I sostituti sintetici dell’emoglobina: analisi critica su tre sperimentazioni

Blood substitutes: critical analysis on three experimental studies

 

RIASSUNTO

I sostituti sintetici dell’emoglobina sono molecole che immesse nel torrente circolatorio sono in grado di trasportare ossigeno. Tali prodotti possono essere stoccati per lunghi periodi e non hanno bisogno di essere refrigerati ma soprattutto, non necessitano di prove di prove di compatibilità. Questo rende i sostituti sintetici dell’emoglobina strategici nei contesti (esempio zone di guerra) dove è difficoltoso l’utilizzo del sangue eterologo. Lo scopo del presente contributo è proporre un commento critico sulla letteratura relativa all’efficacia e la sicurezza dei sostituti sintetici dell’emoglobina nei pazienti emorragici mediante una revisione della letteratura. L’analisi presentata verte su tre lavori sperimentali. Parole chiave: analisi critica; emorragia; sostituti sintetici emoglobina.

ABSTRACT

Synthetic hemoglobin substitutes in the circulatory stream are capable of carrying oxygen. Such molecules can be stored for long periods and do not need to be refrigerated, but, above all, they do not require compatibility tests. These characteristics are important, as synthetic hemoglobin substitutes are strategic in contexts (e.g., war zones) where the use of heterologous blood is difficult. The purpose of this paper is to provide a critical review of the literature on the efficacy and safety of synthetic hemoglobin substitutes in bleeding patients through a systematic review of the literature. Keywords: critical analysis; hemorrhage; synthetic hemoglobin substitutes.

SHOCK EMORRAGICO: GENERALITÀ

Lo shock è definito, in generale, come insufficienza circolatoria che crea uno squilibrio tra domanda di ossigeno da parte dei tessuti e quantità di ossigeno che arriva ai tessuti stessi; questo si traduce in ipoperfusione tissutale e acidosi metabolica (Tintinalli 2007). Tale condizione di squilibrio di domanda di ossigeno da parte dei tessuti e di trasporto da parte del circolo induce le cellule ad attivare il metabolismo anaerobio, il cui prodotto di scarto è l’acido lattico, che viene rapidamente convertito in lattato. Lo scopo di tale processo è quello di generare molecole di ATP affinché le funzioni cellulari vengano conservate; tuttavia, il metabolismo anaerobio è svantaggioso rispetto quello aerobio e porta alla deplezione delle riserve di ATP. Tale perdita induce alterazioni della pompa Na/K e conseguente aumento del sodio intracellulare, potassio extracellulare e riduzione del potenziale di azione transmembrana. L’aumento del sodio intracellulare causa infine edema della cellula e riduzione della responsività a catecolamine, insulina e glucagone. Se la condizione di shock si mantiene per un periodo sufficientemente prolungato si assiste a morte cellulare con rilascio nel torrente circolatorio di materiale cellulare che può indurre un peggioramento della iperkaliemia e della acidosi lattica (Barbee 2010; Zhang 2010). Lo shock emorragico è una forma specifica di shock ipovolemico, in cui la perdita severa di sangue causa un inadeguato apporto di ossigeno ai tessuti periferici, qualora l’emorragia non venga controllata la morte sopraggiunge in pochi minuti. Le cause di emorragie che possono condurre a shock sono molteplici ed includono, ad esempio, traumi, emorragie post-partum, sanguinamento dell’apparato gastroenterico, rotture di aneurismi (Mannucci 2007, Hunt 2014, Halmin et al. 2016, Ruseckaite et al. 2017). La morte conseguente ad emorragia rappresenta un problema globale con più di 60.000 morti negli Stati Uniti ogni anno e 1,9 milioni di morti nel mondo. Di questi, si stima che 1,5 milioni di morti siano conseguenti a trauma (Lozano et al. 2012). I traumi vedono coinvolti prevalentemente una popolazione giovane; inoltre, coloro che sopravvivono all’iniziale danno emorragico riportano degli esiti funzionali ed hanno una mortalità a lungo termine significativamente aumentata rispetto alla popolazione generale (Halmin et al. 2016, Mitra et al. 2014). L’emorragia, inoltre, induce cambiamenti nell’endotelio vasale e, in prossimità del sito emorragico il vaso agisce in maniera sinergica con piastrine e fattori della coagulazione per la formazione del trombo (White 2017, Hoffman 2013). Lontano dal sito emorragico, invece, si può osservare un incremento dell’attività fibrinolitica, atto a prevenire la trombosi del microcircolo (Chang et al. 2016). Tale eccesso di attivazione della plasmina e di auto-eparinizzazione potrebbe esitare in iperfibrinolisi e quindi in coagulopatia (White 2017, Chang 2016, Moore 2016). La coagulopatia può essere esacerbata da interventi sanitari in pazienti emorragici, ad esempio, una rianimazione volemica con cristalloidi riduce la concentrazione dei fattori della coagulazione e la concentrazione di emoglobina (e quindi riduce la capacità di trasporto di ossigeno) (Maegele 2014). L’infusione di cristalloidi non riscaldati e l’esposizione del paziente esacerbano la perdita di energia termica già in corso conseguentemente all’emorragia: in definitiva, un raffreddamento del paziente induce una riduzione della funzione degli enzimi coinvolti nella cascata coagulativa (Sihler 2010). Infine, anche la somministrazione di cristalloidi acidi peggiora l’acidosi secondaria ad ipoperfusione tissutale e inibisce i processi coagulativi (Cosgriff 1997). Il trattamento cardine nell’emorragia massiva prevede l’infusione di emazie concentrate. Tuttavia, in alcuni contesti, questo non è sempre possibile, come accade nelle zone di guerra o contesti definiti come “ostili”. In questi scenari, i sostituti sintetici dell’emoglobina giocano un ruolo molto importante. Sulla base della letteratura recente, questo contributo intende:
comparare il numero di emazie concentrate tra il gruppo di pazienti trattati con sostituti dell’emoglobina e sacche di emazie concentrate;
confrontare la sopravvivenza tra i pazienti nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo di controllo;
comparare l’incidenza e la gravità degli effetti avversi cardiovascolari correlati al trattamento con i sostituti sintetici dell’emoglobina rispetto a quelli correlati all’uso di globuli rossi eterologhi.

