Caratteristiche, valutazione e trattamento del dolore dell’arto fantasma

Mission to save children with congenital heart disease

Riassunto

Introduzione. Il dolore fantasma proviene da una parte del corpo non più presente, generalmente dopo che una persona ha subito un’amputazione; la sua insorgenza non è rara e la gestione nel tempo diviene sempre più problematica con ovvie ripercussioni sullo svolgimento delle attività di vita quotidiana e sulla qualità di vita. Scopo. Descrivere le caratteristiche del dolore dell’arto fantasma e le più recenti evidenze sull’efficacia degli interventi per la sua valutazione, prevenzione e trattamento. Metodi. Revisione della letteratura con strategia di ricerca per termini MeSH sulle banche dati. Risultati. Una prevenzione di comprovata efficacia del dolore dell’arto fantasma ancora non è possibile. Seppure in assenza di evidenze certe, esso può essere trattato combinando interventi farmacologici e non farmacologici. Prerequisito fondamentale è non sottovalutare l’impatto del sintomo sul paziente e procedere ad una sua appropriata valutazione. Discussione. La corretta valutazione del dolore con scale specifiche e l’approccio multidimensionale e multidisciplinare alla cura del sintomo possono rivelarsi strategie efficaci per personalizzare gli interventi e quindi migliorare gli esiti sul paziente. Nonostante questi limiti il personale infermieristico ha un ruolo fondamentale nel prendersi cura dei pazienti con dolore dell’arto fantasma comprendendo, valutando, e gestendo al meglio questo sintomo, per loro altamente invalidante. Conclusioni. Ad oggi non è possibile prevedere né l’insorgenza nè le caratteristiche del dolore dell’arto fantasma e mancano evidenze certe sui trattamenti più efficaci.
Parole chiave. Dolore dell’arto fantasma, infermiere.

Abstract

Introduction. The phantom pain comes from a part of the body no longer present, generally after a person has suffered an amputation; its onset is not uncommon and management over time becomes increasingly problematic with corresponding impact on the performance of activities of daily living and quality of life. Purpose. Describe the characteristics of phantom limb pain and the most recent evidence on the effectiveness of interventions for its assessment, prevention and treatment. Methods. Review of the literature with research strategy for MeSH terms on databases. Results. A proven prevention of phantom limb pain isn’t still possibile. Albeit in the absence of firm evidence, it can be treated by combining pharmacological and non-pharmacological interventions. Prerequisite is not to underestimate the impact of the symptoms on the patient, and provide for its proper evaluation. Discussion. The correct assessment of pain with specific scales and multidimensional and multidisciplinary approach to the care of the symptom can be effective strategies to customize the actions and thus improve patient outcomes. Despite these limitations the nursing staff has a major role in caring for patients with phantom limb pain understanding, evaluating, and managing the most of this symptom, for their highly debilitating. Conclusions. To date it is not possible to predict either the onset nor the characteristics of phantom limb pain and lack of firm evidence on the most effective treatments.
Keywords. Phantom limb pain, nurses.

Introduzione

Il dolore fantasma proviene da una parte del corpo non più presente ed è una condizione piuttosto diffusa in soggetti che hanno subito un’amputazione: si stima che quasi due soggetti su tre ne siano affetti (Richardson et al, 2015) e che la prevalenza vari dal 40 all’80% in funzione del sito di amputazione, di caratteristiche cliniche e soggettive e del tempo trascorso dall’amputazione (Luo & Anderson, 2016). Il dolore può presentarsi all’inizio o entro i primi giorni dall’amputazione, essere continuo o variabile, colpire la zona più distale del corpo, essere trafiggente, lancinante, insopportabile, stringente, pulsante, bruciante; può anche insorgere per una pressione esercitata sul moncone o uno stress emotivo (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Mayo Clinic, 2018). Esso si verifica più frequentemente a seguito dell’amputazione di arti ma può presentarsi anche dopo interventi chirurgici di rimozione di altre parti del corpo (es. seno, pene, occhio, lingua) (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Mayo Clinic, 2018). Dopo l’amputazione di un arto molte persone riferiscono di percepirne ancora l’esistenza e ciò può includere oltre al sintomo doloroso anche sensazioni quali il freddo, il calore, il prurito o il formicolio (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Mayo Clinic, 2018). In passato si sosteneva che il fenomeno fosse dovuto a fattori psicologici ma ora sono riconosciute come sedi di provenienza specifiche aree del midollo spinale e del sistema nervoso centrale (SNC) (Mayo Clinic, 2018) che, a seguito dell’amputazione, perdono il segnale di input dall’arto e si adattano a ciò in modo imprevedibile, da cui il possibile innesco del dolore (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Mayo Clinic, 2018). Non è ancora noto il motivo per cui alcune persone rispetto ad altre siano più predisposte a sviluppare il dolore fantasma; tra i fattori favorenti sembrano esservi l’entità di terminazioni nervose danneggiate, le cicatrici nel sito dell’amputazione e la presenza di dolore prima all’amputazione (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Mayo Clinic, 2018). Circa la metà dei pazienti manifesta più episodi di dolore al giorno o più e quasi due terzi di loro li riferisce di entità da moderata a severa (Luo & Anderson, 2016). Sebbene per alcuni il dolore fantasma regredisca nel tempo senza necessità di trattamento, per altri il sintomo persiste negli anni e la sua appropriata gestione diviene sempre più problematica, con ripercussioni sullo svolgimento delle attività di vita quotidiana e la qualità di vita (Mayo Clinic, 2018). Per curare il dolore fantasma occorre anzitutto comprenderne le caratteristiche chiave, tra cui modalità di insorgenza, qualità, diffusione, durata, gravità ed eventuali fattori favorenti o allevianti (Luo & Anderson, 2016). Per questo tipo di dolore più che per altri la gravità è spesso difficile da misurare per la sua elevata soggettività; nonostante ciò una quantificazione affidabile è essenziale per determinare le opzioni di trattamento più appropriate e valutarne l’efficacia (Luo & Anderson, 2016), sebbene le evidenze scientifiche disponibili riportino risultati eterogenei e non confrontabili tra loro in merito alle modalità di misurazione e gestione del sintomo (Luo & Anderson, 2016). Inoltre sono pochi gli studi di prevenzione dell’occorrenza del dolore fantasma o di riduzione dell’incidenza e quelli disponibili forniscono risultati misti. La terapia, di tipo complesso, prevede l’utilizzo di metodi farmacologici e non farmacologici, solitamente complementari fra di loro (Luo & Anderson, 2016; Mayo Clinic, 2018), ma gli esiti sono spesso incerti e non raramente frustranti sia per i pazienti che per il team di cura, in relazione al fatto che questo dolore è uno dei più difficili da trattare (Luo & Anderson, 2016).

