Aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici durante la pandemia da COVID-19. Una revisione narrativa della letteratura

Adherence to diagnostic and therapeutic pathways during COVID-19 pandemic. A narrative review

 

RIASSUNTO

Introduzione. L’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara pandemico il coronavirus SARS-CoV-2, che ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo. Le misure di contenimento dei contagi imposte dai Governi e la priorità dei sistemi sanitari nel contenere la diffusione della malattia hanno influenzato inevitabilmente l’accesso alle cure, la continuità e la qualità dell’assistenza per i pazienti con malattie croniche. L’obiettivo è indagare l’impatto che la pandemia da COVID-19 e le relative misure di contenimento dei contagi hanno avuto sull’aderenza ai percorsi diagnostici-terapeutici. Metodi. è stata effettuata una revisione della letteratura interrogando le banche dati PubMed, Cinahl, Embase, da Agosto 2020 a Febbraio 2021. Risultati. La revisione della letteratura ha evidenziato che, per alcune patologie, si è riscontrato un impatto negativo della pandemia COVID-19 sull’aderenza alle terapie e ai percorsi diagnostici per paura del contagio. Tuttavia, in patologie respiratorie croniche come BPCO, asma e OSAS vi è stato un aumento dell’aderenza alle terapie. La telemedicina e la comunicazione efficace operatore sanitario-assistito possono rappresentare delle strategie per favorire l’aderenza. Discussioni. l’impatto della pandemia sull’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici è molto spesso negativo e produrrà conseguenze a medio-lungo termine. La professione infermieristica, con la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, può essere un valido supporto all’utenza e favorire l’aderenza alle prescrizioni diagnostico-terapeutiche.
Parole Chiave. COVID-19, Aderenza terapeutica.

 

ABSTRACT

Introduction. On 11 March 2020, the World Health Organization declares pandemic the SARS-CoV-2. COVID-19 pandemic has put a strain on healthcare systems around the World. The measures imposed by governments for the containment and management of pandemic and the priority of healthcare systems in containing the spread of the COVID-19 have inevitably influenced access, continuity and quality of care for patients with chronic diseases. Methods. a literature review was carried out by reserching in PubMed, Cinahl, Embase databases, from August 2020 to February 2021. Results. The literature review showed a negative impact of the COVID-19 pandemic on adherence to therapies and diagnostic pathways for some diseases because of the fear of contagion. However, in chronic respiratory diseases such as COPD, asthma and OSAS an increase in adherence to therapies occurred. Telemedicine and an effective communication can represent strategies to promote adherence.
Discussions. the impact of the pandemic on adherence to diagnostic-therapeutic pathways is often negative and will have medium ang long term consequences. Nursing profession and the figure of family and community nurse can be a valuable support to patients and facilitate the adherence to diagnostic and therapeutic prescriptions. Parole Chiave. COVID-19, Adherence to Therapy.

 

