Assistenza infermieristica al paziente in ECMO degente in terapia intensiva

ECMO: the nurse’s role in patient care

 

ABSTRACT ITA

Introduzione. L’ECMO è un supporto vitale e non terapeutico, utilizzato in ambito di terapie intensive, per pazienti con insufficienza cardiaca e/o respiratoria acuta grave con un certo potenziale di reversibilità. La gestione del paziente in ECMO è molto complessa e necessita di personale infermieristico altamente qualificato e della standardizzazione delle azioni assistenziali per mezzo di linee guida. Nel Dicembre del 2019 è stato identificato il virus SARS-CoV2 che ha comportato nell’uomo sia lievi sintomi respiratori sia Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS) trattata, in presenza di circostanze particolari, con ECMO. Studio. Lo studio è stato condotto presso terapie intensive di vari presidi ospedalieri, ponendo al personale infermieristico un questionario le cui item permettevano la valutazione di diversi punti quali: entità di utilizzo del trattamento durante l’emergenza, eventuali differenze nel processo assistenziale al paziente COVID-19 positivo in trattamento ECMO rispetto al precedente, fascia di età dei pazienti sottoposti ad ECMO prima della pandemia e al tempo stesso si è valutata la formazione del personale infermieristico. Obiettivo. Valutare l’utilizzo dell’ECMO prima e dopo l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV2 all’interno delle terapie intensive. Materiali e Metodi. Nello studio sono stati previsti dei criteri di esclusione coinvolgendo il personale infermieristico di area critica. La raccolta dati è avvenuta presso le Terapie intensive di cardiochirurgia di due ospedali regionali: presidio ospedaliero “Vito Fazzi” (Lecce), Policlinico di Bari e di due ospedali extra-regionali: le Molinette (Torino) e IRCCS Policlinico San Donato (Milano). Risultati. Grazie a tale studio è opportuno evidenziare che, a discapito del paziente, il personale infermieristico presenta lacune nelle competenze specifiche per un’adeguata assistenza del paziente in trattamento ECMO. Al tempo stesso, lo studio ha dimostrato che la maggior parte del campione che ritiene vi sia una differenza nel processo assistenziale fa riferimento non alla gestione del supporto, bensì alla gestione del paziente COVID-19 positivo. In vista di ciò, è auspicabile che in un futuro, per mezzo di una migliore progettazione dell’attività formativa del personale, le competenze del singolo professionista possano raggiungere standard maggiori. Importante essere elemento di letteratura con il fine di aggiornamento di un determinato argomento. Parole chiave. ECMO, formazione, COVID-19, terapia intensiva.

 

ABSTRACT ENG

Introduction. ECMO is a non-therapeutic life support used in intensive care for patients with severe acute cardiac and/or respiratory failure with some potential for reversibility. The management of the patient on ECMO is very complex and requires highly qualified nurses and standardisation of care actions by means of guidelines. In December 2019, the SARS-CoV 2 virus was identified, resulting in both mild respiratory symptoms and Acute Respiratory Distress Syndrome (ARDS) in humans treated, under special circumstances, with ECMO. Study. The study was carried out in the intensive care units of various hospitals, asking nurses to fill in a questionnaire, the items of which allowed the evaluation of various points such as: the extent to which treatment was used during the emergency, any differences in the process of caring for COVID-19 positive patients undergoing ECMO treatment compared to the previous one, the age range of patients undergoing ECMO before the pandemic, and at the same time the training of nurses was evaluated. Aim. To evaluate the use of ECMO before and after the SARS-CoV2 epidemiological emergency within intensive care units. Materials and Methods. Exclusion criteria were provided in the study by involving critical area nurses. Data collection took place in the cardiac surgery intensive care units of two regional hospitals, “Vito Fazzi” Hospital (Lecce) and Policlinico di Bari, and two extra-regional hospitals, Le Molinette (Turin) and IRCCS Policlinico San Donato (Milan). Results. Thanks to this study it was possible to highlight gaps in the nursing staff in the patient’s management undergoing ECMO treatment. At the same time, it revealed that the majority of the sample who believe there is a difference in the care process, doesn’t refer to the management of support, instead to the management of the COVID-19 positive patient. Key words. ECMO, learning, COVID-19, intensive care unit.