Scopo

Per documentare lo stato dell’arte e sintetizzare le più recenti evidenze disponibili in merito a caratteristiche, modalità di valutazione e ed efficacia degli interventi per il trattamento del dolore fantasma, si è scelto di intraprendere una revisione della letteratura.

Metodi

Il reperimento dei documenti di interesse è avvenuto previa consultazione del sito web della U.S. National Library of Medicine ed interrogazione delle banche dati biomediche: Cochrane Library, PubMed, CINAHL, PsycINFO implementando una strategia di ricerca per termini MeSH Major Topics e operatori booleani. Le parole chiave utilizzate sono state: “Phantom Limb” o “Phantom Limbs”. I filtri applicati hanno riguardato le riviste clinicamente più importanti (Core Clinical Journals) e quelle infermieristiche (Nursing Journals); non sono stati posti limiti temporali di pubblicazione né di fascia di età. Dopo una selezione per rilevanza di titolo e abstract, è seguito il reperimento dei documenti. Successivamente si è proceduto alla loro lettura, analisi e sintesi narrativa.

Risultati

I record individuati dopo l’implementazione della strategia di ricerca sono stati ventisei; al termine del processo di selezione sono stati ritenuti pertinenti e rilevanti venti documenti (Davis, 1993; Ramachandran & Hirstein, 1998; Bloomquist, 2001; Finnoff, 2001; Flor, 2001; Nikolajsen & Jensen, 2001; Watt, 2001; Ellis, 2002; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Middleton, 2003; Siddle, 2004; D’Arcy, 2005; Ketz, 2008; Alviar, Hale & Dungca, 2011; Giummarra & Moseley, 2011; Moura et al, 2012 ; Hu et al, 2014; Niraj & Niraj, 2014; Virani, Green & Turin, 2014; Johnson Mulvey & Bagnall, 2015).

Sensazione dell’arto fantasma e dolore dell’arto residuo

E’ utile in genere distinguere fra sensazione fantasma, dolore dell’arto residuo e dolore dell’arto fantasma (Hill, 1999; Bloomquist, 2001; Flor, 2001; Ketz, 2008). E’ da premettere che in un arto fantasma ridotto viene percepita la sensazione fantasma ma non il dolore fantasma: quando l’individuo sperimenta un episodio di dolore fantasma ha la sensazione che l’arto fantasma si estenda oltre il moncone per assumere proporzioni normali (Hill, 1999). L’utilizzo del termine “fantasma” per questo tipo particolare di condizione porta a ritenere che ci siano delle basi che contribuiscano alla sua stigmatizzazione, il che rende difficile per i soggetti amputati e per i professionisti sanitari la sua accettazione come fenomeno reale (Virani, Green & Turin, 2014). Le persone che descrivono più spesso la sensazione fantasma sono quelle sottoposte ad amputazione di un arto ma il fenomeno può essere presente anche in assenza di amputazione: ad esempio si verifica in pazienti con perdita sensoriale dovuta a lesione del midollo spinale, dove la sensibilità normale è assente (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999). In tre casi su quattro il fenomeno fantasma compare allo svanire dell’effetto della terapia anestetica ma nei restanti casi può comparire alcuni giorni o settimane dopo (Ramachandran & Hirstein, 1998). In molte situazioni la condizione è presente per giorni o settimane per poi svanire gradualmente ma in altre può persistere per anni o addirittura decenni (Ramachandran & Hirstein, 1998). L’incidenza è maggiore a seguito di una perdita traumatica dell’arto o di una preesistente condizione di dolore rispetto ad un’amputazione chirurgica programmata di un arto non dolente (Ramachandran & Hirstein, 1998). Benché la sensazione fantasma sia percepita da quasi tutti coloro che sono stati sottoposti ad amputazione degli arti, essa è raramente un problema clinico. La descrizione prevalente della sensazione fantasma è quella di un lieve formicolio o tensione e corrisponde alla descrizione del paziente in termini di presenza di ‘spilli e aghi’ (Hill, 1999). Altre caratteristiche riferite sono le sensazioni di forme, movimenti o posizioni specifiche assunte dall’arto fantasma, il contatto con superfici, le variazioni di temperatura e di pressione, le parestesie, il prurito e il formicolio (Hill, 1999; Flor, 2001). Gli amputati possono percepire anche uno sforzo fisico mentre provano a muovere l’arto fantasma (Williams & Deaton, 1997). Il dolore dell’arto residuo è invece definito come situato presso l’estremità amputata (Hill, 1999). E’ fondamentale la distinzione tra questo sintomo e la sensazione dell’arto fantasma: il primo si situa distalmente al moncone mentre il secondo si riferisce a qualsiasi sensazione (parestesia, disestesia, iperpatia) percepita nell’arto mancante, escluso il dolore (Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Niraj & Niraj, 2014).