INTRODUZIONE

L’aderenza alle terapie è attualmente definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “il grado con il quale il comportamento di un soggetto – quale l’assumere un farmaco, seguire una dieta e/o modificare il proprio stile di vita – corrisponde a quanto concordato con l’operatore sanitario”. (Sabaté and World Health Organization, 2003) Si stima che l’aderenza nelle persone assistite che soffrono di malattie croniche sia solo del 50% nei Paesi sviluppati e addirittura inferiore nei Paesi in via di sviluppo, data l’insufficienza di risorse sanitarie e le disuguaglianze nell’accesso alle cure. (Kini and Ho, 2018; Sabaté and World Health Organization, 2003) La mancata aderenza comporta un aumentato rischio di ri-ospedalizzazione, maggiori complicanze associate alla malattia, minore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e aumento dei costi per i sistemi sanitari. (Sabaté and World Health Organization, 2003)
L’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito lo stato di pandemia da SARS-CoV-2, che ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo. (World Health Organization, 2020) In Italia, il Governo ha disposto il potenziamento del Sistema Sanitario Nazionale per far fronte all’emergenza pandemica: (Decreto-Legge 9 marzo 2020, n. 14, 2020) l’aumento esponenziale dei ricoveri ha infatti richiesto l’attivazione di un numero crescente di posti letto per gli assistiti positivi. Di conseguenza, interi reparti destinati a specialità internistiche sono stati convertiti per l’assistenza a persone con positività al COVID-19. Nonostante ciò, come riportato da Anaao-Assomed, alcune Regioni hanno aumentato la loro capacità di fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, ma a discapito delle attività di altre branche specialistiche, che si sono viste depauperare i letti e hanno dovuto dunque fermare o rimandare tutte le attività diagnostico-terapeutiche programmate, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica. (Anaao-Assomed, 2020) A questo si aggiunge che il coinvolgimento in prima linea contro il COVID-19 degli operatori sanitari come specialisti e medici di medicina generale limita ulteriormente l’accesso ai servizi sanitari. (Anaao-Assomed, 2020)
Le misure di confinamento, oltre che avere un effetto positivo nell’ambito della prevenzione del virus, hanno portato anche effetti negativi sotto diversi punti di vista, primo fra tutti quello economico, come riportato dai dati OCSE. (Organization for Economic Co-operation and Development, 2020) L’aspetto economico risulta essere fra i fattori di rischio per la non aderenza. Inoltre, la limitazione agli spostamenti ha influito sulla possibilità di raggiungere i contesti di cura. Questi eventi sanitari hanno quindi un inevitabile impatto sull’accesso alle cure, con conseguente influenza negativa sull’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici.
Si è dunque sentita l’esigenza di indagare l’impatto che la pandemia da COVID-19 e le relative misure di contenimento dei contagi hanno avuto sull’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici. In secondo luogo, si analizzeranno eventuali provvedimenti che possono essere utilizzati durante eventi sanitari di analoga portata per implementare l’aderenza ai percorsi di diagnosi e cura.

 

MATERIALI E METODI

Per raggiungere lo scopo è stata condotta una revisione della letteratura. La ricerca bibliografica è avvenuta interrogando i database biomedici Pubmed, Cinahl, Embase con l’utilizzo degli operatori booleani (AND, OR) e di termini Thesaurus, ove disponibili. In assenza di termini Thesaurus, sono state utilizzate parole chiave quali “medication”; “adherence”; “treatment”; “COVID-19” limitando la ricerca ai campi titolo e abstract. Vista la continua evoluzione della situazione pandemica, la ricerca bibliografica è stata aggiornata l’ultima volta in data 8 Febbraio 2021.
L’interrogazione dei database biomedici è stata quindi eseguita secondo le modalità e gli esiti illustrati in Tabella 1. Per i database Pubmed, Embase e CINAHL, i risultati totali ottenuti dall’inserimento delle diverse stringhe di ricerca sono stati rispettivamente 132, 62 e 30. I risultati sono stati sottoposti ad un processo di selezione riportato nel PRISMA Flow Diagram, come illustrato in Figura 1, selezionando solo i documenti:

  1. pertinenti al periodo di ricerca (2020-2021);
  2. che riguardassero l’aderenza alle terapie e ai percorsi diagnostico-terapeutici in soggetti portatori di patologie acute o croniche che richiedono trattamenti a medio-lungo termine;
  3. che trattassero modalità alternative per implementare l’aderenza alle terapie o ai percorsi di diagnosi e cura in soggetti cronici durante il periodo pandemico.

I criteri di esclusione degli articoli sono stati i seguenti:

  1. documenti riguardanti i vaccini anti-COVID-19 e l’aderenza alle campagne vaccinali;
  2. risultati sull’aderenza alle misure adottate per contenere la diffusione del virus;
  3. documenti sull’aderenza ai trattamenti per il COVID-19, in soggetti positivi.

I documenti eleggibili ai fini del raggiungimento dell’obiettivo sono stati valutati con lettura integrale da parte di due autori, che hanno proceduto all’analisi e sintesi in tabelle sinottiche.

 

RISULTATI

A seguito della selezione sono stati inclusi 22 articoli dal disegno di studio eterogeneo; l’analisi ha permesso la sintesi di quattro macrotematiche comuni ritenute rilevanti (Figura 2).