 

INTRODUZIONE

La professione infermieristica, nel corso degli anni, ha subito un’evoluzione che ha consentito il passaggio da attività ausiliaria a vera e propria professione sanitaria, dotata di un autonomo profilo professionale e di un codice deontologico. L’infermiere di area critica deve garantire un’efficace assistenza infermieristica in prima linea attraverso l’acquisizione di competenze professionali specifiche in grado di fornire strategie assistenziali tempestive e di qualità. L’aumento dei fattori di rischio e dell’età media ha portato ad un incremento dell’insorgenza di insufficienza cardiaca e/o respiratoria acuta compromettendo in modo significato la salute della persona. Esistono differenti trattamenti per tali patologie. Più importante tra tutti è l’ECMO (Ossigenazione Extracorporea a Membrana), utilizzato in circostanze particolari, nel momento in cui il paziente con un quadro clinico critico necessiti di un trattamento che mantenga temporaneamente a riposo cuore e polmoni. Nello specifico, l’ECMO preleva il sangue dall’apparato circolatorio del paziente, lo ossigena e, una volta terminato il processo, lo re-infonde per garantire la perfusione dei tessuti. Questo supporto, presenta un’elevata potenzialità di sopravvivenza per pazienti con clinica severa a carico dell’apparato cardiopolmonare, ma è anche altamente invasivo, ecco perché, ancora oggi, l’utilizzo è limitato a pochi centri ospedalieri e soprattutto a pazienti che soddisfano protocolli impostati. È una tecnica non priva di rischi, di fatto presenta alte percentuali di complicazioni per via dell’importanza fondamentale degli organi coinvolti e dei meccanismi fisiologici sottoposti a continuo rischio di scompenso. Una tra le tante è l’emorragia, dovuta ad alterazioni dei fattori di coagulazione. L’assistenza al paziente critico, in trattamento ECMO è molto complessa, richiede personale infermieristico con adeguata formazione, ma non solo: l’infermiere di area critica, oltre alle competenze specialistiche, deve possedere esperienza e pensiero critico, rilevanti nelle decisioni adottate in determinate situazioni e contesti. Oltre alla formazione, è importante la standardizzazione delle azioni assistenziali per mezzo di linee guida e protocolli.
L’ECMO nell’ultimo periodo è stato utilizzato in maniera più frequente a seguito del fenomeno epidemiologico da SARS-CoV2, identificato nel recente Dicembre 2019, che ha comportato nell’uomo l’insorgenza di malattia respiratoria altamente infettiva, manifestandosi nella maggior parte dei casi con lievi sintomi respiratori, mentre nei casi più gravi, l’infezione ha portato Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS) trattata, in presenza di circostanze particolari, con ECMO.
Lo studio effettuato si prefigge l’obiettivo di valutare l’utilizzo dell’ECMO prima e dopo l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV2, per integrare la letteratura scientifica ed aiutare ad aggiornare le linee guida e i protocolli riguardanti la gestione del paziente in ECMO con una speranza futura di poter utilizzare tale tecnica in un numero più ampio di contesti e poter ridurre il tasso di mortalità di pazienti con quadri clinici critici.

 

MATERIALI E METODI

Lo studio ha coinvolto il personale infermieristico che opera in terapie intensive di vari presidi ospedalieri, ed è stato condotto nel periodo agosto – settembre 2020. Sono stati previsti dei criteri di esclusione, ovvero lo strumento di indagine non è stato somministrato al personale di supporto e al personale infermieristico che non pratica la professione in area critica, in considerazione del fatto che l’ECMO, essendo un circuito di grande complessità, non è possibile applicarlo in tutte le unità operative.
Lo strumento d’indagine, formulato in modo tale da risultare chiaro e comprensibile, è strutturato in 12 items, suddivise in tre parti:

  • la prima, ovvero la parte conoscitiva, ha permesso di definire le informazioni soci-demografiche del campione d’indagine;
  • la seconda, invece, ha permesso di quantificare quanto spesso viene prestata assistenza a pazienti in trattamento ECMO, analizzare le competenze del personale infermieristico di area critica acquisite attraverso un’adeguata formazione riguardo la gestione di tale supporto, individuare l’età media dei
  • pazienti aventi un quadro clinico tale da richiedere l’utilizzo dell’ECMO
  • la terza, infine, ha permesso di indagare sull’utilizzo dell’ECMO in pazienti COVID-19 positivi che riversavano in condizioni critiche.