Dolore dell’arto fantasma

Il dolore dell’arto fantasma è la sensazione dolorosa percepita nell’arto mancante a seguito di un’amputazione; questo dolore è spesso simile al dolore presente prima dell’amputazione (Hill, 1999; Finnoff, 2001; Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Middleton, 2003; Alviar, Hale & Dungca, 2011; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Hu et al, 2014; Niraj & Niraj, 2014). Sebbene tutti gli amputati percepiscano sensazioni fantasma che raramente rappresentano un problema clinico, alcuni fra di loro riferiscono un dolore severo nella parte di corpo non più presente che può essere estremamente difficile da trattare (Niraj & Niraj, 2014). Il dolore dell’arto fantasma è sempre associato alla sensazione fantasma non dolorosa, al dolore dell’arto residuo e al fenomeno non doloroso dell’arto residuo (Moura et al, 2012; Hu et al, 2014). Una delle criticità riguarda la possibile persistenza o ritorno del dolore percepito prima dell’amputazione, in quanto il dolore fantasma può mimare il dolore preamputazione sia nella qualità che nella localizzazione originaria (Nikolajsen & Jensen, 2001). La memoria dolorifica dei pazienti non sempre riflette la verità: mentre alcuni case report suggeriscono che il dolore preamputazione possa persistere come dolore postamputazione, ciò non è vero per la maggior parte degli amputati (Nikolajsen & Jensen, 2001). Nonostante la presenza di diversi studi retrospettivi, non in tutti il dolore preamputazione è indicato come un fattore di rischio per il dolore fantasma postoperatorio (Nikolajsen & Jensen, 2001). Uno studio su centinaia di amputati ha riportato una prevalenza superiore al 70% di individui che continuava a sperimentare lo stesso tipo di dolore fantasma anche 25 anni dopo l’amputazione (Ramachandran & Hirstein, 1998), e sembra che esso permanga in modo costante nel 18-25% dei casi (Moura et al, 2012). Altri autori riportano che il 54-85% degli amputati che non ricerca un trattamento per il dolore riporta livelli significativi di dolore dell’arto fantasma (Hill, 1999). L’ampia variabilità di range percentuali dichiarati dai vari autori e quindi la difficoltà di confronto fra dati di prevalenza è funzione di fattori quali il tipo di studio (retrospettivo o meno), la chiara distinzione del dolore dell’arto fantasma da quello del moncone e dalla sensazione dell’arto fantasma, il campionamento di coloro che ricercano i trattamenti per il dolore, il coinvolgimento di ricercatori indipendenti nei team di trattamento, le caratteristiche della popolazione oggetto di indagine, i metodi utilizzati per ottenere le informazioni sul dolore dell’arto fantasma (spesso i tassi di prevalenza per il dolore dell’arto fantasma derivano da studi di ricerca in cui la richiesta dei pazienti per il trattamento è la sola indicazione del loro stato di dolore) (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; D’Arcy, 2005 ; Moura et al, 2012). La difficoltà di giungere a dati di prevalenza affidabili del dolore fantasma troverebbe conferma anche nei risultati di un sondaggio secondo cui il 69% di amputati ha riferito che i loro medici hanno direttamente affermato o chiaramente sottointeso che il dolore fosse ‘soltanto nelle loro teste’ (Hill, 1999). Diversi sono i fattori che possono modulare la percezione del dolore fantasma, suddivisibili in interni (es. predisposizione genetica, cambiamenti climatici, ansia/distress emozionale, tocco del moncone, attenzione/distrazione, utilizzo di protesi, minzione/defecazione) ed esterni (es. anestesia spinale, altre patologie come emorragie cerebrali, prolasso del disco intervertebrale, riabilitazione, trattamento) (Davis, 1993; Ramachandran & Hirstein, 1998; Flor, 2001; Nikolajsen & Jensen, 2001; Giummarra & Moseley, 2011). Esistono alcune evidenze secondo cui il dolore preamputazione aumenti il rischio di dolore dell’arto fantasma mentre è meno probabile se l’amputazione è stata eseguita quando l’individuo era molto giovane (Bloomquist, 2001; Flor, 2001).