Impatto della pandemia e delle misure di contenimento sull’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici
Dall’analisi della letteratura rispetto all’impatto che la pandemia e le relative misure di contenimento hanno avuto sull’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici emergono risultati contrastanti: mentre alcuni studi sottolineano l’impatto negativo che la pandemia da COVID-19 ed il lockdown hanno avuto sull’aderenza e la continuità terapeutica, altri non hanno trovato differenze rilevanti in merito prima e dopo l’inizio del lockdown.
Per quanto riguarda l’analisi dei dati relativi alle malattie autoimmuni, uno studio italiano, condotto su 916 pazienti affetti da patologie reumatiche, evidenzia come la mancata aderenza terapeutica sia stata rilevata in un esiguo gruppo (3,4% dei partecipanti) e l’interruzione della terapia riguardava più frequentemente gli immunosoppressori o le terapie biologiche. (Zen et al., 2020) La mancata aderenza si verifica anche nei soggetti sottoposti a trattamenti chemioterapici: lo studio retrospettivo di Karacin et al., ha evidenziato un aumento dei tassi di posticipo di sedute di chemioterapia dopo il primo caso COVID-19 in Turchia. (Karacin et al., 2020) L’ansia e la paura del contagio hanno indotto il 30% dei rinvii. (Karacin et al., 2020) Lo stesso decremento nell’aderenza si rileva nei pazienti diabetici: uno studio condotto tramite interviste telefoniche a 394 pazienti diabetici, ha fatto registrare una diminuzione significativa dell’aderenza terapeutica. (Alshareef et al., 2020) Per quanto riguarda l’aderenza alle terapie per la malattia infiammatoria intestinale (IBD), la revisione sistematica di Jena et al. ha dimostrato che, a prescindere dall’area geografica dello studio, si è verificata una diminuzione dell’aderenza terapeutica durante la pandemia COVID-19: il tasso aggregato di mancata aderenza ai farmaci IBD era del 10,12%, mentre il tasso complessivo di mancata aderenza a farmaci biologici era del 13,13%. (Jena et al., 2020) Dallo studio di Iborra et al., condotto su soggetti con IBD, emerge che solo il 10% dei partecipanti ha posticipato intenzionalmente le infusioni endovenose e il 5% ha posticipato il ritiro dei farmaci biologici sottocutanei presso le farmacie ospedaliere, con almeno la metà dei partecipanti che ha deciso di posticipare la terapia per la paura di contrarre l’infezione a causa della malattia di base, della terapia immunosoppressiva o della necessità di recarsi in ospedale. (Iborra et al., 2021) In riferimento all’aderenza alle terapie in presenza di patologie psichiatriche, l’analisi dei dati evidenzia una riduzione di circa il 30% delle visite di follow-up a marzo 2020 per immigrati e individui in difficoltà socioeconomiche con disturbi mentali. (Aragona et al., 2020) Per quanto riguarda l’ipercolesterolemia, invece, è emerso un significativo incremento dell’interruzione della terapia ipolipemizzante soprattutto nel mese di aprile e maggio 2020 (42,4% e 42,5% rispettivamente). (Degli Esposti et al., 2020)
Nelle malattie cardiovascolari, non emerge una differenza significativa, rispetto al periodo precedente al lockdown: in una coorte di assistiti affetti da sindromi coronariche, non era stata rilevata una riduzione nell’aderenza alle quattro principali classi terapeutiche cardiovascolari (farmaci antipiastrinici, statine, beta-bloccanti e inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o i bloccanti del recettore dell’angiotensina) (Cransac-Miet et al., 2020) e nei soggetti con insufficienza cardiaca solo il 10% ha eseguito variazioni del regime farmacologico per la propria malattia, ma sempre su prescrizione medica. (Chagué et al., 2020) Rispetto alle patologie a carico dell’apparato respiratorio gli studi dimostrano che l’aderenza ai farmaci non è stata negativamente influenzata dalla pandemia: negli assistiti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), l’assunzione regolare dei farmaci si è verificata per il 73,8% del totale dei partecipanti. Inoltre, solo il 27,3% dei soggetti nei due mesi della pandemia ha scelto di non presentarsi in ospedale per il rinnovo delle prescrizioni per paura del COVID-19. (Zhang et al., 2020) Kaye et al. hanno rilevato un aumento dell’aderenza terapeutica per quanto riguarda l’uso di inalatori in soggetti con asma e malattia polmonare ostruttiva cronica, tra gennaio e marzo 2020, all’inizio della pandemia COVID-19 negli Stati Uniti d’America. Negli ultimi sette giorni di marzo 2020, oltre il 53% dei pazienti ha raggiunto il 75% o più di aderenza ai farmaci, con un aumento del 14,9% rispetto ai primi sette giorni di gennaio. (Kaye et al., 2020) La letteratura inoltre indica che nei soggetti con apnea ostruttiva del sonno, l’aderenza alla terapia con CPAP è rimasta invariata (Batool-Anwar et al., 2020) o è addirittura aumentata durante il lockdown. (Attias et al., 2020) Rispetto alle procedure diagnostiche ed all’accesso alle prestazioni sanitarie, dallo studio retrospettivo di Armellini et al. condotto in Italia su 847 pazienti in lista per esami di diagnosi endoscopica (Armellini et al., 2020) è emerso che la percentuale di coloro che hanno annullato la visita è progressivamente aumentata durante le tre settimane di studio (9-27 Marzo), passando dal 15,1% al 48,2 (contro il 2% di non-aderenza nell’anno precedente). (Armellini et al., 2020) Alla stessa conclusione giungono anche Cheng et al. che hanno valutato la partecipazione a programmi di screening per il tumore del colon-retto durante la pandemia COVID-19: i risultati indicano una significativa riduzione dell’aderenza ad appuntamenti di screening (Test Immunochimico Fecale). (Cheng et al., 2020) Inoltre, durante la pandemia, la mancata partecipazione ad appuntamenti per l’esecuzione della colonscopia era del 33,9% ed il tasso di riprogrammazione o cancellazione della colonscopia raggiungeva il 10,9%; i dati sono tutti significativamente superiori rispetto a quanto registrato nel triennio precedente. (Cheng et al., 2020) Lo studio di Selway et al. ha valutato la disponibilità a partecipare ad appuntamenti di sorveglianza e screening dell’aneurisma dell’aorta addominale. Solo il 59% degli uomini intervistati ha dichiarato che avrebbe sicuramente partecipato all’appuntamento di sorveglianza clinica; prima della pandemia (da aprile 2018 a marzo 2019) si era invece registrato un tasso di partecipazione superiore al 90%. (Selway et al., 2020)
Infine, per quanto riguarda le donne in gravidanza e nel periodo perinatale, dallo studio di Shayganfard et al. è emerso che 57 partecipanti su 103 hanno posticipato o cancellato un appuntamento o una visita di controllo; le partecipanti che hanno posticipato/annullato le visite mediche avevano punteggi di ansia per la salute e depressione significativamente più alti. (Shayganfard et al., 2020) Gli autori riportano anche che i loro dati sono confermati da quanto emerso in studi precedenti condotti in aree geografiche differenti (Cina, Canada e Italia). (Shayganfard et al., 2020)