La raccolta dati è avvenuta presso le Terapie intensive di cardiochirurgia di due ospedali regionali: presidio ospedaliero Vito Fazzi (Lecce), Policlinico di Bari e di due ospedali extra-regionali: Ospedale le Molinette (Torino) e IRCCS Policlinico San Donato (Milano). La somministrazione, previa autorizzazione, è avvenuta sia in modalità cartacea sia da remoto. I questionari distribuiti al personale infermieristico sono stati compilati anonimamente, trattati nel rispetto della privacy, schedando le risposte rispetto ad ogni singola domanda del questionario.

 

RISULTATI

La parte conoscitiva del questionario ha permesso di esaminare come primo dato l’età del campione , ovvero, sulla base di cinque categorie il personale in maniera autonoma ha inserito la propria età anagrafica. Il range d’età preso in considerazione va dai 20 agli oltre 50 anni e la prevalenza del campione ha un’età media compresa tra i 41-50 anni.
Successivamente si è valutato il sesso del campione e dall’analisi dei dati raccolti è emerso che gli operatori sanitari di sesso femminile (62%) sono risultati essere in maggioranza rispetto agli operatori sanitari di sesso maschile (38%).
Per mezzo del consecutivo item si è valutato il titolo di studio di cui sono in possesso gli infermieri campione per cercare di capire il grado di formazione di ognuno di essi, in quanto prestano il proprio servizio presso un’area dove la formazione e l’esperienza fanno la differenza per poter salvare la vita al paziente. I dati relativi al titolo di studio, hanno evidenziato che la maggior parte degli operatori sanitari campionati è in possesso di una laurea triennale di I livello (64%), mentre un 18% è in possesso del diploma di istruzione secondaria superiore e un altro 18% è in possesso della laurea magistrale di II° livello.
Oltre alla formazione base, con il successivo item, è stato analizzato un dato importante ovvero la formazione post-lauream intrapresa dagli operatori facenti parte del campione d’indagine. Esaminando i dati raccolti il 64% del personale infermieristico campione è in possesso di master, risultato essere la formazione universitaria maggiormente intrapresa successivamente al diploma di laurea di I livello, seguito dalla specializzazione (30%) e dalla DAI (6%).
Infine, ultimo dato conoscitivo valutato è stata l’anzianità di servizio, ovvero l’arco temporale in cui il personale infermieristico di area critica ha svolto la propria professione. I risultati ottenuti dallo studio, relativi all’anzianità di servizio del singolo campione, hanno evidenziato che la maggior parte del personale infermieristico ha esercitato la professione dagli 11 ai 20 anni.
Terminata la parte conoscitiva, relativa ai dati personali dei professionisti, si è passati poi a valutare l’assistenza erogata ai pazienti in trattamento ECMO prima dell’emergenza epidemiologica causata dal virus SARS-CoV 2, la formazione del personale infermieristico e l’età media dei pazienti aventi un quadro clinico critico tale da richiedere l’utilizzo dell’ECMO.
Per mezzo dell’item numero 3 (grafico n.1), si è analizzata la frequenza con la quale l’infermiere entra a contatto con i pazienti in ECMO durante lo svolgimento della propria attività ospedaliera.

 

 

Dall’elaborazione dei dati si è evinto che l’ECMO è un trattamento utilizzato con bassa frequenza: la maggior parte del campione ha erogato assistenza a tali pazienti, in media, solo una volta l’anno.
Successivamente, è stato chiesto al professionista sanitario un aspetto importante, nello specifico, se ritiene vi sia adeguata formazione del personale infermieristico riguardo la gestione dell’ECMO. Solo il 16% del campione d’indagine afferma di avere le giuste competenze per la gestione del paziente critico, al contrario, la maggioranza del personale infermieristico campione, ovvero l’84% di essi, ritiene vi siano numerose lacune nella formazione e nelle competenze specifiche.
Tant’è vero che attraverso l’items 5, nel quale si richiede quanto un miglioramento della formazione del personale possa garantire una migliore assistenza sanitaria e accurata gestione dei pazienti in trattamento ECMO, si è estrapolato che quasi il 100% ritiene necessaria un’ottimizzazione del sistema formativo.
La domanda successiva items 6 (grafico n.2), “Qual è la fascia d’età dei pazienti con insufficienza respiratoria grave in cui ha riscontrato un maggiore utilizzo dell’ECMO?”, ha permesso di individuare la fascia d’età media dei pazienti affetti da insufficienza respiratoria grave, in cui è stato riscontrato un maggior utilizzo dell’ECMO.
Dal grafico si è dedotto che i pazienti con quadro clinico critico, richiedenti il trattamento con ECMO, rientrano nella fascia d’età media compresa tra i 60-69 anni.