Valutazione del dolore fantasma

La corretta valutazione e gestione del dolore del paziente nel periodo perioperatorio può ridurre il rischio di sviluppare il dolore dell’arto fantasma (Flor, 2001; D’Arcy, 2005). Gli studi che trattano della sua intensità sono difficili da valutare in quanto di frequente non descrivono come tale dolore venga misurato e anche quando succede il campione comprende solo coloro che sono alla ricerca di un trattamento per il sintomo (Hill, 1999). L’effetto finale è che esso è spesso più dedotto che misurato; invece quando si procede alla sua quantificazione sono utilizzati diversi strumenti di valutazione (Hill, 1999). Le differenze riscontrate in letteratura non permettono di eseguire un confronto significativo fra i risultati degli studi sul dolore dell’arto fantasma (Hill, 1999). Questo rende impossibile interpretare correttamente quanto riferito dal paziente o classificare in modo appropriato le differenze qualitative delle sensazioni riportate: ad esempio un soggetto può dichiarare di avere la sensazione di formicolio che da un altro viene definita come dolorosa (Hill, 1999). Dati questi problemi, non sorprende che alcuni studi distinguano o meno il dolore dalla sensazione dell’arto fantasma (Hill, 1999). In modo simile gli stessi amputati non sempre sono in grado di distinguere tra dolore del moncone e dolore fantasma (Hill, 1999). A questo si aggiunge il fatto che gli amputati non riportano sempre il dolore percepito nel timore di non avere un adeguato supporto da parte dei professionisti sanitari; essi sono spesso riluttanti ad ammettere il dolore in una parte del corpo non più presente per paura di essere giudicati mentalmente disturbati (Williams & Deaton, 1997; Flor, 2001; Virani, Green & Turin, 2014). Tuttavia, la valutazione del dolore fantasma è fondamentale per pianificare le cure a questi pazienti (Virani, Green & Turin, 2014). I diversi strumenti disponibili per la sua misurazione possono essere mono- o multidimensionali (se valutano rispettivamente uno o più attributi) (Virani, Green & Turin, 2014). Molti professionisti sanitari utilizzano principalmente scale unidimensionali (es. Numerical Rating Scale o NRS, Visual Analogical Scale o VAS) per definire il livello di dolore riferito dal paziente, talvolta si servono anche della scala OPQRST (Onset=inizio, Provocation and Palliation=causa innescante e fattori mitiganti, Quality=qualità e caratteristiche, Region and Radiation=regione e irradiamento, Severity=gravità, Time=durata) per la valutazione mnemonica del sintomo (Virani, Green & Turin, 2014). Tuttavia l’eziologia complessa del dolore dell’arto fantasma porta a una varietà di problemi incluso il rischio di sottostimare il dolore se misurato con gli strumenti di valutazione usuali (Ketz, 2008). L’SF-MPQ (Short Form McGill Pain Questionnaire) Tool (Melzack, 1987) e soprattutto la LANSS (Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms and Signs) Pain Scale (Bennett, 2001), quest’ultima appositamente progettata per misurare il dolore di origine neuropatica (Dach Eckeli, Amorim Teixeira & Lopes Gouvêa , 2016) come il dolore fantasma, possono invece rivelarsi strumenti utili e più mirati. Della LANSS Pain Scale è disponibile una traduzione in italiano che tuttavia non è validata (IOSI – UCP, 2011) e non risultano studi che ne abbiano testato la performance sul territorio italiano su pazienti con dolore fantasma