Impatto del lockdown sull’approvvigionamento dei farmaci
Un ulteriore elemento emerso dagli studi inerenti al lockdown ha evidenziato come vi siano stati dei cambiamenti relativi all’approvvigionamento dei farmaci, soprattutto per quelle terapie erogabili esclusivamente dalle farmacie ospedaliere.
Degli Esposti e colleghi hanno identificato la percentuale di soggetti che hanno avuto difficoltà ad ottenere i farmaci, (42,4% ad Aprile e 42,5% a Maggio, per i farmaci ipolipemizzanti e 37,9% a Maggio e 38,8% a Giugno, per le terapie biologiche) ed hanno riportato che il mancato ritiro dei farmaci ipolipemizzanti si evidenzia soprattutto nei pazienti di età superiore ai 65 anni. (Degli Esposti et al., 2020) La letteratura indica che nei soggetti affetti da BPCO, la diminuzione nell’approvvigionamento dei farmaci prescritti, nel 27,2% dei casi è imputabile al timore di ritornare in ospedale per rinnovare la prescrizione e in tal modo di contagiarsi. (Zhang et al., 2020) Lo stesso si verifica nei soggetti con IBD, che assumono farmaci erogabili solo da farmacie ospedaliere. (Iborra et al., 2021)
Al contrario, uno studio, effettuato su 124 pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, evidenzia che nessun assistito ha riferito difficoltà a reperire il farmaco durante il lockdown. (Chagué et al., 2020)
La letteratura suggerisce che in un periodo di così grande difficoltà, i farmacisti di comunità hanno rivestito un ruolo di primo piano nell’offrire supporto, in quanto, in diversi casi, hanno contribuito a rafforzare gli esiti positivi con i loro interventi determinanti. (Kretchy et al., 2020)