 

In seguito, in termini macroscopici, è stata analizzata, l’assistenza al paziente in trattamento ECMO con infezione da SARS-CoV2.
Uno degli obiettivi posti è quello di verificare se dall’inizio dell’emergenza sanitaria da SARS-CoV2 sino al momento della compilazione del questionario vi sia stato un incremento del numero di pazienti sottoposti al trattamento ECMO. Dal 74% del campione d’indagine è emerso che non vi è stato nessun incremento, sebbene, al tempo stesso, il 26% del personale campione ha notato un aumento dell’utilizzo dell’ECMO a seguito dell’infezione. A questi ultimi è stato richiesto di quantificare l’incremento e la maggioranza ha affermato che vi è stato un aumento del 50% circa.
Per mezzo dell’item numero 8 è stato evidenziato un dato importante: la fascia d’età dei pazienti COVID-19 positivi sottoposti al trattamento ECMO a causa dell’infezione, per valutare se l’età media sia rimasta invariata o meno rispetto all’utilizzo dell’ECMO nel periodo pre-emergenziale. Dall’analisi delle varie risposte del campione d’indagine, precisamente, il 48% di essi ha inquadrato come fascia d’età media dei pazienti COVID-19 positivi in trattamento ECMO quella tra i 40-49 anni. Ciò vuol dire che sebbene l’ECMO sia un trattamento utilizzato in casi di elevata criticità, a seguito dell’emergenza epidemiologica è stato utilizzato in soggetti più giovani rispetto allo standard (il 24% fascia d’età compresa tra i 50-59, il 20% fascia d’età compresa tra i 60-69, l’8% fascia d’età compresa tra i 70-79). Per poter inquadrare al meglio il trattamento ECMO è stato chiesto se tale trattamento possa ridurre il tasso di mortalità ed analizzando le varie risposte la metà del campione, ovvero il 50%, ha ritenuto che possa comportarne la riduzione, mentre il 30% ha stimato che non permetta di ottenerne un calo. Infine, il restante 20% ha ritenuto che l’induzione alla riduzione del tasso di mortalità sia dovuta a circostanze particolari presenti nel quadro clinico. Ai professionisti favorevoli a tale trattamento è stato richiesto di evidenziare quali possano essere le cause di tale riduzione e le risposte individuano in parte come circostanza favorevole la giovane età, ma, al tempo stesso, anche l’assenza di patologie pregresse e l’insufficienza respiratoria refrattaria.
Per mezzo dell’item numero 10, è stato possibile analizzare eventuali differenze tra il paziente COVID-19 positivo, in trattamento ECMO, e il paziente in assenza d’infezione: si è evidenziata una notevole disuguaglianza nel processo assistenziale e successivamente, a chi aveva risposto positivamente è stato richiesto di fornirne una motivazione. Dall’elaborazione dei risultati ricevuti, la maggioranza dei professionisti campione ha ritenuto che non vi siano differenze, mentre la restante parte del campione ha incontrato diverse differenze e le motivazioni presentate sono riportate nella tabella numero 5 (item 11).

Infine, con l’ultimo item 12 (grafico n.3) si è cercato di valutare se vi siano mansioni più complesse da implementare da parte dell’infermiere di area critica, correlate all’emergenza sanitaria.

 

Dall’elaborazione dei dati è emerso che nel processo assistenziale al paziente COVID-19 positivo in trattamento ECMO sono presenti maggiori difficoltà di gestione del paziente, causate dall’attuale emergenza sanitaria.
Alla fine del questionario è stato inserito uno spazio facoltativo adibito ad accogliere considerazioni personali riguardo la gestione di un paziente ECMO. Il campione d’indagine all’unanime, ha sostenuto che la formazione teorico-pratica, insieme ad esperienza e conoscenza da parte del team sono punti fondamentali per una gestione ottimale del paziente in trattamento ECMO.