ANALISI CRITICA EVIDENZE

Per il seguente contributo sono stati selezionati tre articoli esemplificativi (studi randomizzati e controllati): il lavoro della Moore et al. (2009), lo studio di Jahar et al. (2008), e lo studio di van Hemelrijck et al. (2014). Tali lavori inclusi non erano stati inclusi nella meta-analisi pubblicata da Natanson e colleghi (2008), in quanto successivi alla data della revisione che ha incluso 16 lavori dal 1996 al 2007. Uno dei limiti delle conoscenze attuali in riferimento a sicurezza ed efficacia dei sostituti sintetici dell’emoglobina è il fatto che nelle attuali sintesi della letteratura clinica sono state computate le associazioni derivanti da studi che utilizzano farmaci diversi e, ad oggi, nessun lavoro ha effettuato un’analisi dei sottogruppi nelle meta-analisi disponibili (Natanson et al. 2008) o una meta-regressione per identificare il contributo del tipo di farmaco sugli esiti indagati, come la mortalità o complicanze quali l’ischemia miocardica. In questo commentario alla letteratura recente, a titolo esemplificativo e per facilitare la comprensione della sintesi dei lavori, proponiamo un’analisi delle associazioni derivanti dall’estrapolazione dei dati degli studi primari tra utilizzo dei sostitutivi sintetici dell’emoglobina (versus utilizzo di emazie concentrate) e mortalità. Per la computazione del forest plot è stato utilizzato il software R (v.3.6.1) e le associazioni sono state rappresentate con odds ratio (OR) e relativi intervalli di confidenza al 95%. La sintesi delle associazioni non differisce all’utilizzo di modelli con effetti random o con effetti fissi. Nel complesso i farmaci utilizzati e maggiormente studiati sono la “hemoglobin based oxygen carrier-201” (HBOC-201) e l’emoglobina polimerizzata (PolyHeme, Northfield Laboratories). Degli studi oggetto di questo contributo, due sperimentazioni (Jahar et al. 2008; Van Hemelrijck et al. 2014) hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di un sostui HBOC-201, mentre una sperimentazione (Moore et al. 2009) ha adottato il PolyHeme, paragonandolo con l’utilizzo di emazie concentrate eterologhe.

