Breve storia di uno dei primi esempi di wound care olistico del XVI secolo. La cura di Ambroise Paré

A brief history of one of the first examples of holistic wound care from the 16th century. The cure of Ambroise Paré

 

Le due ragazze che stanno parlando sono sistemate un posto più in là rispetto a dove sono seduto io. Nonostante lo sferragliare del treno che ci ospita ho capito che sono iscritte all’ultimo anno del Corso di Laurea in Infermieristica. Si percepisce l’emozione di una scelta di vita, l’eccitazione nell’affrontare qualcosa di nuovo: provo verso di loro una punta d’invidia che, dopo tutto, è la più sincera forma di ammirazione.
Stanno parlando di ulcere da pressione, non sono un tecnico, mi diverto con la storia dell’assistenza infermieristica e la prima associazione di idee che faccio sull’argomento è con il libro di Mrs Catherine W. Smart, matron del Waddington Hospital, “Bed sores: their prevention and cure” del 1916. All’epoca le nurses inglesi erano un passo avanti, ma riflettendo meglio sono portato a tornare ancora più indietro nel tempo, nel sedicesimo secolo, per uno splendido esempio di wound care olistico che, oggi, è diventato patrimonio del nursing.
Ambroise Paré, nato in Francia circa nel 1510 e deceduto a Parigi nel 1590, consigliere e primo chirurgo del re, famoso per i suoi trattamenti delle ferite di guerra (allora si sparava da tutte le parti!) non erano insolite procedure quali la legatura delle arterie dopo un’amputazione, l’utilizzo di un digestif a base di tuorlo d’uovo, olio di rose, trementina e non ricordo cos’altro, in sostituzione dell’olio di sambuco bollente versato direttamente nelle ferite d’archibugio. Parè soleva ripetere “Ie l’ay pense iusques à la fin , & Dieu l’a guary” traducibile come “io l’ho curato sino alla fine e Dio l’ha guarito”; scrive, tra gli altri suoi numerosi trattati, “Apologie et traicté contenant les voyages fatts en divers lieux”.
La parte di nostro interesse s’intitola “Voyage de Flandres” .
Il re di Francia, su richiesta del duca di Ascot, invia Ambroise Paré in soccorso del marchese d’Auret, che sette mesi prima aveva ricevuto un colpo di archibugio vicino al ginocchio con frattura dell’osso.
All’arrivo Monsieur Paré scrive: ”…Lo trovai con una grande febbre, gli occhi molto infossati, con un viso moribondo e giallastro, la lingua secca ed inaridita e tutto il corpo molto emaciato e magro… la sua coscia molto gonfia, ascessa ed ulcerata, che scaricava un pus verdastro e fetido…
Un quadro, quello descritto, correlato più strettamente al campo d’azione del personale medico, ma poi prosegue…
…i glutei con un’ulcera dalle dimensioni del palmo di una mano”.
A causa del dolore il marchese non riusciva ad alimentarsi né a dormire da giorni e, sempre a causa della violenza della sofferenza, non poteva neanche essere toccato, le sue lenzuola “non erano state cambiate da quasi due mesi”.
Tralasciamo la parte “prettamente medica” del resoconto che prevedeva, tra l’altro, di “fare aperture per dare sfogo alla materia sana trattenuta negli spazi dei muscoli e nella loro sostanza; allo stesso modo all’osso che ha causato una grande corruzione in tutta la coscia, da cui i vapori sono usciti e sono stati trasportati al cuore, che ha causato sincope e febbre e dalla febbre un calore universale in tutto il corpo…” per concentrarci sull’ulcera da pressione non perdendo di vista che siamo nel 1569 , mese più, mese meno.
Disquisisce il primo chirurgo del re “Ora, la piaga sulla natica è venuta dall’essere stato troppo a lungo sdraiato su di essa, senza muoversi, che è stata la causa per cui gli spiriti vitali non hanno potuto brillare in essa. Da questa causa c’è stata l’infiammazione, l’ascesso infiammatorio, l’ulcerazione, anche con perdita di sostanza della carne sottoposta, con fortissimo dolore, a causa dei nervi che sono disseminati in questa parte”.
Gli infermieri si occupano da sempre del trattamento topico delle lesioni, ergo, quanto segue, proiettato in data odierna, risulta di assoluta competenza infermieristica: “è necessario metterlo in un altro letto, molto morbido e che gli siano date una camicia e delle lenzuola pulite, altrimenti tutte le cose che si potrebbero fare per lui non sarebbero utili perché gli escrementi ed i vapori delle scariche trattenute per lungo tempo sono attirate dalle sistole e dalle diastole delle arterie che sono disseminate nella pelle e fanno sì che gli spiriti vitali cambino ed acquisiscano una cattiva diatesi o qualità…
È necessario fare fomentazioni sulla coscia e su tutta la gamba con un decotto a base di salvia, rosmarino, timo, lavanda, fiori di camomilla e meliloto, rose rosse bollite nel vino bianco e disidratante a base di cenere di quercia ed un poco d’aceto e mezza manciata di sale. Questo decotto ha la proprietà di sottilizzare, attenuare, incidere, sciogliere, appassire ed asciugare l’umore denso e viscoso”.