 

DISCUSSIONE DEI RISULTATI

Lo studio è stato condotto con l’obiettivo di valutare le variazioni nell’utilizzo dell’ECMO prima e dopo l’emergenza epidemiologica da SARS-CoV 2.
Gli items utilizzati nello strumento d’indagine hanno permesso di analizzare, in generale, l’assistenza al paziente in ECMO e, nel particolare, di trarre eventuali differenze tra il processo assistenziale al paziente affetto e non affetto da COVID-19 in trattamento ECMO. È stato posto come criterio di esclusione la non somministrazione del questionario a personale di supporto infermieristico e a personale infermieristico che non pratica la professione in area critica, in considerazione del fatto che l’ECMO, essendo un circuito di grande complessità, non viene applicato in tutte le unità operative.
Tra i punti cardini per un’assistenza ottimale troviamo la formazione, che, acquisita sia a livello universitario sia post-Lauream, permette di apprendere competenze specifiche.
Dallo studio effettuato emerge che tra il personale infermieristico, che opera all’interno di queste unità operative, sono presenti lacune nella gestione del paziente in trattamento ECMO, come conseguenza di una ridotta formazione. Ciò comporta assistenza inadeguata e un rischio maggiore di insorgenza di complicanze.
L’ECMO è un supporto vitale molto complesso non privo di rischi, di fatto, ancora oggi, la frequenza di utilizzo è bassa, ed è limitata ad alcuni centri ospedalieri. Non solo, i pazienti da sottoporre al trattamento ECMO devono soddisfare protocolli impostati, tanto è vero che la maggioranza del campione d’indagine confuta ciò dichiarandone una frequenza di assistenza almeno una volta l’anno.
Nel recente dicembre 2019 a causa del fenomeno epidemiologico insorto a seguito della comparsa del virus SARS-CoV2, nell’uomo si sono manifestate malattie respiratorie altamente infettive, con conseguente incremento dei pazienti che potevano essere sottoposti al trattamento ECMO in quanto ne soddisfacevano i protocolli. Questo virus ha una viralità elevata e la sintomatologia è dovuta al suo meccanismo d’azione caratterizzato dal legame della proteina spike con il recettore ACE 2, presente in diversi tessuti umani, soprattutto sulle cellule polmonari, avendo così come organi bersaglio i polmoni, sebbene possano essere contemporaneamente colpiti anche altri organi.
Da quanto emerso dai risultati, più della metà degli intervistati non ha valutato alcun incremento dell’utilizzo di questo supporto durante l’emergenza sanitaria. Ciò nonostante, la piccola parte restante, nella propria unità operativa, ha rilevato un incremento quantificato in 50% in più di utilizzo del supporto, specificandone anche la tecnica maggiormente usata, ovvero l’ECMO veno-venoso, in quanto il paziente COVID-19-positivo presentava insufficienza respiratoria acuta. Un ulteriore limite, nel seguente studio, è rappresentato dal breve periodo in cui è stato condotto, ovvero, tra agosto e settembre 2020. Al momento, le caratteristiche del virus non erano ancora ben note e da ciò ne sono conseguiti risultati pressoché ridotti. Questo agente patogeno ha comportato alcune differenze sulla gestione del paziente in terapia intensiva prima e dopo la pandemia. Una di esse, molto importante, si sofferma sul processo assistenziale del paziente COVID-19 positivo in ECMO. La maggioranza dei professionisti, afferma non vi siano disuguaglianze di gestione tra il paziente COVID-19 positivo e il paziente in assenza d’infezione, in quanto il supporto viene applicato in egual modo. La parte restante di essi, invece, sostiene l’opposto: non fa riferimento alla gestione del supporto in sé per sé, bensì alla gestione del paziente COVID-19 positivo che, altamente infettivo, richiede un’assistenza di base più complessa. Conseguentemente all’emergenza sanitaria, le mansioni a carico dell’operatore sanitario sono più complesse e scrupolose, in quanto, in aggiunta alle precedenti raccomandazioni riguardanti la gestione del paziente in trattamento ECMO, bisogna applicare rigorosamente tutte le misure di prevenzione, attraverso l’utilizzo dei DPI e delle linee guida dettate dal Ministero della Salute, per evitare l’insorgere di infezioni. Di fatto, per evitare il contagio, è opportuno avere una maggiore attenzione nell’utilizzo dei DPI, in quanto nel caso di COVID-19 risultano differenti rispetto a quelli utilizzati abitualmente (tuta, visiera, doppio guanto). Altro dato differente è l’età media dei pazienti affetti da SARS-CoV 2 e sottoposti ad ECMO, nello specifico, in precedenza all’emergenza sanitaria, l’età media dei pazienti affetti da COVID-19 era compresa tra 60 e 69 anni; mentre, a seguito della pandemia, l’età media dei pazienti è diminuita, passando a 40-49 anni.
Essendo un trattamento non privo di rischi vista l’elevata incidenza di complicazioni per via dell’importanza degli organi coinvolti, dallo studio è emerso che secondo un 50% dei professionisti l’ECMO potrebbe comportare la riduzione del tasso di mortalità per i pazienti COVID-19 positivi con un quadro clinico severo; un 30% stima che non permetta di ottenerne un calo. Infine, il restante 20 % di essi ritiene che l’induzione alla riduzione del tasso di mortalità sia dovuta a particolari circostanze presenti nel quadro clinico. Vengono individuate come circostanze favorevoli, in parte la giovane età, e, al tempo stesso, l’assenza di patologie pregresse e l’insufficienza respiratoria refrattaria.