EMOGLOBINA POLIMERIZZATA

Per quanto riguarda l’emoglobina polimerizzata (Moore et al. 2009) è emerso che la mortalità a 30 giorni dei pazienti politraumatizzati inclusi (n=349) è del 13,4% rispetto al 9,6% dei controlli trattati prima con cristalloidi e poi con sacche di sangue eterologo (n=365). Per quanto riguarda l’utilizzo di sangue eterologo nelle prime 12 ore, è risultato che i pazienti trattati con infusioni iniziali di emoglobina polimerizzata hanno avuto il 18% di necessità in meno di sacche di sangue nelle prime 12 ore. Tuttavia, nel gruppo trattato con iniziali infusioni contenenti emoglobina polimerizzata (braccio sperimentale) gli effetti avversi hanno avuto una maggiore incidenza (93%) rispetto ai controlli (88%) (p=0,041): in particolare, si ha una maggiore incidenza di ipertensione nel gruppo sperimentale (18%) rispetto al gruppo dei controlli (12%) (p=0,028). Resta incerto se l’ipertensione nel gruppo sperimentale sia legata ad un effetto vaso-costrittivo del farmaco.

HEMOGLOBIN BASED OXYGEN CARRIER-201 (HBOC-201)

Jahar et al. (2008) hanno come esito primario la mortalità a 30 giorni e dimostrano che questa sia identica nei due bracci del loro studio (pazienti trattati con HBOC-201 vs. pazienti trattati in modo tradizionale), essendo ci circa l’1%. Tuttavia, se si considerano i pazienti con più di 80 anni, nel gruppo dei trattati con HBOC-201 riscontriamo una mortalità del 16,1% rispetto al 3,9% dei pazienti trasfusi con unità di sangue eterologo. Nel lavoro di van Hemelrijck et al. (2014) è risultato che nel gruppo sperimentale sono state utilizzate meno unità di sangue eterologo rispetto al gruppo dei controlli (3,2 vs 4,4 p=0,004) ed il 43% dei pazienti trattati con HBOC-201 ha evitato trasfusioni successive. In entrambi i lavori, per quanto riguarda gli effetti avversi correlati all’uso di HBOC-201, non si evidenziano differenze statisticamente significative in termini di incidenza, tranne che per quadri ipertensivi nei gruppi sperimentali, analogamente a quanto riportato per l’emoglobina polimerizzata. Per proporre una presentazione delle associazioni tra mortalità e trattamento (HBOC-201 versus trattamento standard) abbiamo considerato anche i dati di uno studio randomizzato e controllato di fase tre della FDA (2006). La meta-analisi in questo lavoro ha lo scopo di aiutare la comprensione del livello di sicurezza del farmaco HBOC-201. Non abbiamo realizzato una meta-analisi considerando l’emoglobina polimerizzata, in quanto vi è un solo lavoro recente, discusso in precedenza. Dall’associazione complessiva (pooled effect size) (OR=14.48 [0.88–2.47] vediamo che non appaiono differenze sostanziali relative alla mortalità tra i gruppi sperimentali (trattati con HBOC-201) ed i gruppi di controllo (trattati in modo tradizionale). Il trend descrittivo mostra una tendenza di casi (pazienti deceduti entro 30 giorni dell’evento che ha causato l’emorragia) maggiori nel gruppo sperimentale (OR superiore ad 1), tuttavia considerando l’intervallo di confidenza della misura di associazione possiamo affermare che dal punto di vista inferenziale l’associazione della mortalità con il trattamento è uguale in entrambi i gruppi (si accetta l’ipotesi che OR=1, in quanto l’intervallo di confidenza comprende il valore 1). Nel complesso, la nostra analisi è in linea con quanto già riscontrato da Nathanson et al. (2008).

 

