazione di pazienti prevalentemente ricoverati in area ad alta intensità di cura, spesso in gravi condizioni che hanno avuto la possibilità di salutare, a volte per l’ultima volta, i propri cari.
Le videochiamate, eseguite mediamente due volte al giorno, sono sempre state pianificate con medici e infermieri, nel rispetto delle regole aziendali sulla privacy, su richiesta dei pazienti, dei parenti o del personale sanitario, spesso quando un commiato era necessario dallo stato terminale del paziente o prima dell’intubazione e successivo trasferimento in terapia intensiva. Il coinvolgimento emotivo di tutto il personale è stato davvero grande, ma estremamente utile nel processo di umanizzazione dell’ospedale di cui bisogna inevitabilmente tenere conto anche per il prossimo futuro. Una nuova procedura aziendale permette oggi l’ingresso dei familiari anche in area COVID in caso di estrema necessità. In questo caso il servizio accoglienza si è occupato di accompagnare il parente fino al letto del paziente, seguendo le procedure aziendali a partire dalla corretta vestizione per l’accesso nelle aree COVID. Un aspetto non meno importante è stato la consegna ai pazienti di cellulari, caricabatterie, vestiti e valigie per ricoveri o trasferimenti presso altre strutture e l’organizzazione della riconsegna ai familiari degli effetti personali delle persone defunte.

LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO: le criticità

La principale criticità emersa è stata sicuramente dover lavorare in un luogo ad alto rischio infettivo, in quanto l’accesso al Pronto Soccorso, nonostante le opportune segnalazioni di accesso, avveniva anche per pazienti Covid potenzialmente o effettivamente positivi e la conseguente necessità di lavorare tante ore utilizzando tutti i DPI necessari e doverli cambiare con una frequenza superiore alla norma. Non sempre è stato facile far capire all’utenza le regole imposte dall’emergenza Covid. Di fronte alla gravità della malattia e allo stato di sofferenza del paziente, chi lo accompagna e si è sempre preso cura di lui, fatica moltissimo a “lasciarlo andare”. La paura di un distacco che poteva diventare “per sempre”, ha creato molte situazioni di incomprensione e di grande dolore. “Io da qui non me ne vado” è stata l’affermazione più ricorrente in questi mesi, che strideva con la necessità di avere le aree di accesso al pronto Soccorso il più possibile libere da persone non addette ai lavori. Non sempre gli accompagnatori accettavano di andare a casa e stazionavano per ore nelle aree esterne del pronto soccorso o affrontavano il personale con maleducazione e violenza verbale. Un’ultima criticità evidenziata è stata la tempistica del servizio, attivo solo nei giorni feriali e solo per sette ore al giorno, nei periodi di massimo affollamento è sicuramente riduttivo e non garantisce una continuità di processo.

CONCLUSIONI

La presenza nell’Unità Operativa di una figura addetta all’accoglienza è stata sicuramente una cosa positiva. Agire, senza interferire troppo e invadere gli spazi di medici e personale infermieristico, ma lavorare come supporto in spazi strategici dal punto di vista funzionale, ha permesso di migliorare il lavoro, in particolare per Il personale del triage che ha visto ridursi notevolmente il numero delle interruzioni improprie durante le attività. L’approccio precoce alle problematiche non strettamente sanitarie legate alla malattia, ma di tipo logistico, informativo, la chiarezza delle nuove regole, la disponibilità all’ascolto, il saper rispondere in maniera pronta ed efficace ai bisogni secondari dell’utenza e degli accompagnatori, ha sicuramente portato ad avere una diminuzione dello stress, della paura, della tensione, creando un clima di lavoro più sereno ed efficace.

RINGRAZIAMENTI

Grazie a tutto il personale medico, infermieristico e di supporto dell’Unità Operativa di Pronto Soccorso per avermi sempre aiutato e sopportato, alla Dottoressa Paola Bosco, Responsabile Infermieristica dell’Area Emergenza e Urgenza, a Monica Pecorino Meli e Marta Chiara coordinatrici del Pronto Soccorso, per aver reso possibile l’esperienza dell’accoglienza in un periodo per loro particolarmente difficile e faticoso, ai portieri per le loro chiamate, sempre precise e attente. Ma un grazie particolare va al Prof. Giorgio Costantino, Direttore dell’Unità Operativa di Pronto Soccorso, per aver ideato e creduto in questo progetto.

Cristina Piuma Fiammetta

Infermiera, collaboratrice di ricerca, Pronto Soccorso, Fondazione IRCCS “Ca’ Granda” Ospedale Maggiore Policlinico Milano
RN, nurse, research assistant, Emergency Department, IRCCS Foundation “Ca ‘Granda” Ospedale Maggiore Policlinico Milan
cristina.piuma@policlinico.mi.it