 

CONCLUSIONI

L’infermiere di area critica è un professionista che svolge il proprio lavoro in un contesto complesso, che richiede interventi attenti e rapidi. Deve possedere pensiero critico, fondamentale nelle decisioni da adottare, e formazione, punto cardine per un’ottima assistenza.
Attraverso lo studio condotto presso le U.O. di terapia intensiva del Vito Fazzi (Lecce), le Molinette (Torino), il Policlinico di Bari e IRCCS Policlinico San Donato (Milano), è emerso che, a discapito del paziente, ancora oggi il personale infermieristico non è dotato della giusta preparazione per la gestione del paziente critico e non possiede equilibrate competenze specifiche per un’adeguata assistenza, pur essendo un professionista. Queste lacune comportano livelli mediocri di assistenza e conseguente aumento del livello di complicanze. Il personale infermieristico è fondamentale nel percorso di cura di pazienti sottoposti all’Ossigenazione Extra Corporea a Membrana.
Oltre a pensiero critico e formazione, sono rilevanti anche le capacità relazionali e comunicative del professionista, in quanto la collaborazione precoce e tempestiva con i vari componenti del team di cura migliora l’outcome del paziente.
Sarebbe, dunque opportuno valutare attentamente i livelli di conoscenza e competenza di ogni operatore sanitario, istituire attività formative che permettano di colmare i vuoti e ampliare il bagaglio culturale del professionista così da migliorare la qualità di assistenza. In vista di ciò, è auspicabile che, in un futuro, per mezzo di una migliore progettazione dell’attività formativa del personale, le competenze del singolo professionista possano raggiungere standard maggiori e con questo studio si possa invogliare i professionisti ad un personale miglioramento.
Essendo la medicina in continua evoluzione, l’obiettivo di questo studio è contribuire a migliorare e ampliare l’utilizzo di questo supporto con il vantaggio che “Ulteriori ricerche devono essere fatte per migliorare la selezione dei pazienti. Sono inoltre necessarie ricerche per migliorare la prevenzione e l’identificazione precoce delle complicanze. Nuove scoperte in queste aree miglioreranno ulteriormente la mortalità, la morbilità e la spesa sanitaria associate allo shock cardiogeno e all’arresto cardiaco”1.

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Materiale elettronico e sitografia

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    (Ultima consultazione 16 Giugno 2020, ore 15)

Marcello Antonazzo

Direzione Sanitaria Aziendale ASL Lecce, Professore a Contratto MED/45 Università degli Studi di Bari, Presidente OPI Lecce
Mangement for Healthcare Professionals at ASL Lecce (Italy), Adjunct Professor at University of Bari (Italy), President of OPI Lecce (Italy)
marcelloantonazzo@libero.it

Marika Conte

Infermiera, ASL Lecce Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi”
RN, ASL Lecce Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” (Italy)