RIFLESSIONI

La minore capacità di trasporto di ossigeno di HBCO-201 rispetto all’emoglobina trasfusa con sacche eterologhe espone il paziente a sovraccarico di circolo poiché per raggiungere la medesima capacità di trasporto è necessario infondere una quantità maggiore all’interno del torrente circolatorio. Probabilmente un comportamento analogo avviene anche per l’emoglobina polimerizzata. Nei lavori analizzati, gli autori riferiscono di effettuare prelievi venosi per la ricerca di marcatori di necrosi cardiaca (troponina e CK-MB). Tuttavia, nel trial clinico pubblicato da Van Hemelrijck et al. (2014), gli autori esplicitamente dichiarano che HBOC-201 interferisce con la quantificazione spettrofotometrica di CK-MB e troponina, questo spiegherebbe l’elevata incidenza di rialzi di enzimi di necrosi cardiaca senza infarto miocardico acuto. Per quanto riguarda la meta-analisi, emerge un trend di aumentato rischio (sul piano descrittivo) di mortalità concomitante all’uso di HBOC-201, ma senza significatività inferenziale. È tuttavia probabile che la significatività dell’effect size sia sottostimata per la scarsa numerosità dei casi (eventi di mortalità negli studi) che complessivamente nei tre studi sono di 40 nel gruppo sperimentale (trattati con HBOC-201) e 24 nei gruppi trattati tradizionalmente. In tal senso, si auspica che nel futuro prossimo vengano realizzati nuovi studi sperimentali con elevata numerosità campionaria e con maggiore attenzione ai parametri laboratoristici (lattati e deficit di basi) che più rapidamente si alterano in caso di ipovolemia e conseguente ipoperfusione tissutale periferica. A nostro giudizio, la maggior parte degli studi sino ad ora pubblicati sull’argomento non hanno considerato adeguatamente una stratificazione dei gruppi di controllo e trattamento secondo il presunto fabbisogno metabolico tissutale, pertanto si auspicano studi che tengano conto anche di questo parametro in fase di randomizzazione.

CONCLUSIONI

I sostituti sintetici dell’emoglobina sono in grado di ridurre il numero di sacche di globuli rossi concentrati e di ritardare l’esposizione del paziente alla trasfusione. Tuttavia, allo stato attuale le evidenze suggeriscono che questi trattamenti non sono da intendersi come sostituti dei trattamenti tradizionali. Difatti, i sostituti sintetici dell’emoglobina non sono in grado di sostituire completamente l’uso di sangue eterologo, ma il loro impiego potrebbe essere molto utile in circostanze particolari, come nel caso di zone di combattimento in contesti ostili, dove l’impiego delle emazie concentrate deve essere contingentato il più possibile. Ad oggi, non sembra esserci differenza in termini di mortalità a 30 giorni tra i trattati con sostituti sintetici dell’emoglobina (HBOC-201) e i trattati in modo tradizionale. Tuttavia, è necessaria prudenza nell’interpretazione di questo dato, in quanto il numero complessivi di casi (pazienti deceduti) nei trial è complessivamente basso; questo potrebbe portare ad una sottostima delle associazioni tra tipo di trattamento e mortalità.Emerge infine una differenza significativa per quanto riguarda l’ipertensione nei pazienti trattati con sostituti sintetici dell’emoglobina. Tale differenza può essere riconducibile al comportamento bio-attivo delle molecole indagate, anche se questo aspetto dovrà essere maggiormente chiarito con ricerche future.