Impatto del lockdown sull’aderenza alle prescrizioni rispetto allo stile di vita
La maggior parte delle terapie per patologie croniche combina farmaci con indicazioni su cambiamenti dello stile di vita come dieta, attività fisica e fumo di sigaretta. L’adesione a tali cambiamenti è importante quanto l’aderenza farmacologica per ottenere un risultato ottimale del trattamento. La gestione dei pazienti con patologie cardiache croniche si basa sullo stile di vita, il controllo dei fattori di rischio e la corretta assunzione della terapia farmacologica. In questa categoria, in seguito alla situazione emergenziale sono stati registrati cambiamenti significativi, con la diminuzione dell’attività fisica, l’aumento della sedentarietà e del tempo trascorso davanti agli schermi, l’aumento del consumo di tabacco nei fumatori e l’incremento del peso corporeo. (Chagué et al., 2020; Cransac-Miet et al., 2020) Si è registrato, inoltre, un aumento del consumo di alcol del 5%, aumento contenuto probabilmente grazie al divieto di assembramento. (Chagué et al., 2020; Cransac-Miet et al., 2020) Inoltre, alcuni assistiti hanno modificato la propria aderenza alle raccomandazioni aumentando l’assunzione di sale (7,3%) e l’introito di liquidi (11,3%).  (Chagué et al., 2020) Gli stessi risultati si ottengono su una coorte di pazienti diabetici con un quarto della coorte inclusa (25,1%) che non si è mai impegnato a seguire una dieta sana e il 31% che non si è mai impegnato a partecipare all’attività fisica. I dati peggiorano in relazione al prolungamento della pandemia, fino a raggiungere valori di aderenza all’attività fisica e alla dieta specifica rispettivamente pari a 14,9% e 1,3%. (Alshareef et al., 2020)