Trattamento del dolore fantasma

Per ora non sembra possibile prevenire il dolore fantasma, che costituisce una delle sindromi di dolore cronico più sottovalutate, a volte dagli stessi pazienti (Niraj & Niraj, 2014). Solo il 54% di costoro infatti riporta di avere cercato un trattamento rivolgendosi al medico curante e solo al 19% di essi è stata offerta una cura; negli altri casi i clinici hanno evitato di rispondere ai dubbi espressi sostenendo di non poter fare niente per questo tipo di dolore oppure affermando che il dolore fosse ‘solo nella loro testa’ (Ketz, 2008). Il dolore dell’arto fantasma è una condizione difficile da gestire a causa dei pochi trattamenti efficaci; esso infatti è caratterizzato e influenzato da svariati fattori di ordine fisico, psicologico e percettivo (Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Hu et al, 2014). Un regime di trattamento chiaro e razionale è difficile da pianificare in quanto la patofisiologia del dolore dell’arto fantasma non è ancora ben compresa (Williams & Deaton, 1997; Flor, 2001; Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Alviar, Hale & Dungca, 2011). Non possono essere fornite linee guide contenenti chiare e incontrovertibili prove di efficacia poichè molti studi presentano diversi errori metodologici e vi è una generale carenza di trial clinici controllati randomizzati (Nikolajsen & Jensen, 2001; Hu et al, 2014). I trattamenti consistono generalmente nei seguenti: 1) anestesia locale; 2) terapia farmacologica (es. anticonvulsivanti, barbiturici, antidepressivi, antiepilettici, miorilassanti); 3) interventi psicologici; 4) metodi di neurostimolazione; 5) manipolazione neurofisiologica; 6) manipolazione non invasiva del moncone; 7) procedure chirurgiche (es. cordotomia, simpatectomia) (Williams & Deaton, 1997; Hu et al, 2014). L’intervento chirurgico è stato sperimentato con diversi livelli di successo per esempio per la gestione mirata del neuroma del moncone che solitamente comporta procedure chirurgiche invasive o iniezioni nelle terminazioni nervose per desensibilizzare le vie di conduzione del dolore ma l’efficacia a lungo termine è discutibile, in particolare nelle persone amputate con dolore causato dai cambiamenti generatisi a livello centrale (Siddle, 2004; Giummarra & Moseley, 2011). Il trattamento dovrebbe basarsi preferibilmente su tecniche non invasive in quanto le procedure chirurgiche contribuiscono al rischio di un’ulteriore deafferentazione che potrebbe esacerbare ulteriormente il sintomo (Nikolajsen & Jensen, 2001). Alcuni case report pubblicati descrivono in situazioni specifiche episodi isolati di controllo del dolore dell’arto fantasma o di sollievo completo tramite un’ampia varietà di trattamenti come il metadone, l’ipnosi, l’elettromiografia, la retroazione biologica, gli ultrasuoni al moncone, la stimolazione transcutanea dei nervi con esercizi di descriminazione, i blocchi dei nervi e l’uso di speciali protesi mioelettriche; in senso più ampio però i trattamenti si rivelano da inefficaci a lievemente efficaci (Ketz, 2008; Moura et al, 2012). Gli interventi farmacologici portano beneficio solo ad un paziente su tre e l’efficacia è variabile con un risultato netto simile all’effetto placebo (Flor, 2001; Ketz, 2008; Moura et al, 2012). Dato che la gestione convenzionale del sintomo fornisce un aiuto limitato nell’alleviarlo, i pazienti tendono a rivolgersi a terapie alternative (Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013). Sono stati pubblicati studi riguardanti approcci non convenzionali o complementari o di medicina alternativa che hanno incluso l’agopuntura, l’energia di guarigione e le terapie mente-corpo come l’ipnosi, il biofeedback, la desensibilizzazione e la rielaborazione attraverso i movimenti oculari, le immagini guidate e le tecniche di rilassamento (Moura et al, 2012). Alcuni autori suggeriscono che l’analgesia preventiva in combinazione con la gestione in modalità multidisciplinare e multimodale del sintomo possa realmente limitarne o prevenirne l’insorgenza (Bloomquist, 2001; D’Arcy, 2005). Attualmente il metodo più promettente per la gestione del dolore fantasma sembra rivolgersi al controllo dell’inadeguatezza dei cambiamenti occorsi a livello del nevrasse, integrando la somministrazione di terapia farmacologica con interventi fisici, psicologici o comportamentali (Giummarra & Moseley, 2011; Johnson Mulvey & Bagnall, 2015). Meno del 10% dei pazienti con dolore dell’arto fantasma riceve un sollievo duraturo dai trattamenti prescritti dal medico (Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Hu et al, 2014). Inoltre le terapie preventive non funzionano per il dolore postamputazione (che sia dolore fantasma o dolore del moncone) (Alviar, Hale & Dungca, 2011). Il razionale per l’uso di diversi agenti farmacologici è fondato sulle origini multifattoriali del dolore fantasma, che è di tipo cronico e neuropatico, inclusa la consapevolezza dell’effetto e delle cause cognitive e biologiche del sintomo (Alviar, Hale & Dungca, 2011; Johnson Mulvey & Bagnall, 2015). Non esiste un trattamento migliore di un altro per il dolore dell’arto fantasma: sono riportati in letteratura 68 terapie differenti, 50 delle quali ancora in uso (Niraj & Niraj, 2014). Molti trattamenti sono inefficaci o efficaci solo temporaneamente; il follow-up solitamente rivela minimi benefici a lungo termine con livelli di sollievo inferiori a quelli attesi con il solo placebo (Niraj & Niraj, 2014; Johnson Mulvey & Bagnall, 2015).