Sulla natica deve essere applicato un grande cerotto fatto di unguento essicante ed unguento comitissae”. Per avere un’idea della complessità delle preparazioni farmacologiche dell’epoca, l’unguento comitissae, o della contessa che dir si voglia, poteva, condizionale d’obbligo, essere preparato con: “Cortecce di ghiande, di castagne di quercia, bacche di mirto, coda equina, galluzza (galla di quercia), gusci di fave, semi d’uva, cappelli di ghiande, sorbe acerbe secche, nespole acerbe secche, foglie di capperi, foglie di pruni, radici di celidonia, soppesta e fa bollire in decottione di piantaggine a consumatione della metà, cola, con detta colatura lava le sottoscritte cose: olio di mirto, olio di mastice, cera nuova. Struggi, lava come è detto, dopo vi spargi le sottoscritte cose polverizzate sottilmente: corteccia di castagne, di ghiande, di quercia, galluzza, sugo di hypocistide, cenere d’osso di gamba di bue, bacche di mirto, semi d’uva, trocisci di charabe (il principio attivo, in questo caso charabe (succino?), mescolato, a esempio, con polvere di pane sino a formare una pasta e poi lasciata essiccare) Mescola e fa unguento in buona forma” .
Valutate voi, cari lettori.
Questi unguenti “allevieranno il dolore ed asciugheranno l’ulcera; inoltre dovremmo fargli un piccolo cuscino di piuma per mantenere la natica in aria, senza che ci si appoggi sopra”.
Due ore dopo gli feci fare un letto vicino al suo su cui c’erano lenzuola bianche e pulite; poi un uomo forte lo mise dentro e fu felice di essere portato fuori dal suo letto sporco e puzzolente. Presto chiese di dormire, cosa che fece per quasi quattro ore.
L’ho bendato così abilmente che non ha provato dolore, che cessando la febbre cominciò a diminuire molto. Poi gli ho fatto bere vino moderatamente temprato in acqua, sapendo che ripristina e accelera le forze vitali”.
Ambroise Paré, una volta medicato il marchese d’Auret, si recò in cucina dove ebbe a vedere “Togliere da una grande pentola mezza pecora, un quarto di vitello, tre grandi pezzi di manzo, due galline ed un grandissimo pezzo di pancetta, con abbondanza di buone erbe e mi sono detto che il brodo contenuto nella pentola fosse succulento ed un buon nutrimento”. A parte chiedersi quanto fosse grande la pentola, non si può non notare, nelle spiegazioni che seguono nel testo originale, che il chirurgo del re descrive ampiamente le prescrizioni inerenti la dieta che, in un crescendo rossiniano adattato al progredire del miglioramento delle condizioni fisiche, il marchese avrebbe dovuto assumere, sino a “prescrivere” al proprio paziente “che facesse venire viole e violini e qualche comico per farlo divertire” e dopo qualche mese Ambroise Paré narra che il marchese poteva essere sistemato su di una sedia e portato in giardino ed anche al cancello del suo castello dove la gente veniva a trovarlo, a parlare e a brindare con lui.
La narrazione descritta termina con la guarigione e, come in tutte le fiabe dal lieto fine, si conclude con un grande banchetto.
In queste testimonianza troviamo l’attenzione verso l’igiene, la cura topica, la superficie d’appoggio, l’apporto nutritivo ed il sostegno psicologico: i principi cardine del nursing in wound care.
Per sottolineare l’importanza della componente psicologica nel caring, voglio avvicinarmi nel tempo, ricorrendo all’esempio riferito dal dottor Archibald Leman Cochrane (1909-1988), il padre della Evidence Based Medicine, il cui nome è stato adottato, per onorarlo, dalla Cochrane Library, e che ha scritto nella sua biografia “One Man’s Medicine” .
L’episodio è inerente la sua opera di medico, come prigioniero in un campo di concentramento tedesco, durante la seconda guerra mondiale. Scrive il dottor Cochrane: “Un altro evento a Elsterhost ha avuto un forte effetto su di me. I tedeschi hanno scaricato un giovane prigioniero sovietico nel mio reparto nella tarda notte. Il reparto era pieno, quindi l’ho messo nella mia stanza perché era moribondo ed urlava e non volevo svegliare il reparto. L’ho visitato. Aveva una cavitazione bilaterale evidente ed un forte sfregamento pleurico. Pensavo che quest’ultimo fosse la causa del dolore e delle urla. Non avevo morfina, solo aspirina, che non ha avuto effetto.
Mi sentivo disperato. Allora conoscevo molto poco il russo e nel reparto non c’era nessuno che lo sapesse. Alla fine, istintivamente, mi sedetti sul letto e lo presi tra le braccia e le urla cessarono quasi subito. Morì pacificamente tre le mie braccia poche ore dopo. Non era la pleurite a provocare le urla, ma la solitudine“.
Questa non è medicina questo è di più, molto di più, questo è nursing.
Il rumore del treno che passa sugli scambi, mi riporta alla realtà; “Cremona, stazione di Cremona; fine corsa”.
Cedo il passo alle due future Infermiere, le guardo allontanarsi e mi godo un momento di nostalgia; vorrei tornare a scuola, non fosse che per rivedere ancora la ragazzina del primo banco, quella bionda, quella carina, quella che sorrideva e parlava con tutti… ma non con me.

 

BIBLIOGRAFIA

      1. Les Ouvres d’Ambroise Paré. 1585. Pag. CCCXCV
      2. Les Ouvres d’Ambroise Paré. 1628. Huictiesme Edition. Pag. 1223.
      3. Le Journal du médicin, 2076, 20 aprile 2010. Pag.24
      4. Della materia medicinale. 1562. Pag. 309
      5. One Man’s Medicine: An Autobiography of Professor Archie Cochrane. Pagina 82.

Gabriele De Biasi

Appassionato di storia dell’assistenza infermieristica
Nursing History Scholar
gabrideb@alice.it