Strategie per migliorare l’aderenza a percorsi diagnostico-terapeutici durante la pandemia COVID-19
L’analisi della letteratura ha permesso l’identificazione di tre strategie per migliorare l’aderenza a percorsi diagnostico-terapeutici durante la pandemia da COVID-19: la telemedicina, il miglioramento della comunicazione assistito-operatore sanitario e l’assistenza farmaceutica.
Le revisioni narrative analizzate sono concordi nel sostenere l’utilità della telemedicina per la prevenzione, diagnosi, trattamento e successivo controllo degli assistiti, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico. (Headley, 2020; While, 2020) I servizi di telemedicina includono diverse tecnologie per fornire assistenza sanitaria a distanza in modo sicuro ed offrono diversi vantaggi, ad esempio velocità nel chiedere e ricevere rapidamente risposte, diagnosi più tempestiva, confronto con medici specialisti e medici di medicina generale, maggiore privacy dell’assistito, costi ridotti, maggiore comodità e ridotta necessità di contatto fisico che limita le potenziali esposizioni a rischi infettivi; di contro richiedono necessità di formazione tecnica da parte dell’operatore sanitario e, in una certa misura, dell’assistito, strumenti tecnologici per condurre la televisita e possibilità di una riduzione della continuità di cura. Chiaramente la prestazione erogata in telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale sanitario-utente, ma la integra per cercare di migliorarne efficacia, efficienza e appropriatezza. (Valentino et al., 2020) I protocolli di telemedicina si sono dimostrati utili per pazienti affetti da malattie dermatologiche sia acute che croniche e pazienti con emofilia (Marasca et al., 2020; Valentino et al., 2020) che, a causa della pandemia da COVID-19, non sono in grado di proseguire le visite di follow-up.
Alshareef e colleghi sottolineano nel loro studio traversale che l’utilizzo della telemedicina nel periodo del lockdown garantisce un controllo ottimale dei valori glicemici e consente di ridurre l’incidenza delle complicanze relative al diabete. (Alshareef et al., 2020) Chagué e colleghi osservano che un numero significativo di assistiti con insufficienza cardiaca congestizia (≈20%) è passato da un consulto di persona alla telemedicina dopo l’inizio del lockdown, mentre Karacin e colleghi hanno sperimentato con successo un protocollo di telemedicina 35 giorni dopo il primo caso COVID-19 in Turchia per assistiti oncologici, (Chagué et al., 2020; Karacin et al., 2020) attraverso cui si garantiva il triage a distanza su possibili sintomi correlati al COVID-19 e la possibilità di incoraggiare a continuare la propria terapia, informare sulle conseguenze indesiderate dell’interruzione del trattamento, rassicurare rispetto alla sicurezza delle cure ospedaliere e così ottenere una diminuzione in termini di tassi di rinvio della seduta di chemioterapia (dal 17,4% al 4,6%). (Karacin et al., 2020)
Oltre alla telemedicina, si suggerisce l’importanza di migliorare la comunicazione operatore sanitario-assistito, attraverso alcune strategie: sensibilizzare gli assistiti e i caregivers sulla necessità di seguire correttamente le cure, valutare le preoccupazioni e le emozioni dell’assistito, senza colpevolizzarlo per la mancata aderenza alla terapia, utilizzare domande aperte che diano alla persona tempo e modo di raccontarsi, cosicché il professionista possa ispirare la fiducia necessaria e allo stesso tempo capire che cosa è importante per la persona, soprattutto in relazione alle convinzioni terapeutiche; ascoltare con empatia quando l’assistito descrive la propria esperienza o gli effetti collaterali dei farmaci. (Headley, 2020; While, 2020) Attias e colleghi suggeriscono che gli interventi comportamentali, basati sulla percezione degli assistiti sia del rischio correlato alla malattia che dei benefici correlati alla terapia (con CPAP) potrebbero migliorare l’aderenza. (Attias et al., 2020)
La revisione narrativa di Kretchy e colleghi si concentra invece sull’assistenza farmaceutica come mezzo utile per migliorare l’aderenza a percorsi diagnostico-terapeutici durante la pandemia da COVID-19, attraverso servizi di prevenzione, identificazione e/o risoluzione dei problemi legati alla terapia farmacologica e servizi di consegna dei farmaci. (Kretchy et al., 2020) Le farmacie, come punti vendita accessibili durante il lockdown, possono fornire informazioni utili sull’utilizzo inappropriato dei farmaci e possono promuoverne l’uso razionale, migliorando l’aderenza degli assistiti cronici. Inoltre, anche i farmacisti possono utilizzare servizi di telemedicina per interagire costantemente con gli assistiti e sottolineare la necessità di aderire alle prescrizioni farmacologiche e alle abitudini di vita adeguate alla loro patologia, specialmente durante il lockdown. (Kretchy et al., 2020) Anche Jena e colleghi, per quanto riguarda le IBD, affermano che l’uso di alcune misure innovative come il monitoraggio domiciliare per l’attività della malattia, la consegna a domicilio di farmaci e il passaggio a farmaci sottocutanei, ove appropriato, potrebbe aiutare a migliorare l’aderenza. (Jena et al., 2020)

 