Ruolo dell’infermiere

Gli infermieri sono nella posizione ideale per coordinare il processo di cure atte ad alleviare il dolore di pazienti con amputazioni o deafferentazioni e tra i primi a provvedere a tale cura, benché il controllo del dolore in questa popolazione di persone sia molto complesso per la particolare tipologia ed esperienza di dolore che percepiscono, specifica per ognuno (Williams & Deaton, 1997; Watt, 2001). A tale proposito gli infermieri necessitano di una specifica formazione per la valutazione appropriata del dolore dell’arto fantasma al fine di fornire un adeguato sollievo del sintomo (Watt, 2001). Il ruolo dell’infermiere nel prendersi cura di questi pazienti è multidimensionale, includendo una partecipazione attiva alle cure fisiche e psicologiche, alla cura della ferita del moncone e al miglioramento del grado di indipendenza nello svolgimento delle attività di vita quotidiana (Ellis, 2002). Per assistere al meglio questi pazienti prima dell’intervento chirurgico occorre coinvolgerli preparandoli in modo adeguato all’evento; se l’infermiere si dimostra empatico e ricettivo nel periodo preoperatorio, il paziente più probabilmente svilupperà quella fiducia nel professionista necessaria per la comprensione dei processi di cura in cui è coinvolto, sarà maggiormente cooperante e motivato a partecipare attivamente al trattamento prescritto (Ellis, 2002). L’infermiere dovrebbe incoraggiare la promozione del dialogo, mostrare rispetto e comprensione per il dolore e il malessere percepito e chiarire al paziente che è normale desiderare il sollievo dal dolore senza che egli abbia il timore di sentirsi dire che il sintomo è solo frutto della sua immaginazione (Watt, 2001). I professionisti inoltre dovrebbero essere in grado di capire l’impatto altamente soggettivo di questo tipo di dolore: spesso essi sottostimano la rilevanza del sintomo così come viene riferito dal paziente dimenticando che in molti casi l’esperienza del dolore diviene parte di un processo di lutto in reazione alla perdita dell’arto in termini di negazione del cambiamento della precedente immagine corporea (Watt, 2001). I pensieri negativi sull’amputazione e l’incertezza sulla qualità della vita futura dopo la perdita di un arto possono contribuire ad aumentare il dolore; tramite la loro identificazione si può essere in grado di assistere meglio il paziente, aiutandolo a pensare in modo positivo e sviluppando in lui le capacità di coping necessarie per sostenerlo durante la fase di riabilitazione (Watt, 2001). In tal senso il riconoscimento dell’importanza delle componenti psicologiche del dolore dell’arto fantasma rende più ovvio il valore e l’efficacia delle terapie psicodinamiche implementate per il suo controllo (Watt, 2001). L’infermiere inoltre è coinvolto in uno degli aspetti chiave delle cure fisiche durante l’intero periodo postoperatorio: la valutazione e gestione del dolore, aree di fatto emerse come critiche (Ellis, 2002). E’ fondamentale che egli dia credito al dolore dell’arto fantasma riportato, con una sua valutazione accurata tramite l’utilizzo di strumenti appropriati e mostrando un’atteggiamento non giudicante (Watt, 2001; Virani, Green & Turin, 2014). Anche con i trattamenti più adeguati il dolore dell’arto fantasma potrebbe rimanere un problema irrisolto; questo potrebbe essere difficile da ammettere ad un paziente con grave dolore che ripone fiducia nel personale sanitario per trovare una risposta ad una condizione sintomatologica invalidante (Watt, 2001). Particolare attenzione andrà riposta da parte del personale sanitario alle differenze di genere e culturali che influenzano la percezione del dolore dell’arto fantasma: ad esempio, le donne riportano una maggiore intensità del dolore e tendono a ricercare più attenzioni in confronto agli uomini (Virani, Green & Turin, 2014). Tre sono gli elementi psicosociali riconosciuti che potrebbero portare a una percezione del dolore maggiore nel genere femminile: 1) l’ipervigilanza verso le situazioni minacciose; 2) una spiccata sorveglianza del proprio sé corporeo; 3) la maggiore prevalenza di stati di ansia (Virani, Green & Turin, 2014).

