Aquarium

Autore: David Vann

Una sera ho chiesto a un’amica appassionata di subacquea cosa la spinga a immergersi. “Là sotto capisci di non contare nulla: che l’uomo ci sia o meno non cambia niente, e questo ridimensiona l’importanza che ci diamo”. Con questa idea in testa, del mare come metafora della vita, mi sono avvicinata ad Aquarium, il quinto romanzo di David Vann. E ho trovato nell’aquario che la protagonista dodicenne visita ogni giorno dopo la scuola, una chiave di lettura molto simile a quella della mia amica: il mondo subacqueo, i pesci con le inimmaginabili forme e soluzioni di sopravvivenza, ci ricordano ciò che siamo o avremmo potuto essere. L’aquario di Caitlin, figlia di un’operaia specializzata al terminal dei container, è però antitesi dell’oceano: un luogo chiuso che rappresenta ordine e stabilità. Qui ogni giorno la ragazzina trova tranquillità e pace, finché non incontra un adulto interessato alla sua passione per i pesci e a lei. La madre di Caitlin, alla notizia dell’esistenza di un nuovo amico, per di più adulto, arriva a temere il peggio, senza immaginare ciò che sta per accadere. L’uomo è infatti il nonno di Caitlin, ritornato dopo anni di rimorsi per aver lasciato la figlia sola, con una madre morente da accudire. L’equilibrio immobile dell’acquario si spezza, il dolore riaffiora e per Caitlin e la madre inizia un viaggio tanto doloroso da portare il lettore a chiudere il libro, per poi ritornarvi con un sospiro e scoprire che questa storia, amara e struggente, è in realtà una parabola sulle difficoltà del perdono e sull’ambiguità della colpa, narrata con uno stile originalissimo, che spinge la lingua al limite. Le parole di Caitlin riferite alla madre sono precise come un bisturi, consapevoli: “E nell’attimo in cui mi aveva guardato con disgusto, come se fossi un mostro, non aveva potuto nasconderlo perché era sconvolta. Quando ripenso a tutto quello che accadde quel giorno, mi sforzo di rammentare che era arrivata al limite di sopportazione, mi sforzo di ricordarla prima che mio nonno ricomparisse, prima che fosse messa sotto una tale pressione, quando arrivava a casa e crollava a letto e lasciava che le crollassi addosso e mi aggrappassi a lei come un pesce rana, le mani e i piedi infilati sotto di lei, la morbida possente montagna del suo corpo sotto di me, e sembrava che fossimo il mondo intero”. Aquarium racconta la difficoltà di tracciare confini precisi tra l’esigenza di proteggersi e quella di schermare dal dolore chi è più fragile. Infonde un dubbio interiore su cosa sia meritato, cosa sia dovuto al caso, dove porti il rancore e quali siano le giuste scelte. Il perdono è la chiave, ispirato dalla consapevolezza che tutti hanno le loro ragioni. “Forse è questa la cosa più vicina al perdono cui si possa arrivare. Non il passato cancellato, nulla di rimosso, ma una certa disponibilità nel presente, un’accettazione e un abbraccio, un placarsi”.

Recensione a cura di:
Elisa Crotti

Consulente Ordine delle Professioni
Infermieristiche (OPI) di Milano, Lodi,
Monza e Brianza
Consultant of OPI in Milan, Lodi,
Monza and Brianza