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’esperienza della paura correlata alle conseguenze di una possibile infezione da Sars-Cov-2 ha portato a reazioni differenti rispetto all’aderenza alla terapia a seconda del tipo di patologia presentata dall’assistito. Nelle patologie respiratorie, la preoccupazione dei pazienti riguardo alla possibilità che i propri sintomi respiratori siano associati o confusi con quelli provocati dal virus SARS-CoV-2, (Kaye et al., 2020) la percezione della propria malattia come fattore di rischio per le infezioni polmonari, (Zen et al., 2020) una massiccia comunicazione sul SARS-CoV-2, descritto come una minaccia per le vie aeree superiori e inferiori, la presenza di copatologie cardiovascolari e la paura di essere ricoverati in ospedale potrebbe aver motivato i pazienti ad aumentare l’aderenza alla terapia. (Attias et al., 2020) Nonostante la crescente “infodemia”, i risultati dello studio di Cransac-Miet e colleghi, fortunatamente, dimostrano una buona capacità di autogestione e discernimento da parte dei malati cronici riguardo alle informazioni allarmanti e spesso errate trasmesse dai media, rispetto all’utilizzo di farmaci inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o i bloccanti del recettore dell’angiotensina, dei farmaci antinfiammatori non steroidei come l’acido acetilsalicilico e ad una relazione con la gravità dei sintomi del COVID-19. (Cransac-Miet et al., 2020) Di contro, la paura che i trattamenti immunosoppressivi potessero esporre a un maggiore rischio di infezione da COVID-19 e a conseguenze più gravi, ha comportato un calo dell’aderenza alle terapie nelle malattie autoimmuni (Degli Esposti et al., 2020) e ad un maggiore tasso di posticipo delle sedute di chemioterapia. (Karacin et al., 2020)
Nonostante l’erogazione delle prestazioni diagnostiche e di screening sia stata garantita anche durante il periodo emergenziale sia in Italia che in altri Paesi, (Armellini et al., 2020; Cheng et al., 2020) le barriere psicologiche e la paura del contagio, hanno indotto una mancata aderenza agli appuntamenti da parte degli assistiti correlata alla preoccupazione di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 come risultato della partecipazione a visite di follow-up, visite diagnostiche o di screening. (Armellini et al., 2020; Cheng et al., 2020; Selway et al., 2020; Shayganfard et al., 2020) È rilevante il fatto che, in uno studio condotto su soggetti portatori di aneurisma dell’aorta addominale già diagnosticato, il 42,5% degli intervistati era più preoccupato di contrarre il SARS-CoV-2 durante la visita o durante l’uso dei mezzi pubblici per raggiungere la sede, rispetto alla paura dei rischi per la propria salute derivanti da una possibile rottura dell’aneurisma stesso. (Selway et al., 2020)La scarsa aderenza correlata alla paura può avere effetti preoccupanti con l’impossibilità di rilevare ed affrontare adeguatamente potenziali problemi di salute. (Shayganfard et al., 2020)
Alcune variabili di rischio per una scarsa aderenza identificate dalla letteratura, si confermano anche durante il periodo pandemico e sono evidenziabili nel disagio psichico, (Chagué et al., 2020) depressione, (Zhang et al., 2020) comorbidità psichiatriche. (Aragona et al., 2020) Differentemente da quanto emerso in periodi pre-pandemici, la vita in zone rurali durante il lockdown è associato ad una maggiore aderenza alle prescrizioni rispetto agli stili di vita più sani, soprattutto per quanto riguarda l’attività fisica: (Chagué et al., 2020; Cransac-Miet et al., 2020) ciò è probabilmente da attribuire al fatto che in aree rurali è possibile svolgere attività fisica all’aperto in sicurezza e nel rispetto delle ordinanze e delle norme di distanziamento sociale.
L’età più anziana, in accordo con i fattori di rischio precedentemente identificati, espone ad una minore aderenza alle terapie ed ai percorsi diagnostico-terapeutici: i media hanno spesso diffuso l’informazione che l’età avanzata è un importante fattore prognostico in termini di mortalità da COVID-19 e questa informazione è probabilmente correlata a maggiore preoccupazione da parte degli assistiti anziani fino al punto di sospendere le terapie. (Karacin et al., 2020) In periodo pandemico, sistemi di monitoraggio telemedicina possono essere utili (Fondazione Onda, 2020) ma Degli Esposti et al. hanno evidenziato che queste misure, come l’invio di ricette tramite e-mail o altre soluzioni digitali potrebbero essere potenzialmente più complicate nella gestione per gli assistiti più anziani che non hanno familiarità con i dispositivi elettronici. (Degli Esposti et al., 2020) Inoltre, in particolare durante il periodo pandemico e nel lockdown, l’aderenza risente del fatto che alle persone affette da patologie croniche, principalmente anziani, è stato caldamente consigliato di restare sempre a casa e di evitare il contatto diretto con familiari, amici e conoscenti il cui supporto è spesso necessario per l’assunzione regolare delle terapie. (Degli Esposti et al., 2020)