Discussione

Implicazioni per la ricerca

Vi è ampia variabilità nei range di prevalenza, descrizione e misurazione del dolore dell’arto fantasma, determinata dai seguenti aspetti: disegno di studio; chiarezza nella distinzione fra dolore dell’arto fantasma, dolore del moncone e sensazione dell’arto fantasma; modalità di campionamento e caratteristiche dei soggetti sotto indagine e/o che ricercano i trattamenti per il dolore fantasma; coinvolgimento di ricercatori indipendenti nei team di trattamento; metodi utilizzati per ottenere le informazioni sul dolore dell’arto fantasma; riluttanza dei soggetti a riferire il dolore dell’arto fantasma al medico (Williams & Deaton, 1997; Hill, 1999; Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002). Non si è ancora in grado di prevedere la severità, la frequenza, la durata, la qualità, l’andamento a lungo termine o l’impatto di stimoli esterni o interni sul dolore dell’arto fantasma (Davis, 1993; Hill, 1999; Flor, 2001). Inoltre i meccanismi sottostanti non sono ancora del tutto chiari (Nikolajsen & Jensen, 2001). La condizione è di difficile gestione a causa dei pochi trattamenti che si siano rivelati di una qualche efficacia e peraltro solo in alcuni soggetti; essa è infatti caratterizzata e influenzata da svariati fattori di ordine fisico, psicologico e percettivo (Nikolajsen & Jensen, 2001; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013; Hu et al, 2014). Non ci sono evidenze per sostenere l’utilizzo di un trattamento più di un altro, sia nel periodo acuto perioperatorio che in fase cronica, a causa di risultati contradditori e di studi di scarsa qualità metodologica con piccole dimensioni campionarie; sono richiesti ulteriori studi adeguatamente disegnati per valutare l’efficacia dei regimi terapeutici sul controllo del sintomo (Halbert, Crotty & Cameron, 2002; Alviar, Hale & Dungca, 2011).
Implicazioni per la pratica clinica
Gli infermieri necessitano di una specifica formazione per la valutazione appropriata del dolore dell’arto fantasma al fine di contribuire a fornire un adeguato sollievo del sintomo (Watt, 2001; Ellis, 2002). Ancora oggi prevale l’idea che il dolore dell’arto fantasma sia soltanto nella testa del paziente, elemento questo che contribuisce all’ampio range dei dati di prevalenza del sintomo (Bloomquist, 2001; Flor, 2001). I professionisti dovrebbero invece essere in grado di capire l’elevato e altamente soggettivo impatto di questo tipo di dolore: spesso essi ne sottovalutano la rilevanza dimenticando che l’esperienza del dolore diviene parte di un processo di lutto in reazione alla perdita dell’arto (Watt, 2001). Quando invece si occupano della sua misurazione utilizzano diversi strumenti di valutazione e non tutti adeguati né focalizzati sul dolore di origine neuropatica come il dolore fantasma (Hill, 1999). L’effetto finale è che quest’ultimo è spesso più dedotto che misurato e ciò rende impossibile interpretare correttamente quanto riferito dal paziente o classificare in modo appropriato le differenze qualitative delle sensazioni riportate (Hill, 1999). A questo si aggiunge il fatto che gli amputati non riportano sempre il dolore percepito nel timore di non avere un adeguato supporto da parte dei professionisti sanitari (Williams & Deaton, 1997; Flor, 2001; Virani, Green & Turin, 2014). Costoro ad ogni livello di cura dovrebbero essere informati sulla vastità di opzioni di trattamento esistenti e sulle ricerche emergenti per garantire che i pazienti ricevano una gestione del dolore il più possibile personalizzata (Ketz, 2008).

Conclusioni

La letteratura esaminata ha messo in luce l’importanza del ruolo dell’infermiere nella cura del dolore dell’arto fantasma. Una componente fondamentale della cura ai soggetti che hanno subito un’amputazione che ogni professionista dovrebbe considerare con la dovuta attenzione consiste nel non sottovalutare e anzi riconoscere l’esistenza del sintomo, procedendo alla sua misurazione con l’utilizzo di scale di valutazione appropriate (Watt, 2001; Virani, Green & Turin, 2014). Ad oggi non si è in grado di determinare con certezza né la prevalenza, l’andamento o le caratteristiche del dolore dell’arto fantasma né i meccanismi causali sottostanti (Davis, 1993; Hill, 1999; Flor, 2001; Nikolajsen & Jensen, 2001; Halbert, Crotty & Cameron, 2002; D’Arcy, 2005; Alviar, Hale & Dungca, 2011; Mannix, O’Sullivan & Kelly, 2013). Da ciò consegue che: 1) non è possibile prevenire l’insorgenza del sintomo, sebbene sia stato osservato che esso occorra con maggiore frequenza in pazienti con un importante dolore non adeguatamente controllato in fase preoperatoria (Nikolajsen & Jensen, 2001; Ketz, 2008); 2) per il suo trattamento occorrono ulteriori studi di qualità metodologica migliore a conferma dell’efficacia dei molteplici interventi esistenti (Williams & Deaton, 1997; Bloomquist, 2001; Flor, 2001; D’Arcy, 2005; Ketz, 2008; Giummarra & Moseley, 2011; Hu et al, 2014; Johnson Mulvey & Bagnall, 2015).