BIBLIOGRAFIA

  • Barbee, R. W., Reynolds, P. S. and Ward, K. R. (2010) ‘Assessing shock resuscitation strategies by oxygen debt repayment’, Shock, pp. 113–122. doi: 10.1097/SHK.0b013e3181b8569d.
  • Chang R, Cardenas JC, Wade CE, H. J. (2016) ‘Advances in the understanding of trauma-induced coagulopathy.’, Blood.
  • Cosgriff N, Moore EE, Sauaia A, Kenny-Moynihan M, Burch JM, G. B. (1997) ‘Predicting Life-threatening Coagulopathy in the Massively Transfused Trauma Patient: Hypothermia and Acidoses Revisited’, The Journal of Trauma: Injury, Infection, and Critical Care.
  • Halmin, M. et al. (2016) ‘Epidemiology of Massive Transfusion: A Binational Study from Sweden and Denmark’, Critical Care Medicine. Lippincott Williams and Wilkins, 44(3), pp. 468–477. doi: 10.1097/CCM.0000000000001410.
  • Hoffman, M. and Cichon, L. J. H. (2013) ‘Practical coagulation for the blood banker’, Transfusion, pp. 1594–1602. doi: 10.1111/trf.12201.
  • Hunt, B. J. (2014) ‘Critical care medicine: Bleeding and coagulopathies in critical care’, New England Journal of Medicine. Massachussetts Medical Society, pp. 847–859. doi: 10.1056/NEJMra1208626.
  • Jahr, J. S. et al. (2008) ‘HBOC-201 as an alternative to blood transfusion: Efficacy and safety evaluation in a multicenter phase III trial in elective orthopedic surgery’, The Journal of trauma. A. G. Greenburg, Medical Affairs, Biopure Corporation, 11 Hurley Street, Cambridge, MA 02141, United States, 64(6), pp. 1484–1497. doi: 10.1097/TA.0b013e318173a93f
  • Lozano, R. et al. (2012) ‘Global and regional mortality from 235 causes of death for 20 age groups in 1990 and 2010: A systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2010’, The Lancet. Lancet Publishing Group, 380(9859), pp. 2095–2128. doi: 10.1016/S0140-6736(12)61728-0.
    Maegele, M., Schöchl, H. and Cohen, M. J. (2014) ‘An update on the coagulopathy of trauma’, Shock. Lippincott Williams and Wilkins, pp. 21–25. doi: 10.1097/SHK.0000000000000088.
  • Mannucci, P. M. and Levi, M. (2007) Prevention and Treatment of Major Blood Loss. Available at: www.nejm.org.
  • Mitra, B. et al. (2014) ‘Long-term outcomes of patients receiving a massive transfusion after trauma’, Shock. Lippincott Williams and Wilkins, 42(4), pp. 307–312. doi: 10.1097/SHK.0000000000000219.
  • Moore EE et al. (2009) ‘Human Polymerized Hemoglobin for the Treatment of Hemorrhagic Shock when Blood Is Unavailable: The USA Multicenter
  • Trial’, Journal of the American College of Surgeons. E.E. Moore, Department of Surgery, Denver Health Medical Center, University of Colorado, Denver, CO, United States, 208(1), pp. 1–13. doi: 10.1016/j.jamcollsurg.2008.09.023
  • Moore, H. B. et al. (2016) ‘Acute Fibrinolysis Shutdown after Injury Occurs Frequently and Increases Mortality: A Multicenter Evaluation of 2,540 Severely Injured Patients’, in Journal of the American College of Surgeons. Elsevier Inc., pp. 347–355. doi: 10.1016/j.jamcollsurg.2016.01.006.
    Natanson, C., Kern, S. J., Lurie, P., Banks, S. M., & Wolfe, S. M. (2008). Cell-free hemoglobin-based blood substitutes and risk of myocardial infarction and death: a meta-analysis. Jama, 299(19), 2304-2312.
  • Ruseckaite, R. et al. (2017) ‘Descriptive characteristics and in-hospital mortality of critically bleeding patients requiring massive transfusion: results from the Australian and New Zealand Massive Transfusion Registry’, Vox Sanguinis. Blackwell Publishing Ltd, 112(3), pp. 240–248. doi: 10.1111/vox.12487.
  • Sihler and Napolitano (2010) ‘Complications of massive transfusion (Chest (2010) 137, 1 (209-220))’, Chest. doi: 10.1378/chest.137.3.744-b.
    Tintinalli, Judith E. Kelen, Gabor D. Stapczynski, J. S. (2004) Emergency medicine a comprehensive study guide. Six edition.
    van Hemelrijck et al. (2014) ‘A safety and efficacy evaluation of hemoglobin-based oxygen carrier HBOC-201 in a randomized, multicenter red blood cell controlled trial in noncardiac surgery patients’, Anesthesia and Analgesia. J. Van Hemelrijck, Department of Anesthesiology, Clinical Research,
  • Universitaire Ziekenhuizen Leuven, Herestraat 49, Leuven, Belgium, 119(4), pp. 766–776. doi: 10.1213/ANE.0000000000000305i.
  • White, N. J. et al. (2017) ‘Hemorrhagic blood failure: Oxygen debt, coagulopathy, and endothelial damage’, Journal of Trauma and Acute Care Surgery. Lippincott Williams and Wilkins, pp. S41–S49. doi: 10.1097/TA.0000000000001436.
  • Zhang, Q. et al. (2010) ‘Circulating mitochondrial DAMPs cause inflammatory responses to injury’, Nature, 464(7285), pp. 104–107. doi: 10.1038/nature08780.
GorlaRuben_w

Gorla Ruben

Infermiere, Pronto Soccorso, ASST Santi Paolo Carlo (presidio San Carlo), Milano
RN, MSN, Nurse, Emergency Department, ASST Santi Paolo Carlo, Milan
ruben_gorla@fastwebnet.it
SciaraRosaria_w

Sciara Rosaria Valentina

Infermiere, Pronto Soccorso, ASST Santi Paolo Carlo (presidio San Carlo), Milano
RN, Nurse, Emergency Department, ASST Santi Paolo Carlo, Milan