Se da un lato le autorità sanitarie di vari Paesi stanno riconoscendo il valore dei farmacisti di comunità grazie alla loro accessibilità al pubblico, in Italia è auspicabile che emerga con maggiore preponderanza il ruolo educativo dell’infermiere di comunità nell’aderenza alla terapia, come già indicato all’interno del Patto per la Salute 2019-2021 approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. (Ministero della Salute, 2019) Già nel 2003, l’OMS nel convegno avente per tema l’aderenza ai trattamenti, sottolineava il ruolo dell’infermiere domiciliare nell’educazione dei pazienti e delle loro famiglie sulla gestione del dolore, nella somministrazione di farmaci e nel fornire supporto e consulenza. (Sabaté and World Health Organization, 2003) Nel complesso è difficile trarre conclusioni riguardo all’effetto della pandemia COVID-19 sull’aderenza diagnostico-terapeutica di malati cronici, dapprima perché sono stati considerati studi riguardanti differenti tipologie di patologie croniche che richiedono quindi trattamenti molto diversi, ed in secondo luogo perché gli studi sono stati condotti in differenti aree geografiche, con misure di contenimento, fattori socioculturali e sistemi sanitari differenti. Inoltre, è complicato ottenere dati oggettivi in grado di testimoniare in maniera accurata il livello di aderenza alle terapie, a causa della difficoltà nella tracciabilità del consumo dei farmaci. (Degli Esposti et al., 2020) Un ulteriore limite è rappresentato dal fatto che gli studi di indagine dipendono chiaramente da valutazioni soggettive fornite dai partecipanti, quindi si deve tener conto delle differenze individuali riguardo la vulnerabilità percepita alla malattia e la propensione all’ansia e alla preoccupazione. (Alshareef et al., 2020; Shayganfard et al., 2020; Zhang et al., 2020) Infine, la revisione riguarda studi che comprendono dati raccolti nelle prime fasi della pandemia: sarebbe sicuramente utile e necessario aggiornare le conoscenze, in continua evoluzione, sulla base di pubblicazioni successive che potranno contenere un numero maggiore di informazioni in diversi contesti a livello mondiale. Un ulteriore aspetto interessante, per studi futuri, dovrebbe concentrarsi sulla valutazione degli effetti che la mancata aderenza, verificatasi nel periodo pandemico, potrebbe avere sugli outcome di salute.
In conclusione, è quindi possibile affermare che nei contesti di emergenza sanitaria, in particolare quella pandemica ancora attualmente in corso, l’aderenza alle terapie e ai percorsi di diagnosi e cura è un nodo cruciale per la salute della popolazione, di cui bisogna tenere in conto nella presa in carico degli assistiti: l’infermiere può avere un ruolo chiave per favorire l’aderenza, in particolare per le fasce più anziane e fragili della popolazione.

BIBLIOGRAFIA

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Silvia Ronchi

Direzione Professioni Sanitarie, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Directorate of Nursing Profession, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)

Jordan Beltran

Infermiere neolaureato
Newly graduated nurse

Roberto Milos

Direzione Professioni Sanitarie, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Directorate of Nursing Profession, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)

Stefania Rancati

Direzione Professioni Sanitarie, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Directorate of Nursing Profession, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)

Ivana Maria Rosi

Direzione Professioni Sanitarie, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Directorate of Nursing Profession, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)

Roberto Accardi

Responsabile Infermieristico Area di Chirurgia dei Trapianti, Direzione Professioni Sanitarie; Direttore Didattico, Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Head, Directorate of Nursing Profession; Head, BSc in Nursing, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan (Italy)
roberto.accardi@policlinico.mi.it