Bibliografia

  • Alviar, M. J., Hale, T. & Dungca, M. (2011) Pharmacologic interventions for treating phantom limb pain. Cochrane Database of Systematic Reviews, 12, CD006380.
  • Bennett, M. (2001) The LANSS Pain Scale: The Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms and Sign. Pain, 92, 147-157
  • Bloomquist, T. (2001) Amputation and phantom limb pain: a pain-prevention model. Journal of the American Association of Nurse Anesthetists, 69 (3), 211-217.
  • Dach Eckeli, F., Amorim Teixeira, R. & Lopes Gouvêa, A. (2016) Neuropathic pain evaluation tools. Revista Dor São Paulo, 17 (Suppl 1), S20-S22
  • D’Arcy, Y. (2005) Managing phantom limb pain. Nursing, 35 (11), 17.
  • Davis, R. W. (1993) Phantom sensation, phantom pain, and stump pain. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation, 74 (1), 79-91.
  • Ellis, K. (2002) A review of amputation, phantom pain and nursing responsibilities. British Journal of Nursing, 11 (3), 155-157, 160-163.
  • Finnoff, J. (2001) Differentiation and treatment of phantom sensation, phantom pain, and residual-limb pain. Journal of the American Podiatric Medical Association, 91 (1), 23-33.
  • Flor, H. (2002) Phantom-limb pain: characteristics, causes, and treatment. Lancet Neurology, 1 (3), 182-189.
  • Giummarra, M.J. & Moseley, G.L. (2011) Phantom limb pain and bodily awareness: current concepts and future directions. Current Opinion in Anesthesiology, 24 (5), 524-531.
  • Halbert, J., Crotty, M. & Cameron, I.D. (2002) Evidence for the optimal management of acute and chronic phantom pain: a systematic review. The Clinical Journal of Pain, 18 (2), 84-92.
  • Hill, A. (1999) Phantom limb pain: a review of the literature on attributes and potential mechanisms. Journal of Pain and Symptom Management, 17 (2), 125-142.
  • Hu, X., Trevelyan, E., Yang, G., Soo Lee, M., Lorenc, A., Liu, J. & Robinson, N. (2014) The effectiveness of acupuncture/TENS for phantom limb syndrome. A systematic review of controlled clinical trials European Journal of Integrative Medicine, 6 (3), 355-364.
  • Ketz, A. K. (2008) Pain management in the traumatic amputee. Critical Care Nursing Clinics of North America, 20 (1), 51-57.
  • Johnson, M. I., Mulvey, M. R. & Bagnall, A. M. (2015) Transcutaneous electrical nerve stimulation (TENS) for phantom pain and stump pain following amputation in adults. Cochrane
  • Database of Systematic Reviews, 8, CD007264.
  • Istituto Oncologico della Svizzera Italiana – Unità Cure Palliative (IOSI – UCP). (2011) The Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms and Signs LANSS Pain Scale. Disponibile da: https://www.eoc.ch/dms/site-eoc/documenti/pallclick/strumenti/iosi_m-ucp-015—LANSS/iosi_m-ucp-015%20-%20LANSS.pdf [data di accesso: 18 dicembre 2018].
  • Luo, Y. & Anderson, T. A. (2016) Phantom Limb Pain: A Review. International Anesthesiology Clinics, 54 (2), 121-139.
  • Mannix, S. M., O’Sullivan, C. & Kelly, G. A. (2013) Acupuncture for managing phantom-limb syndrome: a systematic review. Medical Acupuncture Journal, 25 (1), 23-42.
  • Mayo Clinic. (2018) Phantom pain. Symptoms and causes. Disponibile da: https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/phantom-pain/symptoms-causes/syc-20376272 [data di accesso: 18 dicembre 2018].
  • Melzack, R. (1987) The short-form McGill Pain Questionnaire. Pain, 30 (2), 191-197.
  • Middleton, C. (2003) The causes and treatments of phantom limb pain. Nursing Times, 99 (35), 30-33.
  • Moura, V. L., Faurot, K. R., Gaylord, S. A., Mann, J. D., Sill, M., Lynch, C. & Lee, M Y. (2012) Mind-body interventions for treatment of phantom limb pain in persons with amputation. American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation, 91 (8), 701-714.
  • Nikolajsen, L. & Jensen, T. S. (2001) Phantom limb pain. British Journal of Anaesthesia, 87 (1),107-116.
  • Niraj, S., Niraj, G. (2014) Phantom limb pain and its psychologic management: a critical review. Pain Management Nursing, 15 (1), 349-364.
  • Ramachandran, V. S. & Hirstein, W. (1998) The perception of phantom limbs. The D. O. Hebb lecture. Brain, 121 (Pt 9), 1603-1630.
  • Richardson, C., Crawford, K., Milnes, K., Bouch, E. & Kulkarni, J. (2015) A clinical evaluation of postamputation phenomena including phantom limb pain after lower limb amputation in dysvascular patients. Pain Management Nursing, 16 (4), 561-569.
  • Siddle, L. (2004) The challenge and management of phantom limb pain after amputation. British Journal of Nursing, 13 (11), 664-667.
  • Virani, A., Green, T. & Turin, T. C. (2014) Phantom limb pain: a nursing perspective. Nursing Standard, 29 (1), 44-50.
  • Watt, A. (2001) Caring for patients with phantom limb sensation. Professional Nurse, 16 (9), 1350-1353.
  • Williams, A. M. & Deaton, S.B. (1997) Phantom limb pain: elusive, yet real. Rehabilitation Nursing, 22 (2), 73-77.

Manfuso Ilaria

Infermiera, Corso di laurea in infermieristica dell’Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale Maggiore Policlinico Fondazione IRCCS Ca’ Granda di Milano
RN; Nursing undergraduate course, Univerisity of Milan, section of ‘Ospedale Maggiore Policlinico Fondazione IRCCS Ca’ Granda’

Luca Giuseppe Re

Infermiere tutor, Corso di laurea in infermieristica dell’Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale Maggiore Policlinico Fondazione IRCCS Ca’ Granda di Milano
RN, MSN; Nursing undergraduate course, Univerisity of Milan, section of ‘Ospedale Maggiore Policlinico Fondazione IRCCS Ca’ Granda’
Corrispondenza: luca.re030366@gmail.com